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Quando si dice… FUEL SURCHARGE

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Il problema dell’adeguatezza delle tariffe riconosciute dalla committenza ai vettori è, storicamente, uno dei temi più critici nel settore dell’autotrasporto di merci. Le soluzioni normative proposte nel tempo sono state varie, a partire dall’eterodeterminazione delle tariffe. Abrogato, nel 2005, il sistema delle tariffe a forcella e, nel 2014, quello dei costi minimi di sicurezza, il mercato ha imboccato la strada di una pressoché completa liberalizzazione tariffaria. A ben vedere, tuttavia, il nostro ordinamento continua a contemplare disposizioni normative inderogabili che concorrono a eterodeterminare, almeno in parte, la tariffa dovuta al vettore stradale di cose. Mi riferisco al cosiddetto meccanismo del fuel surcharge (o «supplemento carburante»). Si tratta di una previsione introdotta dal comma 5 dell’art. 83 bis L. 6 agosto 2008, n. 133, sopravvissuto alle importanti abrogazioni di altri commi (compreso quelli che disciplinavano i costi minimi di sicurezza) introdotte dalla legge di Stabilità 2015.

Cosa prevede la disciplina sul fuel surcharge?

La normativa stabilisce che «nel caso in cui il contratto abbia ad oggetto prestazioni di trasporto da effettuare in un arco temporale eccedente i trenta giorni, la parte di corrispettivo corrispondente al costo del carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, come individuata nel contratto di trasporto o nelle fatture emesse con riferimento alle prestazioni effettuate dal vettore nel primo mese di vigenza dello stesso, è adeguata sulla base delle variazioni intervenute nel prezzo del gasolio per autotrazione, ove tali variazioni superino del 2% il valore preso a riferimento nel momento della sottoscrizione del contratto stesso o dell’ultimo adeguamento effettuato». Si tratta di una norma poco considerata dai vettori che, tuttavia, soprattutto in fasi storiche come quella attuale, caratterizzata da forti aumenti del costo del carburante, potrebbe aiutare a mantenere inalterata la marginalità dei contratti di trasporto negoziati in presenza di costi del gasolio sensibilmente inferiori rispetto a quelli attuali.

Come viene determinato il supplemento?

Come si è visto, il comma 5 dell’art. 83 bis L. 6 agosto 2008, n. 133 stabilisce che, in presenza di variazioni del costo del carburante superiori al 2%, venga automaticamente adeguata quella parte di nolo riferita al costo del carburante. Ciò presuppone, quindi, che le parti, all’inizio del rapporto, abbiano stabilito non soltanto il corrispettivo globale dovuto al vettore, ma anche quale quota di tale corrispettivo sia imputabile al costo del gasolio. In mancanza di tale determinazione viene meno, infatti, il parametro oggettivo sulla cui base effettuare il ricalcolo automatico del nolo, laddove in costanza di rapporto ci si trovasse in presenza di variazioni superiori al 2%. L’art. 83 bis suggerisce due possibili modalità con cui effettuare tale determinazione: inserendola nel contratto, oppure (comma 6) indicando espressamente nelle fatture del vettore la quota di corrispettivo dovuto dal mittente corrispondente al costo del carburante sostenuto dal vettore per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Quali sono le ragioni della scarsa applicazione di una norma che, in teoria, dovrebbe trovare automatica applicazione?

Nella prassi operativa quotidiana è alquanto raro sia imbattersi in contratti di trasporto che individuino l’incidenza del costo del carburante, sia in fatture redatte con le modalità sopra richiamate. La conseguenza di tali lacune che spesso caratterizzano la fase di costruzione iniziale della tariffa è che, pur in presenza dei presupposti teorici per l’adeguamento automatico dei noli, tale revisione dei corrispettivi non può avere luogo in quanto viene a mancare il dato oggettivo condiviso tra le parti che rappresenta la base di calcolo per l’adeguamento tariffario.

Il fuel surcharge si applica anche rispetto a eventuali variazioni dei pedaggi autostradali?

Sempre con la legge di Stabilità 2015, il comma 5 dell’art. 83 bis è stato integrato prevedendo che «tale adeguamento viene effettuato anche in relazione alle variazioni delle tariffe autostradali italiane». Poiché il calcolo dell’incidenza della tariffa autostradale su ciascun singolo viaggio è di per sé determinabile in modo oggettivo, tale adeguamento, anche se economicamente meno rilevante rispetto a quello relativo al carburante, dovrebbe essere più facilmente richiedibile da parte dei vettori in caso di oscillazioni superiori al 2%.

Massimo Campailla
Massimo Campailla
Avvocato senior partner Studio Zunarelli
Scrivete a Massimo Campailla: parolediritte@uominietrasporti.it

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