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Multa autovelox, i dati del conducente non vanno comunicati nelle more del ricorso

Con una decisione innovativa la Cassazione ha congelato l’obbligo di trasmissione dei dati del guidatore nel caso in cui il verbale di contestazione venga impugnato, fino alla definitiva decisione a lui sfavorevole

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Oggi parliamo ancora di violazioni del Codice della strada, anche perché una grande massa di sentenze della Cassazione continuano ad occuparsi di questo tema. Come riferito dal sito specializzato Brocardi.it, recentemente la Suprema Corte si è espressa con un giudizio estremamente rilevante che riguarda l’art. 126 bis (patente a punti e decurtazione degli stessi). Com’è noto, la norma in esame punisce la condotta del proprietario del mezzo a motore che non rende noti, entro 60 giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente di guida di chi – al momento della commissione della violazione – guidava il veicolo.

IL FATTO

La vicenda riguarda un automobilista, ma ovviamente la decisione della Corte è applicabile anche a conducenti di veicoli pesanti. Inizialmente il guidatore aveva fatto ricorso, presso il Giudice di Pace, contro ben undici verbali emessi a seguito appunto della violazione del suddetto art. 126-bis, comma 2 CdS. Infatti non aveva resi noti – nel termine di 60 giorni dalla notifica del verbalei dati personali e della patente di guida dell’autista del veicolo di sua proprietà. Il Giudice di Pace aveva deciso per il rigetto parziale del ricorso, riducendo la sanzione amministrativa pecuniaria al minimo edittale (ovvero all’importo più basso della stessa). A questo punto il multato aveva impugnato il provvedimento innanzi al Tribunale, ma anche qui il ricorso si era concluso con un sostanziale rigetto. Il ricorrente non si è dato per vinto ed ha quindi adito la Cassazione come ultima spiaggia.

LA DECISIONE

E qui la sorpresa. Nell’ordinanza n. 26553/2024 della Suprema Corte – che chiude la disputa in maniera definitiva – viene chiarito che la menzionata violazione può sussistere esclusivamente al termine del giudizio di opposizione contro il verbale di contestazione della inosservanza del CdS.

Cosa significa? Che in sostanza, prima di quel momento, il proprietario del mezzo non ha alcun alcun obbligo di comunicazione dell’identità di chi guidava la macchina commettendo l’infrazione.

In particolare, la Cassazione ha accolto la tesi dell’automobilista secondo la quale, qualora sia fatto ricorso contro un verbale per violazione in ambito stradale, scatta la sospensione o congelamento del termine di cui all’art. 126-bis, comma 2, CdS, fino all’esito dei ricorsi proposti contro il verbale in oggetto. In sostanza, quindi, fino alla decisione da parte del prefetto o del giudice che risolva il caso.

La Suprema Corte ha così cassato con rinvio l’impugnata sentenza del Tribunale, sollecitando i giudici a rivedere il caso.

LE CONSEGUENZE

La decisione degli Ermellini è sicuramente rivoluzionaria, perché – in qualche modo – rappresenta un intervento che va incontro ai diritti dell’utente di veicoli, evitando l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di questione sub judice.

In concreto, l’obbligo gravante sul proprietario del veicolo scatterà soltanto quando l’esito del ricorso (con procedimento giurisdizionale o amministrativo) non si risolva positivamente per lui.

Due quindi le possibili ipotesi:

  • il ricorso ha esito sfavorevole (e allora l’organo di polizia dovrà di nuovo invitare il proprietario del mezzo a compiere le comunicazioni di cui al CdS, per cui il termine di 60 giorni per queste comunicazioni ricomincerà a decorrere dalla data della nuova notifica);
  • oppure il ricorso ha esito favorevole (e allora verrà meno il presupposto della violazione, considerato che chi deciderà la controversia provvederà anche ad annullare il verbale di accertamento).

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