La richiesta di pagamento del contributo per il 2019, inoltrata dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti nei primi giorni del mese di ottobre alle imprese di autotrasporto con un fatturato superiore ai cinque milioni di euro, rappresenta una novità, non certo piacevole, e anche inattesa, per gli operatori del settore: in sostanza, si può dire che l’ART abbia avuto un “ripensamento” rispetto alla decisione dello scorso mese di maggio, di sospendere la riscossione del contributo, adottata a seguito della ferma opposizione delle principali associazioni di categoria, che aveva dato luogo all’ennesimo ricorso al TAR del Piemonte.
Per tentare di comprendere questo mutamento di posizione, dobbiamo riepilogare in ordine cronologico gli aspetti salienti della questione, ormai annosa, sulla quale ci siamo soffermati più volte:
- in base alla norma istitutiva dell’Autorità (decreto legge 201/ 2011, convertito dalla legge 214/2011), e a seguito delle sentenze del TAR, sempre favorevoli all’autotrasporto, sui ricorsi presentati dalle principali associazioni di categoria (peraltro appellate dall’ART), anche la Corte Costituzionale aveva stabilito che l’ART non poteva richiedere contributi a settori non espressamente regolati;
- le nuove disposizioni introdotte in sede di conversione del decreto Genova (legge 16 novembre 2018, n. 130), hanno ricompreso, fra i soggetti tenuti al versamento del contributo destinato al funzionamento dell’ART, gli «operatori economici» del settore del trasporto, per i quali la stessa avesse concretamente avviato, nel mercato in cui operano, l’esercizio delle competenze previste dalla legge;
- l’Autorità ha ritenuto che in tale categoria rientrassero gli «operatori dei servizi di trasporto merci su strada connessi con porti, scali ferroviari merci, aeroporti, interporti» e li ha quindi assoggettati al contributo per il suo funzionamento (delibera n. 141 del 19 dicembre 2018, approvata con DPCM del 17 gennaio 2019), fissato allo 0,6 per mille del fatturato annuo risultante dall’ultimo bilancio, se superiore ai 5 milioni di euro, e da pagarsi in due tranche, entro il 30 aprile e il 31 ottobre;
- anche questa delibera è stata impugnata davanti alla giustizia amministrativa dalle principali associazioni di categoria, mentre si è tuttora in attesa della decisione del Consiglio di Stato sull’appello presentato dall’ART avverso le sentenze del TAR, emesse in vigenza della normativa precedente;
- dinanzi all’azione intrapresa dalle associazioni dell’autotrasporto, e dopo l’udienza del 7 maggio della Camera di Consiglio del TAR Piemonte per l’esame dei ricorsi contro la suddetta delibera, l’Autorità ha deciso di sospendere la riscossione coattiva del contributo dell’anno 2019, fino alla conclusione del giudizio;
- il 30 settembre 2019 l’ART ha adottato la delibera n. 130, «Misure concernenti l’accesso agli impianti di servizio e ai servizi ferroviari», con l’obiettivo di assicurare che i gestori di tali impianti offrano i loro servizi non solo alle imprese ferroviarie, ma anche agli altri operatori economici, fra i quali le imprese di autotrasporto e logistica, a condizioni economiche eque, non discriminatorie e trasparenti. La delibera prevede l’intervento dell’Autorità in caso di rigetto della richiesta di accesso e contiene un dettagliato elenco degli impianti interessati, fra i quali i terminali adibiti a servizi di carico, scarico e trasbordo di merci da e verso treni o carri merci. Da notare che alla consultazione pubblica preordinata all’adozione di detta delibera non hanno partecipato imprese di autotrasporto, ma soggetti titolari degli impianti destinatari delle misure di regolazione di cui alla delibera stessa.
È, quest’ultimo, l’unico fatto nuovo verificatosi dopo la decisione di sospendere la riscossione dei contributi dalle imprese di autotrasporto e, anche se non è nei loro confronti che l’ART ha concretamente esplicato le proprie competenze, la citata delibera potrebbe essere alla base del suo ripensamento, concretizzatosi proprio a pochi giorni dall’adozione della stessa e subito dopo il deposito dei bilanci delle imprese interessate, dai quali si evince il loro fatturato. A ciò si aggiunga che le decisioni degli organi di giustizia amministrativa non sembrano vicine nel tempo, per cui l’ART potrebbe aver preferito “mettere le mani avanti”.
In tale situazione non è agevole rispondere al nostro lettore se corrispondere o meno il contributo. Faccio comunque presente che anche la registrazione nell’apposito portale dell’ART (come richiesto nella lettera) potrebbe essere interpretata come acquiescenza nei confronti dell’ultima, perentoria, richiesta di pagamento. Peraltro, fatte salve eventuali sospensive ottenute in via giudiziale dalle associazioni di categoria che hanno impugnato la delibera dell’ART 141/2018, non sembra evitabile l’applicazione del principio generale “solve et repete” (vale a dire, pagare per poi chiedere indietro quanto versato). Per uscire definitivamente da questa vicenda, invece, la via maestra per le associazioni stesse è quella di richiedere, anche all’attuale Governo, la rimozione, attraverso un provvedimento legislativo ad hoc, della norma introdotta alla fine dello scorso anno.