La sentenza di oggi apre un nuovo fronte sulla questione autorizzazione/omologazione degli apparecchi predisposti per individuare infrazioni del Codice della Strada. Finora, infatti, i giudici si erano occupati dei rilevatori di velocità, autovelox e simili, giungendo alla conclusione – avvalorata dalla Cassazione – che per tali dispositivi non bastava la documentazione che attestava la loro approvazione, ma che necessitavano appunto dell’esibizione della certificazione di conformità e omologazione.
Ora però a essere presi di mira dall’autorità giudiziaria sono i dispositivi di rilevazione di infrazioni al passaggio con il rosso semaforico, nel caso particolare il sistema ReDvolution.
IL FATTO
La vicenda nasce da una sanzione per attraversamento con il rosso da parte di un veicolo pesante appartenente a un’azienda di trasporto laziale, erogata dalla Polizia locale della Bassa Romagna. Vistosi respinto il ricorso alla Prefettura di Ravenna, che confermava con ordinanza/ingiunzione la multa, l’azienda, difesa dall’avv. Roberto Iacovacci, ricorreva al Giudice di pace di Lugo, Andrea Ferrerio, sulla base del «difetto di omologazione dello strumento di accertamento dell’infrazione semaforica».
LA DECISIONE
Esaminate le carte, il giudice ravennate, con una decisione innovativa e sotto certi aspetti sorprendente, dava ragione all’impresa, citando appunto la decisione della Suprema Corte in materia di superamento dei limiti di velocità rilevato con sistema Sicve. Spiega infatti il giudice lughese che gli Ermellini hanno stabilito che «in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate». Come ormai sappiamo a memoria, questa prova «non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronica è ricavabile dal verbale di accertamento».
Ma – e qui l’estensione della casistica – «anche il sistema Redvolution basato sull’acquisizione di immagini, non diversamente dai dispositivi di rilevamento della velocità, deve essere sottoposto ad iniziale omologazione, che è cosa diversa dalla taratura e dalla verifica periodica di funzionalità». Questo perché l’omologazione è una procedura tecnica finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione di ogni strumento elettronico da utilizzare per l’attività accertatrice del pubblico ufficiale, «procedura che costituisce un requisito imprescindibile per la legittimità dell’accertamento medesimo».
Invece nel nostro caso risulta agli atti che il documentatore fotografico Redvolution è stato sì approvato con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 1384 in data 7/3/2016, ma non risulta omologato.
LE CONSEGUENZE
In sintesi, se l’omologazione deve essere necessariamente attestata per i rilevatori di velocità, va dimostrata anche per i dispositivi che «beccano» il rosso, mentre qui invece manca.
Il giudice ha di conseguenza annullato integralmente l’ordinanza impugnata e la multa, compensando poi le spese di lite tra le parti, «data la relativa novità della questione, posta da poco all’esame approfondito della Suprema Corte, e gli ondivaghi orientamenti della giurisprudenza di merito».
Considerazioni finali. È chiaro che questa decisione apre potenzialmente la strada a una miriade di ricorsi non solo laddove siano stati installati apparecchiature che segnalino il passaggio vietato agli impianti semaforici, ma dovunque ci siano dispositivi elettronici posti a verificare il rispetto delle normative stradali.
Ci vengono in mente, ad esempio, i «vigili» elettronici che controllano gli accessi alla ZTL in molte città italiane: sono omologati? E in caso negativo possono ricadere nella fattispecie sopra esaminata? Come sempre occorrerà aspettare altre sentenze per capire quale sarà la tendenza che prevarrà nelle aule dei tribunali.