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L’annullamento della multa non impedisce di appellare per non pagare le spese di lite

Il Tribunale di Rovigo ha riconosciuto in secondo grado al ricorrente di rimanere indenne dal pagamento delle spese di giudizio quando la sentenza del GdP, a lui favorevole, aveva comunque compensato le spese stesse tra le parti

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In molte delle cause che abbiamo trattato abbiamo visto come, anche quando le ordinanze/ingiunzioni contro le quali si fa ricorso vengano annullate e i conducenti risultino vincitori, le spese di lite siano di solito compensate tra le parti. In alcune fattispecie questa decisione appare poco equa, visto che non si capisce perché chi alla fine ha ottenuto soddisfazione delle proprie ragioni debba comunque sborsare una certa cifra.

Ora però un’importante sentenza del Tribunale di Rovigo rimette in discussione questa consuetudine e interpreta la questione in modo diverso. Vediamo come.

IL FATTO

Una cooperativa, difesa dall’avv. Roberto Iacovacci, aveva fatto ricorso al Giudice di Pace di Rovigo contro un’ordinanza della Prefettura della città veneta (e il verbale precedente) per la violazione della velocità consentita, rilevata col sistema Tutor.

La Prefettura si costituiva in giudizio chiedendo di chiudere la questione dato che aveva già annullato l’ordinanza con un altro provvedimento prefettizio, in quanto «adottata fuori termine» e affermando anche che il ricorso della coop era stato tardivo.

Il Giudice di Pace dava ragione alla cooperativa, ritenendo ammissibile il ricorso sulla base del timbro postale di accettazione del plico che lo conteneva. Però dichiarava anche che la materia del contendere era cessata e che perciò le spese di lite andavano compensate.

Ritenendo però non equa questa soluzione, la difesa impugnava la sentenza limitatamente alla parte della compensazione, ovvero dove il GdP aveva affermato che sussistevano giusti motivi «per la compensazione integrale tra le parti delle spese, non avendo la ricorrente proposto doverosa istanza di autotutela ante giudizio». L’avv. Iacovacci esigeva insomma la condanna della Prefettura alle spese del doppio grado di giudizio, vista la piena fondatezza della domanda avanzata in primo grado. Ovviamente la Prefettura chiedeva il rigetto dell’appello con il favore delle spese.

LA DECISIONE

Il Tribunale rodigino ha ritenuto l’appello fondato, rifacendosi all’art. 92 del Codice di Procedura Civile. Secondo questa norma la facoltà di compensare le spese del giudizio può ritenersi legittimamente esercitata da parte del giudice solo quando “risulti affermata e giustificata in sentenza la sussistenza dei presupposti cui tale facoltà è subordinata”. Questi presupposti sono la soccombenza reciproca o l’assoluta novità della questione trattata o il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni principali, ai quali va aggiunta, secondo la giurisprudenza sia di legittimità che di merito, la concorrenza di altri giusti motivi, che devono emergere in qualche modo esplicitamente o implicitamente dalla motivazione.

Ma nel caso di specie – dice il Tribunale – «dalla motivazione della sentenza impugnata non emerge nessuna delle ragioni sopra indicate che possano aver indotto il GdP a procedere alla compensazione delle spese, nonostante l’esito favorevole del giudizio in capo alla coop (cessazione della materia del contendere), se non il riferimento al fatto che il ricorrente avrebbe dovuto proporre istanza di autotutela ante giudizio».

La sentenza di primo grado, dunque, viola i principi degli artt. 91/92 c.p.c per due motivi: perché «non sussiste alcun onere a carico della ricorrente di proporre istanza di autotutela ante giudizio» e perché «è pacifico che l’appellante risulti essere virtualmente vittorioso nel merito della lite, stante l’illegittimità dell’ordinanza impugnata», come è peraltro riconosciuto dalla stessa amministrazione che ne ha disposto l’annullamento in autotutela.

Inoltre, è evidente che il comportamento in via di autotutela della Prefettura è stato indotto dalla proposizione del ricorso e posto in essere solo dopo la notifica dell’atto di opposizione.

In conclusione: il GdP ha compensato illegittimamente le spese e quindi la sua sentenza va in parte riformata. La coop ha dovuto sostenere gli oneri economici dell’azione in giudizio e questi costi vanno rimborsati, applicando gli importi minimi in considerazione della minor attività processuale svolta (mancanza dell’istruttoria).

LE CONSEGUENZE

il Tribunale ha dunque accolto l’appello proposto e condannato la Prefettura di Rovigo al risarcimento delle spese del giudizio di primo grado (140 euro) e di secondo grado (240 euro) in favore dell’appellante, oltre ad altre spese generali e di cancelleria. Il tutto da girare al difensore, dichiaratosi antistatario ex art. 93 c.p.c. (ovvero di aver assistito il proprio cliente senza aver riscosso gli onorari e anticipando le spese del giudizio e perciò abilitato ad incassare le somme decretate).

Come possiamo commentare? Al di là dell’importo abbastanza ridotto delle cifre, la decisione è sicuramente di grande peso per coloro che vincono la causa, ma sono obbligati a pagare le spese e prova che ricorrere all’appello per le spese di lite non è tempo perso, ma un giusto passaggio per ottenere giustizia.

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