Il quesito del lettore riguarda una tematica evergreen del trasporto, da sempre oggetto di interesse trasversale nel settore. Tra le due distinte figure dello spedizioniere e del vettore si innestano infatti ipotesi particolari, in cui la differenza tra i due ruoli diventa quasi impercettibile, tanto da dare luogo, molto spesso, con l’inconsapevolezza degli stessi interessati, alla configurabilità dello «spedizioniere-vettore». Partiamo dalla nozione base di tale argomento: la spedizione è un mandato senza rappresentanza, con cui lo spedizioniere assume l’obbligo di svolgere una certa attività in nome proprio e per conto del mandante. La sua professionalità e la sua struttura organizzativa gli permettono di organizzare la movimentazione della merce dal mittente al destinatario, ponendo in essere una serie di operazioni, quali la scelta di uno o più vettori, il tipo e le modalità di viaggio, variabili a seconda della merce da trasportare e della destinazione. Si tratta di attività funzionali all’operazione principale, quella di stipulare un contratto di trasporto.
Secondo la giurisprudenza, sebbene l’obbligazione principale dello spedizioniere sia quella di concludere un contratto di trasporto di cose, affinché questi acquisti anche la qualità di vettore, occorre provare che il soggetto agente, in qualità di spedizioniere, abbia anche assunto l’obbligo di eseguire il trasporto con mezzi propri o altrui e non soltanto quello di stipulare un contratto di trasporto in nome proprio e per conto del committente. Naturalmente, esulano da tale ipotesi, i casi in cui lo spedizioniere svolge solo attività accessorie al trasporto, senza movimentare merci. È quanto accade, per esempio, per l’incarico avente ad oggetto la gestione di un magazzino per servizi di inbound e outbound, stoccaggio, pick up e approntamento del carico in partenza. In tale ipotesi lo spedizioniere assume la veste di operatore logistico (con applicazione della normativa in materia di appalto).
Talvolta (almeno secondo la giurisprudenza “per lo più” prevalente), avviene che lo spedizioniere sia anche vettore in quanto si assume, oltre agli obblighi della spedizione, quelli relativi al trasporto. Ne consegue che, nel caso in cui l’incaricato assuma su di sé tutti i rischi del trasporto, a nulla rileva, ai fini della qualificazione del rapporto, che egli si avvalga, in tutto o in parte, dell’opera di altro soggetto, in qualità di subvettore. Si è espressa in tal senso anche la Corte d’Appello di Bologna in una recente sentenza del 10 dicembre 2020, relativa all’accertamento di responsabilità per furto di merce in un trasporto internazionale multimodale, dalla Cina all’Italia. Nella ricostruzione della filiera e, quindi, nell’attribuzione delle rispettive responsabilità a cascata, i giudici felsinei hanno ritenuto che il primo anello della catena della supply chain, cioè lo spedizioniere, fosse in sostanza un vettore, ritenendolo così responsabile del risarcimento (seppure con piena azione di manleva verso il subvettore). Sul punto, i giudici di secondo grado condividono la motivazione espressa dalla sentenza impugnata (emessa dal Tribunale di Bologna nel dicembre 2015), che si basava su vari elementi. In primo luogo, la fattura emessa dallo spedizioniere in cui sono «previsti i corrispettivi per il trasporto e la consegna dei beni, nulla prevedendosi quanto alla spedizione; l’espressa indicazione di quanto addebitato relativamente alla voce consegna è indicativo del relativo obbligo non compatibile con un’attività di mero spedizioniere e in tal senso depone anche la polizza di carico ove come destinatario/consegnatario è indicata la stessa società». Al fine di indagare sulla volontà negoziale delle parti, assume rilevanza, nell’interpretazione dei giudici, anche la corrispondenza intervenuta tra le parti nelle immediatezze del sinistro, laddove si ritiene che con la lettera inviata al vettore incaricato lo spedizioniere «dimostra la sua consapevolezza circa la natura degli obblighi assunti relativamente alla perdita del carico, incompatibile con la qualità di puro spedizioniere». A ciò va aggiunta anche la disamina del contenuto della documentazione di trasporto emessa per la tratta marittima, da cui, secondo i giudici, si evince che lo spedizioniere «ha gestito l’intero trasporto alla luce dalla polizza di carico emessa “for combined transport”, cioè per un trasporto multimodale, come risulta dalla sua intestazione». Viene specificato: «Dal documento emerge che la merce doveva essere materialmente consegnata all’arrivo in Italia allo spedizioniere essendo indicato sia quale “notify party”, sia quale “destination agent”, ovvero soggetto da contattare all’arrivo della nave nel porto di La Spezia per la consegna delle merci».
Nella ricostruzione interpretativa i giudici hanno quindi messo insieme, come in un puzzle, i vari documenti caratterizzanti la spedizione internazionale multimodale, giungendo a responsabilizzare tutti i soggetti della filiera, dal primo all’ultimo.
I rischi, caro lettore, sono quindi concreti e degni di ogni tutela contrattuale e assicurativa.