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Antonella Scicchitano: «Senza il camion non so stare»

«Sono la figlia di un camionista, che senza camion non sa stare e ogni volta che salgo in cabina con il mio papà mi sento su un trono con il mio re». Si presenta così Antonella Scicchitano, responsabile amministrativa della Scicchitano Trasporti, l’azienda di famiglia che, con grande orgoglio, guida dal 2018 insieme al papà Alessandro, «anche se tutti pensano che il capo sia io» ci rivela

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Antonella Scicchitano non è solo una giovane e talentuosa “figlia d’arte”, perché per lei l’autotrasporto rappresenta molto di più di un lavoro, molto di più anche di una passione: è il riscatto da una vita fatta di rinunce e sacrifici. «Quando ero bambina in famiglia era difficile racimolare anche solo diecimila lire per comprare la farina o le uova, insomma per mettere qualcosa sotto i denti. Io allora avevo quattro o cinque anni, vivevamo in Calabria, a Isca sullo Jonio, il mio paese d’origine». Inizia così il racconto delle pagine più difficili del suo diario di infanzia, che ci catapulta in un’epoca diversa, in un Sud Italia dal quale «tutti volevano migrare». Antonella Scicchitano all’epoca era solo una bambina, e come tutte le bambine sogna, usa la fantasia per trasformare la realtà in qualcosa di migliore, come spesso da adulti ci si dimentica di fare. «Mi sentivo come una principessa ogni volta che salivo in cabina con mio papà: lui il mio re, il camion il nostro regno».

Il papà di Antonella, Alessandro Scicchitano, in quel periodo ha un furgoncino OM 50 con cui trasporta al Nord Italia un po’ di tutto, dalle arance alle provole, se serve anche qualche mobile di chi, prima di lui, era già riuscito a traslocare la propria vita nel settentrione, in cerca di un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie. È proprio durante uno di quei viaggi che Antonella visita per la prima volta Milano. «Adoravo viaggiare con papà che, quando poteva, mi portava con lui nei suoi lunghi viaggi. San Donato Milanese per me era come New York». La sentiamo sorridere all’altro capo del telefono. «Nonostante abitassi vicino al mare, ricordo che la mia prima pasta con il pesce la mangiai proprio a Milano. Feci tenerezza a un cliente di mio padre, che al momento di saldare il conto ci lasciò qualcosa in più. Così con quella mancia inaspettata ci siamo concessi quel luculliano piatto di pasta». Per ricordarlo ancora oggi, deve essere stato davvero speciale. 

Il momento per la famiglia Scicchitano di trasferirsi al Nord arriva appena un anno più tardi: «Tra i tanti viaggi, il tempo da passare con mio padre era davvero poco, così ci disse «o tutti in Calabria, o tutti a Milano». Ci teneva che stessimo vicini, e così ci trasferimmo. Il papà inizia così a lavorare come dipendente per una ditta di autotrasporto e il regno di Antonella si fa più spazioso: «gli diedero un bilico, ricordo che io lo vedevo enorme, mi faceva quasi paura a guardarlo, ma quando salivo in cabina mi sentivo sempre su un trono». A quella fantasia Antonella dedica anche un tema scolastico, che le vale un premio come miglior elaborato scritto della scuola. «Ci chiesero di raccontare chi era il nostro eroe. Io descrissi mio papà. Lui era il mio principe con ben 460 cavalli. Presi il massimo dei voti e ne fummo tutti molto orgogliosi. Conservo ancora una copia di quel tema da qualche parte».
Dopo anni di sacrifici, piano piano, le cose iniziano a ingranare. Finalmente il padre di Antonella riesce ad aprire un’azienda di trasporto tutta sua, che oggi conta ben otto camion e otto dipendenti. Antonella gestisce la flotta aziendale, più le flotte di alcuni collaboratori, per un totale di una ventina di mezzi sotto il suo controllo. «Già in quarta elementare il mio sogno era gestire un’impresa di trasporto, la mia famiglia è sempre stata al corrente di questo mio desiderio, ma prima di realizzarlo papà voleva che facessi la cosiddetta gavetta. Mi ha sempre detto che prima di fare il capo bisogna fare il dipendente e così, dopo il diploma come Tecnico della Gestione Aziendale, iniziai a lavorare nel reparto amministrazione di una società cooperativa nel settore dei trasporti. Poi iniziai a lavorare anche come commessa da Esselunga, dove rimasi per ben sette anni, e nel frattempo aiutavo papà con gli aspetti burocratici dell’azienda, ma solo quando per lui fui veramente pronta potei iniziare a dedicarmi a tempo pieno alla nostra impresa».
Era il 2018, da allora Antonella dedica tutte le sue energie al sogno che conservava dalla quarta elementare. Oggi la Scicchitano Trasporti, che ha sede a Milano, si occupa di trasporto container: li recupera dai porti di Genova e La Spezia e li porta in tutta Italia, compreso il Sud, fino alla Campania, la Puglia e la stessa Calabria, la loro terra d’origine. «È incredibile pensare che le cose che trasportiamo arrivano in tutto il mondo» ci rivela Antonella, con lo stesso stupore ed entusiasmo nella voce che ci fa intravedere nelle sue parole la bambina appassionata che ci ha raccontato essere stata.

Ma qual è stato il segreto del successo, anzi, del riscatto?

Per sette anni sono stata solo un numero, una dipendente tra molti. Ho capito che quello che fa la differenza è trattare le persone non come numeri, ma come esseri umani. So cosa significa lavorare per portare a casa il pane; quindi, sono molto attenta alle esigenze dei nostri autisti e sono disposta anche a perderci qualcosa, pur di far stare loro tranquilli. Per esempio, quando ci viene commissionato un trasporto, controllo tutto il tragitto che il mio autista dovrebbe compiere per portarlo a termine, e se penso che ci possa essere qualche aspetto del viaggio problematico, allora rinuncio a quel viaggio. In cambio, chiedo la nostra stessa passione, la nostra stessa grinta.

Passione che però, oggi, si fa sempre più fatica a trovare…

Perché i giovani non sono incentivati! Questo è un lavoro “usurante”, che richiede grandi sacrifici, è inutile nasconderlo. Non sarà certo un bonus patente a risolvere la situazione. Serve prima di tutto portare il mestiere nelle scuole, far riscoprire l’interesse, ma soprattutto far nascere la passione. Servirebbe però più unione per riuscire in questo intento.

E le donne, invece, come avvicinarle?

Bisogna constatare che un pregiudizio di fondo in questo settore c’è, non solo per quanto riguarda le autiste, ma anche per i ruoli più apicali. Nelle grandi realtà ci sono sempre più direttori che direttrici, per esempio. Ai colloqui ancora oggi chiedono se una donna ha figli o desidera averne. La famiglia, per una donna, è ancora vista come un punto dolente, una forma di discriminazione. Io sono una giovane donna e spesso mi chiedo se riuscirei a dare il 100% in tutto, se riuscirei a essere contemporaneamente una brava mamma e una brava lavoratrice.

E qual è la risposta?

Che sta tutto nella mentalità di ciascuno di noi. Io non mi voglio porre ostacoli o limiti. La mia passione mi è costata anche qualche relazione. Mi dicevano che mi dedico troppo al lavoro. È vero, ma non ci vedo nulla di male perché mi sto realizzando in qualcosa che amo.

Qual è il pregiudizio che più le dà fastidio?

So che molti pensano che io sia un po’ una “principessina”: sempre ben truccata, con le unghie curate. In realtà non ho paura di sporcarmi le mani e se serve sgrasso i semirimorchi, anche a costo di rovinarmi la manicure. Le persone che lo capiscono mi trattano con rispetto. Sui nostri camion, per esempio, c’è la scritta “A. Scicchitano”, che sta per Alessandro Scicchitano, mio papà, ma molti pensano che stia per Antonella, pensano che sia io il capo. In realtà io e mio padre siamo una cosa sola, anche se in effetti anche lui mi dice sempre che sono io a comandare.

Qual è l’insegnamento più importante che le ha trasmesso suo padre?

Ancora una volta devo fare un salto indietro nel tempo, a uno di quei viaggi fatti con mio padre quando ero bambina. In autostrada incontrammo un autista che aveva un problema con la sua cisterna, trasportava merci pericolose. Senza pensarci due volte, mio papà, che nasceva in realtà come meccanico perché mio nonno aveva un’officina, si fermò ad aiutarlo. Mi disse che se oggi si aiuta qualcuno che ha bisogno, un domani, quando saremo noi a essere in difficoltà, ci sarà qualcuno disposto a fare altrettanto. Passare così tanto in tempo in strada con lui mi ha insegnato a riconoscere il sacrificio che c’è dietro un panino mangiato al volo sul bordo di un marciapiede, mentre invece tanta altra gente è a tavola con i prodotti che sono arrivati lì grazie a noi trasportatori.

E lei, invece, ha insegnato qualcosa a suo padre?

Sono stata io a suggerire a mio padre di costruire qualcosa di nostro, anche a costo di fare qualche sacrificio in più o qualche debito. Gli ho detto «usiamo la nostra testa, nel bene o nel male». 

Ha deciso lei o suo padre di comprare due camion rosa shocking?

Io, e ne sono molto orgogliosa. Una volta la stradale ha anche fermato un mio autista solo per chiedere come facesse a guidare un camion rosa. È semplice: si guida come tutti gli altri.

E lei non ha mai avuto voglia di prendere le patenti?

Eccome, ma mio papà non ha mai voluto. È convinto che se mi mettessi alla guida me ne innamorerei e non vorrei più scendere. Beh, papà, credo sia arrivato il momento di dirti due cose: la prima è grazie per tutto quello che hai fatto per me e che mi hai insegnato. La seconda è che io voglio guidare, o almeno provarci, ecco perché mi sto per iscrivere alle patenti. È una sfida con me stessa e la porterò a termine. 

Il piano è di dedicarsi esclusivamente alla guida?

Penso che potrei fare entrambe le cose, continuare a dedicarmi alle mie mansioni e, all’occorrenza, mettermi in cabina. I camion ce li ho, ora voglio anche guidarli!

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