Sarebbe troppo lungo riepilogare i numerosi tentativi di riforma della ormai desueta legge 240/1990, denominata «Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità», che tuttora disciplina anche il relativo regime giuridico. Da allora, i diversi disegni di legge presentati, per lo più di iniziativa parlamentare, sono stati interrotti dallo scioglimento delle Camere e l’unico provvedimento legislativo andato a buon fine è stato il d. l. 98/1995, convertito dalla legge 204/1995, che ha eliminato la classificazione degli interporti in 1° e 2° livello, distinguendoli solo in funzione della loro rilevanza nazionale.
Vale comunque la pena di citare il Piano nazionale della logistica 2011-2020, messo a punto dalla Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica, che indicava, tra le più rilevanti iniziative da assumere a livello normativo, la riforma della legge sugli interporti, in quanto parte di una rete di rilievo europeo. A questa logica rispondeva il disegno di legge del 2012, con un testo unificato delle proposte di legge quadro – elaborato dalla Commissione Trasporti della Camera anche in base alle proposte del Governo – che recava, tra l’altro, una più aggiornata definizione degli interporti, quali complessi organici di infrastrutture e di servizi, finalizzati a favorire lo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e migliorare la logistica. L’anticipato scioglimento delle Camere non ha consentito la conclusione dell’iter legislativo di quella proposta, ma gli operatori interportuali, riuniti nella UIR, hanno indirizzato un monito alle istituzioni parlamentari e governative che si sarebbero insediate nel 2013, sull’urgenza di varare la riforma dei porti e degli interporti. In effetti, nel novembre 2013, la Camera ha recuperato quella proposta legislativa e l’ha approvata, ma l’iter al Senato non ha avuto un esito felice.
Dopo un ulteriore flop nella legislatura successiva, la proposta di «Legge quadro in materia di interporti» è nuovamente in discussione alla Camera, dove è stato riprodotto il testo già presentato nel 2018, ma rinviato praticamente sine die in Commissione trasporti nel 2021. Mentre sono in corso le audizioni dei diversi soggetti interessati, che finora hanno accolto positivamente l’iniziativa parlamentare, è lecito sperare che questa sia la volta buona, anche perché la legislatura è iniziata da meno di un anno e non mancano i tempi tecnici necessari per l’approvazione della riforma.
Da un sintetico esame, dal punto di vista ministeriale del testo proposto, meritano di essere segnalate le norme inerenti:
- l’elaborazione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Piano generale per l’intermodalità, da sottoporre al parere delle Commissioni parlamentari competenti;
- l’istituzione del Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, che potrebbe ereditare le funzioni della disciolta Consulta per l’autotrasporto e la logistica, della quale da più parti si chiede la ricostituzione. Si tratterebbe, infatti, di una sede più ampia e articolata, in grado di promuovere e coordinare le iniziative inerenti le tematiche della multimodalità, intesa come collaborazione fra i diversi vettori e integrazione tra porti, aeroporti e interporti; le scelte relative alla transizione energetica; i processi di digitalizzazione delle infrastrutture e delle attività amministrative; l’applicazione e diffusione dei sistemi intelligenti alle operazioni di logistica, con particolare riferimento alla interoperabilità delle piattaforme tecnologiche ed alla condivisione dei dati;
- il potenziamento degli interporti, dell’intermodalità e della rete ferroviaria interportuale, che prevede l’individuazione in ordine di priorità, con cadenza annuale, dei progetti relativi alla realizzazione e allo sviluppo degli interporti. Le risorse stanziate per il primo triennio, anche se di modesto ammontare, rappresentano un primo segnale della volontà di ottimizzare la rete interportuale, tenendo conto dell’obiettivo, fissato dallo stesso progetto di legge, di perseguire la diminuzione dell’impatto ambientale delle attività di trasporto e di logistica.
E ben venga, infine, come sembra presumibile dopo quanto accennato dal viceministro del MIT, l’anticipo di parti del disegno di legge nell’imminente Decreto Infrastrutture, che farebbe certamente risparmiare i tempi di attuazione della legge.