Le operazioni di carico o scarico, in generale, sono fonte di molti rischi derivanti principalmente dalla tipologia del veicolo, dalla sua predisposizione a tali operazioni, dall’uso di attrezzature/dispositivi e dalle operazioni di fissaggio. Ecco perché, per garantire la sicurezza e la salute dei conducenti e dei terzi che possono essere coinvolti direttamente o indirettamente in incidenti, sono state definite normative sia generali sia specifiche.
Gli aspetti da tenere in considerazione sono molteplici e richiedono conoscenze e competenze trasversali per valutarli e per adottare le giuste azioni, consistenti per lo più in: messa a disposizione dei dpi; formazione; addestramento; verifiche; manutenzioni.
Un aspetto critico è il lavoro in altezza e il conseguente utilizzo dei dispositivi di protezione individuale di III categoria (cosiddetti «salvavita»), tipici nel trasporto di prodotti in cisterna o contenitori cisterna. In tali casi al conducente è richiesto di salire sulla sommità della cisterna sia per svolgere operazioni di apertura-chiusura dei dispositivi di carico-scarico, sia per effettuare un prelievo di campioni, laddove specificatamente richiesto dal committente, in quanto quelli eventualmente estratti dal basso della cisterna, per vari motivi più o meno tecnici, non sono sufficienti.
Tali operazioni, che richiedono al conducente di operare in situazioni già di per sé difficili, sono ulteriormente complicate dall’abbigliamento protettivo (tuta antiacido, ignifuga e antistatica), dai dispositivi di protezione individuale (scarpe di sicurezza, guanti specifici, elmetto, occhiali), dalle condizioni climatiche (pioggia, ghiaccio o caldo torrido), dai vapori delle sostanze, dall’assenza di strutture per il sicuro e agevole accesso alla sommità della cisterna e alle cosiddette linee vita a cui attaccare l’imbracatura anticaduta, necessarie per favorire spostamenti lungo la “passerella”, arrestare eventuali cadute e trasmettere al lavoratore un senso di sicurezza e fiducia.
Altra attività, molto comune e parecchio sottovalutata, malgrado sia ancora più rischiosa rispetto al lavoro sulla sommità della cisterna, è rappresentata dal fissaggio del carico. I conducenti, per ottemperare alle regole di sicurezza del carico, si trovano spesso a svolgere tali operazioni in situazioni rese precarie dall’assenza di idonee scale, da pavimentazioni sconnesse, da scarsa illuminazione, da condizioni meteo difficili e anche dalla mancanza, nello stabilimento di carico-scarico, del personale che dovrebbe fungere da preposto alla sicurezza. Basti pensare, a titolo di esempio, al rischio a cui è sottoposto il conducente “aggrappato” a una scala a pioli nel far passare le cinghie per il fissaggio del carico per attrito su merce non accoppiata oppure molto alta tanto da sfiorare i limiti di sagoma.
La normativa di riferimento è il D.lgs 81/2008 con cui si definisce il lavoro in altezza (o in quota) l’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto a un piano stabile (art. 105).
I principali rischi, quindi, sono rappresentati dalla caduta dall’alto in seguito alla perdita di equilibrio del lavoratore e/o all’assenza di adeguate protezioni (collettive o individuali) e dalla sospensione inerte che, a seguito di perdita di conoscenza, può tramutarsi nella cosiddetta «patologia causata dalla imbracatura» ovvero in un peggioramento delle funzioni vitali più o meno rapido.
Per quanto riguarda le responsabilità, la normativa pone in capo al datore di lavoro diverse incombenze, tra cui la valutazione del rischio, la messa a disposizione di dispositivi di protezione individuale collettiva e individuale (compresa la verifica periodica e l’eventuale sostituzione se ritenuta non idonea o scaduta), la formazione e l’addestramento. Nello specifico contesto dell’autotrasporto, in cui le attività vengono svolte presso diversi «luoghi di lavoro», il campo delle responsabilità si allarga anche ai soggetti degli stabilimenti di carico e scarico con le stesse modalità, così come previsto dalla normativa e come dimostrato dalla giurisprudenza.