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Materiali da imballaggio: come smaltirli legalmente?

Un fornitore che ogni settimana ritira i cartoni accumulati nei magazzini ci ha chiesto di firmare un contratto di trasporto per disciplinare tale attività. Ho qualche dubbio: in realtà i cartoni vengono smaltiti e prendiamo anche soldi per il riciclo. Poi, però, è vero che è un camion a prenderli, caricarli e trasportarli al punto di macero. Che faccio: firmo il contratto?

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L’affidamento dell’attività di ritiro e smaltimento di carte e cartoni e, in genere, di rifiuti dai magazzini adibiti ad hub logistici richiede attenzione, in quanto implica profili normativi attinenti la tutela ambientale, con risvolti anche di carattere penale. La questione è maggiormente sentita nella logistica che opera per il settore alimentare, specie nella GDO, in cui si producono grandi quantitativi di materiali da imballaggio, tra cui cartoni e scatoloni.

Già da tali premesse è intuibile la risposta al quesito del lettore: «No, il contratto di trasporto non va firmato» o, per lo meno, non è solo il contratto di trasporto a dover essere firmato.

È necessario gestire in modo corretto e conforme alla normativa ambientale i processi di produzione, detenzione e gestione dei rifiuti che vengono via via accatastati nei magazzini, per poi essere smaltiti negli appositi centri di raccolta e smaltimento.

Appare dunque fondamentale affidarsi a professionisti del settore che svolgono servizi specializzati in materia, ritirando il materiale e occupandosi delle procedure di smaltimento, anche dal punto di vista documentale.

Proprio per tale ragione l’attività di ritiro di tale materiale non integra (solo) una fattispecie negoziale di trasporto, consistente nella pura e semplice movimentazione di un determinato carico da un luogo a un altro, ma comporta lo svolgimento di una serie di servizi che, lungi dall’essere accessori rispetto al trasporto stesso, rivestono preminente importanza nel rapporto contrattuale.

Un corretto smaltimento di materiale, infatti, presuppone l’esecuzione di precisi adempimenti, anche fiscali, con corredo di documentazione ad hoc. Peraltro, gli introiti che derivano dal macero sono la prova del fatto che non di solo trasporto si tratta, in quanto il rapporto contrattuale non contempla, quale unica obbligazione pecuniaria, la debenza del nolo al vettore, ma implica il fatto che il committente incassi anche denaro derivante da tale attività affidata a terzi.

Qual è allora il contratto con cui disciplinare tale affidamento eterogeneo di servizi? Partendo dal presupposto che nel nostro ordinamento vige il principio di autonomia contrattuale (art. 1322, cod. civ., in forza del quale «le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge»), lo schema negoziale in cui ricondurre tale tipologia di attività è quello del contratto di appalto in senso ampio. Nulla vieta che nell’ambito di tale tipologia contrattuale non possa essere stipulato, mediante il richiamo in una clausola o mediante un addendum, un puro contratto di trasporto; tuttavia, le prestazioni del fornitore non si esauriscono nel format del contratto di trasporto strettamente inteso, ma dovranno ricondursi a quelle di un appaltatore, con tutto ciò che ne consegue in termini di obblighi e regime di responsabilità.

La differenza tra trasporto e appalto è sempre stata puntualizzata dai nostri giudici; per esempio è stato statuito: «In tema di contratti, la differenza tra appalto e trasporto risiede nel fatto che il primo ha per oggetto il risultato di un facere, il quale può concretarsi nel compimento di un’opera o di un servizio che l’appaltatore assume verso il committente dietro corrispettivo ed è, altresì, caratterizzato dall’esistenza di un’organizzazione d’impresa presso l’appaltatore, nonché dal carico esclusivo del rischio economico nella persona del medesimo; al contrario, il trasporto prevede l’assunzione da parte di un soggetto dell’obbligazione di trasferire persone o cose da un luogo all’altro, mediante una propria organizzazione di mezzi e di attività personali e con l’assunzione a suo carico del rischio del trasporto e della direzione tecnica dello stesso» (Tribunale Genova Sez. lavoro, 09/03/2016).

Lo schema negoziale in cui ricondurre tale tipologia di attività è quello del contratto di appalto in senso ampio

Infine, il quesito offre anche lo spunto per un ulteriore ordine di considerazioni. La detenzione di materiale di imballaggio nei magazzini va presa in considerazione non solo con riferimento alla fase finale di smaltimento, ma anche rispetto a quella temporalmente antecedente di progressivo accumulo di materiale. Capita spesso che nei magazzini si formino importanti accumuli di carte e cartone che, specialmente se non compattati, occupano spazi apprezzabili di superficie; anche tale ingombro, seppur temporaneo, richiede il rispetto di precise procedure operative, per la predisposizione di aree apposite e delimitate, al fine di non incorrere in sanzioni.

Barbara Michini
Barbara Michini
Avvocato specializzato in trasporti
Scrivete a Barbara Michini: legalmente@uominietrasporti.it

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