I dati diffusi dall’Osservatorio di Conftrasporto nel recente Forum non sono certo lusinghieri per il trasporto delle merci su modalità alternative a quella stradale: una riduzione di oltre 11 punti percentuali per il traffico ferroviario (che peraltro Mercitalia attribuisce alle note difficoltà sui valichi alpini) nel 2023 rispetto all’anno precedente, cui si aggiungono diminuzioni più contenute per il trasporto marittimo (-0,9%) e per il cargo aereo (-1,9%). Se poi esaminiamo il trend di lungo periodo, sempre secondo gli studi dell’Osservatorio di Conftrasporto, vediamo che dal 2017 al 2023, fatto salvo il periodo Covid-19, il trasporto su rotaia registra un andamento altalenante, con una modesta crescita prevista per il prossimo anno. Di qui, i dubbi sull’efficacia di un incentivo come il Ferrobonus, recentemente prorogato fino al 2027, dopo aver acquisito l’autorizzazione della Commissione europea.
Peraltro, al di là dei fattori contingenti, va detto che l’analisi degli effetti del Ferrobonus, come di altri incentivi destinati a favorire lo shift modale verso la rotaia (come la c.d. Norma Merci o Sconto Traccia), non solo pone in luce l’importanza del contributo del vettore ferroviario alla riduzione degli impatti esterni, in termini di incidentalità, congestione e inquinamento, ma anche un incremento del traffico connesso a tali incentivi, che nel quinquennio 2018-2022 risulta decisamente superiore a quello complessivo del cargo ferroviario (+30% contro +14% secondo le statistiche condotte da RAM).
Ma l’efficacia di misure come il Ferrobonus potrebbe essere ben più elevata, se si attuassero interventi volti ad eliminare l’attuale deficit di capacità del trasporto ferroviario, oggi non in grado di assorbire quote rilevanti di trasporto stradale. Fra quelli individuati dal Quaderno 31 recentemente pubblicato dal Freight Leaders Council, «Multimodalità, più efficienza, meno costi, maggiore velocità di consegna», non possono che essere al primo posto i progetti di sviluppo previsti dal PNRR, con finanziamenti pari a circa 24-25 miliardi da investire sulla rete ferroviaria, che potrebbero essere destinati a rafforzare i corridoi merci ferroviari, implementare i collegamenti relativi all’ultimo miglio, eliminare i colli di bottiglia, consentire la formazione di treni da 750 metri, efficientare le manovre ferroviarie. Per aumentare il valore aggiunto del sistema ferroviario, si potrebbero poi adottare azioni specifiche, come il passaggio dal doppio macchinista al macchinista unico, la razionalizzazione dei controlli sul materiale rotabile e sui binari, la programmazione in tempo reale dell’attività dei terminal ferroviari e la semplificazione delle relative procedure, nonché l’obbligatoria evidenziazione in fattura del risparmio di CO2 per trasporti su rotaia rispetto a quelli su strada.
Va quindi senz’altro auspicata la prosecuzione del Ferrobonus, magari aumentandone la dotazione finanziaria e, ove possibile, rimodulando l’attuale formulazione con correttivi atti a semplificarne la gestione e il controllo, sottoponendo anche ad attenta riflessione l’opportunità di mantenere l’obbligo della formazione di treni completi per poter accedere all’incentivo.
Infine, va sottolineato come il perseguimento dello shift modale, nel segno della sempre maggiore sostenibilità del trasporto merci, trovi conferma in iniziative di co-modalità ferro/gomma. Fra queste:
- la collaborazione attivata da Chep con Mercitalia e Smet, per il trasporto di pallet via ferrovia (anziché via nave o gomma) su tratte Sud-Nord, con una riduzione di CO2 stimata in 11 ton/settimana;
- la piattaforma digitale EasyRailFreight, creata da Rete Ferroviaria Italiana per promuovere il trasporto intermodale delle merci attraverso una più efficace integrazione della modalità stradale con quella ferroviaria, alla quale hanno aderito, in sequenza ma non insieme, dapprima Anita e poi Fiap.
E non sarebbe male se questa sinergia, anziché la tuttora persistente competizione, si realizzasse anche fra le organizzazioni associative del settore dell’autotrasporto, così da costituire una vera e propria massa critica nelle scelte politiche in materia di logistica.