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L’autorizzazione al trasporto conto terzi copre anche il conto proprio

In una causa relativa alla contestazione del vincitore di un appalto, il TAR di Napoli, richiamando la Cassazione, ha ribadito che il trasporto per conto di terzi ha contenuto più ampio ed è subordinato a condizioni e requisiti più rigorosi rispetto a quello per il conto proprio e quindi il primo può senz'altro essere considerato comprensivo anche del secondo

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La sentenza di oggi si occupa del rapporto tra conto terzi e conto proprio. Si tratta di una decisione del TAR di Napoli in una causa che ha visto un consorzio contestare al ministero della Cultura l’aggiudicazione di un appalto ad altro raggruppamento di imprese per la presunta mancanza di autorizzazioni riguardanti appunto il conto proprio. Ma approfondiamo la questione.

IL FATTO

Il ministero della Cultura aveva indetto una gara per l’affidamento di alcuni lavori relativi alla Reggia di Caserta. Per partecipare alla gara stessa gli operatori dovevano essere iscritti sia all’Albo Nazionale Gestori Ambientali (ANGA), categoria 2 bis, sia all’ANGA categoria 1 (raccolta dei rifiuti nel corso degli sfalci, diserbo e pulizia meccanica marciapiedi, taglio e pulizia aree incolte, spazzamento strade, ecc.). Questa iscrizione necessitava della previa abilitazione alla gestione di due tipologie di rifiuti: quella contraddistinta dal codice CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) 200/201 (rifiuti biodegradabili) e quella contrassegnata dal codice CER 200/203 (rifiuti non biodegradabili).
Al termine della gara il consorzio ricorrente arriva secondo dietro un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) che si aggiudica l’appalto, ma contesta la decisione. Ricorre infatti al Tribunale perché, a suo giudizio, l’aggiudicazione sarebbe stata illegittima in quanto la mandante del RTI aggiudicatario sarebbe stata priva dell’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti non biodegradabili (identificato dalla sigla CER 200/203).
Più nello specifico, il consorzio contestava che la RTI mancasse dell’iscrizione nell’ANGA relativa al codice CER sopra richiamato. La ricorrente sosteneva, in sintesi, che dalla documentazione prodotta dalla Pubblica Amministrazione in giudizio si sarebbe desunto che, sebbene l’impresa fosse dotata di un Codice CER, lo stesso fosse relativo a «CER trasportati dalla ditta in regime ordinario» (cioè in conto terzi). E a questa categoria in regime ordinario – sostiene il consorzio – «corrisponde l’autorizzazione per la Categoria 1», mentre solo per chi possiede la categoria in conto proprio corrisponde l’autorizzazione per la categoria 2 bis – rifiuti non biodegradabili. Di conseguenza l’aggiudicataria sarebbe priva del permesso per l’ultima categoria 2 bis e non avrebbe avuto quindi i requisiti per partecipare alla gara.
Il consorzio chiedeva così l’annullamento della gara e la sospensione cautelare degli effetti della stessa.

LA DECISIONE

Sollecitato in proposito, il TAR Campania, Sezione I, ha però respinto il ricorso del consorzio con sentenza n.1306 del 27 febbraio 2024. Nel prendere questa decisione il TAR napoletano ha accolto le argomentazioni portate in aula dal Ministero e si è rifatta alla giurisprudenza della Cassazione. La Suprema Corte – ha spiegato il Tribunale – ha stabilito da tempo (Cassazione Civile, Sezione II, n. 13725 del 30 maggio 2012, depositata il 31 luglio 2012) che l’autorizzazione al trasporto conto terzi ricomprende anche la possibilità di trasportare in conto proprio. E lo dimostra il fatto che anche lo stesso Albo Gestori Ambientali si è uniformato a questa interpretazione con la circolare n.1463 del 30 novembre 2012. In questo documento – ricordano i giudici – è infatti scritto che «per l’esercizio dei due tipi di attività (in conto proprio e per conto terzi – ndR) sono effettivamente previsti, dagli articoli 31 e ss della legge 6 giugno 1974, n. 298, provvedimenti abilitativi distinti. Tuttavia, … quello relativo al trasporto per conto di terzi ha contenuto più ampio ed è subordinato a condizioni e requisiti più rigorosi. Può quindi essere considerato senz’altro comprensivo anche del trasporto per conto proprio, che rappresenta un minus».

LE CONSEGUENZE

Risulta così eccessivo pretendere – conclude il TAR – che chi ha già ottenuto il titolo ‘maggiore’ si debba munire anche dell’altro, per poter svolgere un’attività che l’articolo 31 lett. b) della legge citata, definisce come «complementare o accessoria nel quadro dell’attività principale».
Il TAR campano ha quindi respinto il ricorso e compensato tra le parti le spese del giudizio, confermando la regolarità della gara e dell’assegnazione.

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