Molto spesso le sentenze di secondo grado rivedono il verdetto di prima istanza attraverso l’esame più approfondito delle prove, che magari erano state valutate diversamente dalla prima decisione. Questo cambio di giudizio è ancor più importante quando la materia trattata è particolarmente delicata come quando si ha a che fare con reati di associazione mafiosa.
Un recente esempio riguarda un decreto emesso lo scorso 7 settembre dalla Corte di Appello di Catania. Vediamo la vicenda.
IL FATTO
Nel 2020 il Tribunale di Catania, dietro richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, aveva ordinato il sequestro dell’azienda Ruggeri Trasporti e di un’altra ditta individuale riconducibile a Francesco Ruggeri e ai suoi due figli Giuseppe e Piero. Le due imprese, che operano nel territorio di Lentini (Siracusa), erano state ritenute dall’organo giudicante nella disponibilità dell’ergastolano Filadelfo Emanuele Ruggeri, figlio di un fratello di Francesco. Costui avrebbe avuto un ruolo apicale nel clan Nardo legato alla “famiglia” di Cosa Nostra Ercolano-Santapaola. Nell’ottobre dello scorso anno il Tribunale aveva così disposto la confisca delle due aziende.
LA DECISIONE
Portata la causa davanti alla Corte di Appello di Catania (pres. Fallone, Bacianini e Fichera), il giudice ha però revocato la confisca, accogliendo in questo senso la richiesta della Procura generale e del collegio di difesa. I Ruggeri, assistiti dagli avvocati Carmelo Peluso, Luigi Latino e Santi Terranova, hanno secondo la Corte dimostrato che «le loro società sono state costituite con capitali leciti e la loro crescita è da attribuire unicamente al duro lavoro svolto da oltre trent’anni ed all’apporto di capitali legali». Inoltre, due collaboratori di giustizia, già appartenenti al clan Nardo di Lentini, hanno ribadito la netta estraneità dei Ruggeri alla consorteria.
LE CONSEGUENZE
La documentazione portata a conoscenza della giuria e le testimonianze, giudicate attendibili, hanno quindi convinto la Corte di appello che non fossero emersi elementi tali da far ritenere che le imprese dei Ruggeri fossero riconducibili a terzi né sotto il profilo dell’inserimento di capitali illeciti, né sotto quello gestionale. Il legame di parentela, di per sé, non è infatti dimostrazione inoppugnabile del coinvolgimento in attività criminali.
La Corte ha perciò riformato la sentenza di primo grado, revocando come detto la confisca delle due aziende, disponendone la restituzione agli aventi diritto e confermando nel resto il provvedimento del Tribunale, con la confisca di due immobili a Lentini che non erano di proprietà dei tre imputati.