Vi ricordate? Lo scorso ottobre ci eravamo occupati di una sentenza della Cassazione che riguardava l’art. 126 bis (patente a punti e decurtazione degli stessi). La norma in esame, come è noto, punisce la condotta del proprietario del mezzo a motore che non rende noti, entro 60 giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente di guida di chi – al momento della commissione della violazione – guidava il veicolo.
La Suprema Corte aveva così deciso di «congelare» l’obbligo di trasmissione dei dati del guidatore nel caso in cui il verbale di contestazione venisse impugnato, fino alla definitiva decisione a lui sfavorevole. In altre parole, prima di quel momento, il proprietario del mezzo non ha alcun obbligo di comunicazione dell’identità di chi guidava la macchina commettendo l’infrazione. Quella decisione – molto innovativa – riguardava però un automobilista, anche se avevamo precisato che poteva applicarsi per similitudine anche a conducenti di veicoli pesanti.
IL FATTO
Ebbene la nostra previsione è diventata realtà con una recente sentenza del giudice di pace di Ancona, Vincenzo Rattenni. Il GdP era stato adito da una cooperativa agricola, difesa dall’avvocato Roberto Iacovacci, che contestava un’ingiunzione di pagamento di 1.032 euro emessa dalla Prefettura anconetana, proprio perché non erano stati trasmessi i dati dell’autista entro i termini di legge. La coop sosteneva infatti che l’emissione del verbale fosse illegittima, poiché il termine per la comunicazione dei dati del conducente sarebbe dovuto rimanere in sospeso in caso di opposizione al verbale presupposto e in attesa dell’esito finale. La ricorrente aveva inoltre correttamente comunicato all’organo di polizia la pendenza del procedimento amministrativo tramite una nota e che ciò giustificava appunto la mancata indicazione delle generalità del conducente. In sostanza, la cooperativa riteneva che la prassi di inviare la richiesta di comunicazione dei dati del conducente insieme al verbale di contestazione fosse illegittima e che l’organo accertatore dovesse attendere la definizione del ricorso prima di richiedere i dati.
Di tutt’altro avviso la Prefettura di Ancona, che riteneva invece che il termine di due mesi per inviare i dati del conducente decorresse dalla notifica del verbale presupposto, indipendentemente da eventuali ricorsi gerarchici o giurisdizionali. Il proprietario del veicolo – secondo l’amministrazione – era dunque obbligato a comunicare le generalità del conducente entro il termine stabilito, senza attendere la definizione delle opposizioni; in questo senso la PA faceva riferimento a un orientamento giurisprudenziale maggioritario – ma, diciamo noi, di vecchia data – che reputava come la comunicazione dei dati dovesse essere effettuata anche in pendenza di impugnazione.
LA DECISIONE
Il Giudice ha accolto la tesi della coop, affermando che la Prefettura non avrebbe dovuto procedere con la sanzione per mancanza dei dati personali fino alla definizione del ricorso. Il verbale sanzionatorio ex art. 126 bis CdS – spiega il giudice Rattenni – è illegittimo, poiché la comunicazione dei dati del conducente non era dovuta durante la pendenza del ricorso gerarchico (amministrativo o giurisdizionale) sul verbale. La sospensione della comunicazione dei dati è coerente con la costante giurisprudenza ed anche con una circolare del Ministero dell’Interno. Se il verbale presupposto venisse infatti annullato, verrebbe meno anche l’obbligo di comunicare i dati, rendendo quindi inutile e illegittimo il verbale ex art. 126 bis. Il giudice ha scelto, in sostanza, di aderire alla corrente minoritaria, ma più garantista della Corte di Cassazione, secondo cui la Prefettura non poteva sanzionare l’azienda prima della conclusione del procedimento sul verbale.
Inoltre l’invio di una nota alla Polizia per comunicare la pendenza del ricorso dimostrava che la coop non era rimasta inerte rispetto all’invito a inviare i dati del conducente. Ma, nonostante la comunicazione dell’impugnazione, la Prefettura aveva ignorato la sospensione del termine ed emesso la sanzione in modo anticipato, senza attendere la definizione del procedimento.
LE CONSEGUENZE
La sentenza ha quindi considerato illegittima ed annullato l’ordinanza-ingiunzione della Prefettura, stabilendo che la violazione non poteva essere sanzionata finché il procedimento giurisdizionale fosse stato in corso. Inoltre, la Prefettura è stata condannata a pagare le spese legali della ricorrente, ammontanti a 193 euro.
Con questa decisione abbiamo dunque ottenuto due importanti chiarimenti: la sospensione della trasmissione dei dati dell’autista vale per tutti i tipi di veicoli, pesanti e commerciali compresi, e l’interpretazione minoritaria della Cassazione dello scorso ottobre comincia a farsi strada anche ai gradi iniziali di giudizio. Una buona notizia per chi vuole essere garantito nei suoi diritti quando colpito ex art, 126 bis da sanzioni anticipate illegalmente.