Uno dei temi caldi nel settore delle sentenze sull’autotrasporto è quello della violazione dei limiti di velocità, in particolare rilevati da apparecchiature automatiche. Ne abbiamo parlato più volte, ma è interessante notare come per ogni decisione vengano addotti motivi ulteriori e precisazioni che rendono la fattispecie ancor più specifica e intricata.
IL FATTO
È il caso della recentissima sentenza – 11 febbraio scorso – del giudice di pace di Parma che riguarda appunto un eccesso di velocità rilevato da un dispositivo SICVE (Sistema informatico per il controllo della velocità), detto anche Safety Tutor. Si tratta in sostanza di quello che tutti chiamano tutor, ovvero un autovelox che rileva la velocità media in un tratto di autostrada di 15-20 Km, fotografando il veicolo con apposite telecamere installate su un portale di ingresso normalmente presegnalato e rifotografandolo sul portale in uscita, per calcolare se la media sia appunto superiore al limite. L’azienda di trasporto coinvolta era difesa in giudizio dall’avv. Roberto Iacovacci.
LA DECISIONE
Il giudice parmense fa innanzitutto notare che la Polizia Stradale non ha «prodotto la documentazione attestante l’accertamento ed il relativo riscontro della infrazione accertata, oltre alla sua contestazione e notificazione». Mancano quindi elementi essenziali di prova.Inoltre, specifica che «gli apparecchi utilizzati in modalità automatica, cioè senza la presenza ed il diretto controllo dell’operatore di polizia stradale… sono sottoposti ad una verifica metrologica periodica, almeno annuale, tendente a valutare la corretta funzionalità dei meccanismi di rilevazione». In questo caso siamo di fronte alla ormai consolidata argomentazione per cui senza un controllo approfondito del corretto funzionamento del tutor non si può sapere se la velocità rilevata sia attendibile.
Ma c’è di più: «Poiché l’onere della prova della responsabilità del contravventore grava sulla Pubblica Amministrazione – spiega la sentenza – in assenza di agenti accertatori (che quindi non possono aver assistito personalmente all’infrazione – NdR) ), la rilevazione della velocità con apparecchio elettronico… impone alla PA l’obbligo di documentare la violazione con almeno due fotogrammi dell’accertamento». In altri termini, devono essere prodotte in giudizio le foto che attestano che si procedeva a velocità proibite e, se queste mancano, il verbale va annullato.
LE CONSEGUENZE
In questo senso, il giudice di pace fa anche riferimento a due sentenze della Corte di Cassazione (n.2952/1998 e n.16713/2003) secondo cui il momento decisivo dell’accertamento è costituito dal rilievo fotografico, al quale deve necessariamente, presenziare uno dei soggetti ai quali l’art. 12 del CdS demanda l’espletamento dei servizi di Polizia stradale (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia municipale, ecc.). Mancando le foto rilevate automaticamente e quelle che eventualmente gli agenti avrebbero potuto scattare, se presenti, la multa non ha ragione di essere. Il ricorso è stato quindi accolto, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata e la compensazione della spesa tra le parti.