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La modifica a regola d’arte della targa di un veicolo con nastro adesivo è reato penale

La Cassazione Penale ha stabilito che, se la contraffazione non è grossolana e quindi facilmente identificabile, si configura il reato di falsità materiale commessa da privato ex art.482 del Codice

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La questione di oggi attiene a una fattispecie non comunissima, ma che ciclicamente viene alla luce, ovvero la contraffazione della targa di un veicolo. Di solito questa alterazione delle cifre viene effettuata con del comune nastro adesivo, in modo da ingannare apparecchi rilevatori come autovelox, photored, segnalatori di ZTL ed altri ancora.

Si tende spesso a sottovalutare questa truffa quasi fosse una «ragazzata», ma bisogna invece stare molto attenti perché, a certe condizioni, come si dice, «si va sul penale». Vediamo infatti cosa ha deciso recentemente la Cassazione su un caso di questo tipo.

IL FATTO

Un conducente aveva fatto ricorso contro una  sentenza della Corte di appello di Salerno che lo aveva condannato per il reato di falsità materiale commessa da privato (art. 482 Codice Penale con riferimenti all’art. 477 CP). Il condannato aveva infatti contraffatto la targa del proprio veicolo utilizzando del nastro adesivo e asseriva però che tale modifica era facilmente visibile e quindi ricadeva nel cosiddetto «falso grossolano».

Una fattispecie – dichiarava la difesa – non punibile sulla base dell’art. 131-bis CP, che recita «… la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo… anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».

LA DECISIONE

Questa argomentazione non ha però particolarmente colpito la Cassazione che ha dichiarato il motivo infondato.

Esaminando infatti l’iter della sentenza d’appello – dice la Corte Suprema – l’esclusione della sussistenza di un falso grossolano – cioè di un falso «macroscopicamente rilevabile» e perciò «non idoneo a trarre in inganno alcuno» – è correttamente motivata dal fatto che l’alterazione della targa aveva tratto in inganno gli operatori delle Forze dell’ordine, che l’avevano rilevata solo dopo aver compiuto precisi accertamenti.

E nemmeno – aggiunge la Cassazione –  «si ravvisa una particolare tenuità del fatto», per la condotta del ricorrente che aveva attribuito ad altre persone le conseguenze delle infrazioni alla guida del veicolo, addirittura accusandole di dolo.

Anche poi un altro motivo di ricorso è stato considerato assolutamente privo di fondatezza. Parliamo della mancata qualificazione del fatto come illecito amministrativo (art. 100, comma 12, C.d.S.) e del vizio di motivazione per la violazione della legge processuale riguardante il sequestro delle targhe.

La Cassazione afferma infatti che «la condotta di colui che modifica i dati identificativi della targa del proprio veicolo mediante applicazione di nastro adesivo integra il reato di falsità materiale commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative (artt. 477 e 482 CP, come accennato), mentre non è configurabile l’illecito amministrativo previsto dall’art. 100, comma 12, C.d.S., che sanziona chi circola con veicolo munito di targa non propria o contraffatta nel caso in cui questi non sia l’autore della contraffazione».

La Corte di Salerno aveva infatti dimostrato e «indicato in maniera congrua e logica», secondo la Corte Suprema, l’effettiva disponibilità del veicolo e la contraffazione delle targhe, mentre nel ricorso non si faceva alcun accenno a un possibile  travisamento della prova.

Inoltre le proteste sulle modalità di esecuzione del sequestro targhe non possono inficiare gli accertamenti compiuti su di esse, perché non sussiste un principio generale di invalidità derivata che renda gli accertamenti inutilizzabili.

LE CONSEGUENZE

Per tutta questa serie di motivi la Cassazione ha concluso che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile ed ha condannato il ricorrente ex art. 616 Codice Procedura Penale al pagamento delle spese processuali. Ma non solo: ravvisando profili di colpa per l’evidente inammissibilità dell’impugnazione, la Corte ha anche condannato il ricorrente al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di 3.000 euro.

In conclusione, la modifica di una targa con nastro adesivo, se fatta in modo da ingannare anche un occhio esperto, è un reato grave che può avere conseguenze anche sulla fedina penale; quindi non lasciamoci mai tentare.

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