La pigrizia questa volta ha vinto e, per recensire questo “posto da camionisti”, ho deciso di fare una gita fuori porta, a soli 20 minuti da Bologna, in direzione Padova. All’altezza di Altedo si trova infatti la Trattoria del Melograno, una locanda collegata all’hotel omonimo, tradizionale posto di sosta per trasportatori affamati. Al solo nome riaffiorano le reminiscenze scolastiche del Carducci: «…il verde melograno dai bei vermigli fior, nel muto orto solingo rinverdì tutto or ora…». Bei tempi. Ma bando alle ciance e vediamo come è andata, senza prima annunciare il solito giro di aforismi questa volta dedicato appunto al Punica Granatum (il nome latino del melograno).
Per arrivare al nostro ristorantino si deve uscire al casello di Altedo della A13 Bologna-Padova. Si volta poi a destra in direzione S. Pietro in Casale e, dopo appena 1 km e mezzo, si può scorgere la trattoria, sempre sulla destra. Noto con piacere un ampio parcheggio sterrato a lato dell’edificio, posizionato sulla strada, mentre il complesso dell’hotel è più all’interno. Il park può contenere tranquillamente una ventina di veicoli pesanti. Entrando mi ritrovo in una sala pulita e accogliente, che insieme a un altro stanzone può ospitare circa 100 coperti. Il mio occhio clinico mi fa osservare che buona parte dei tavoli sono occupati da lavoratori del trasporto, il che è sempre segno di buona cucina.
Appena seduto la gentile cameriera mi elenca a voce i piatti del giorno: 4 primi, 4 secondi e 3 contorni. Inizio con delle orecchiette con panna, prosciutto e piselli, primo colorato, ma un po’ scialbo. La cottura è adeguata, il condimento ricco, però alla fine non rimane un gran gusto in bocca: diciamo sufficiente. Già che ci sono chiedo anche un assaggio delle mezze maniche alla amatriciana, che sono rustiche e piene di sugo, ma anche in questo caso un po’ sciape.
() – Passo poi a un secondo semplice e genuino: la scaloppina alla pizzaiola. Le fettine di vitello sono tenere e senza nervi e il sugo di pomodoro aromatizzato con basilico e origano dà quel tocco in più che rende il piatto sfizioso. Il contorno sono degli anonimi spinaci al burro. Ai miei vicini chiedo un assaggio di uno spiedino di carne ai ferri. Inaspettatamente me ne danno uno intero (la generosità dei trasportatori è confermata), però la carne è piuttosto grassa e il sapore abbastanza piatto.
Alla fine arriva il caffè che in fondo si può trangugiare senza controindicazioni. Servizio come piace a me, veloce e senza fronzoli: forse un pochino freddo il rapporto umano, ma non lamentiamoci. Non resta che chiedere il conto e anche in questo caso buone notizie, visto che è di 12 euro, prezzo dignitosissimo rispetto alla quantità di cibo consumata.
In conclusione, mi piace ricordarvi la stretta connessione tra religione e melograno. Quest’albero antichissimo, simbolo di fertilità e passione, produce un frutto – la melagrana – dal succo molto somigliante al sangue e che, se aperto, ha la forma di una croce cristiana. Secondo alcuni teologi, poi, il frutto dell’Albero della vita del Giardino dell’Eden non era una mela, ma in realtà una melagrana. Ma io dissento: è così buona che sarebbe un peccato NON mangiarla …