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Il trasporto è abusivo se si violano i limiti di portata, non di massa del veicolo

La Cassazione ha chiarito che si può parlare di trasporto illegale di cose su strada se viene superata la capacità massima di carico del mezzo indicata sulla licenza, che è cosa diversa dalla massa del veicolo stesso

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Ci occupiamo oggi di una sentenza della Corte di Cassazione Civile – 19 gennaio 2024, n. 2065 – il cui oggetto è il trasporto abusivo di cose su gomma, o meglio la definizione di cosa siano in effetti i limiti di portata ricordati dalla legge in materia, la n. 298/74, all’art. 46.

In particolare, questa decisione spiega bene la differenza tra portata dell’automezzo, ovvero la sua capacità massima di carico, e massa del veicolo cui invece si riferisce l’art.10 del Codice della Strada, stabilendo in base a questo criterio i confini tra trasporto illegale e legittimo.

IL FATTO

La vicenda prende il via da un ricorso alla Corte Suprema nei confronti della Prefettura di Cremona da parte di una ditta di costruzioni lombarda, contro le sentenze del Giudice di pace di Crema e del Tribunale di Cremona a lei sfavorevoli. Si trattava di una multa inflitta all’azienda dalla Polizia stradale di Bergamo per violazione appunto dell’art. 46, 1° comma, legge 298/74, perché «un veicolo di sua proprietà trasportava sabbia per un totale di 25.380 kg, nonostante la licenza rilasciata dalla Provincia di Avellino il 21/2/2007 indicasse una portata massima di kg 15.300».

Il Tribunale in secondo grado aveva confermato la violazione, riducendo però al minimo la sanzione. Questo perché la contestazione non riguardava il superamento della massa complessiva del veicolo (come sappiamo data dalla somma della tara e del peso della merce trasportata), ma della «portata», ovvero la capacità di carico del mezzo di trasporto. che è regolata dalla singola licenza concessa all’imprenditore sulla base delle indicazioni della carta di circolazione.

Il Tribunale aveva invece escluso la violazione del principio di specialità o del concorso apparente di norme tra l’art. 46 e l’art. 10 CdS, poiché il primo tutela l’integrità della superficie stradale e il secondo la sicurezza della circolazione.

L’azienda edile faceva allora ricorso alla Corte suprema sulla base di tre motivazioni.

La prima accusava la sentenza impugnata di non avere tenuto conto che la normativa sui trasporti di cose in conto proprio non prevede alcuna annotazione del limite di portata e che la licenza rilasciata reca l’elenco dei codici delle merci trasportabili, ma non prevede alcuna limitazione della portata, non potendo il riferimento alla «portata di kg 015300» considerarsi un limite quantitativo della licenza, neppure richiesto dalla legge 298/74.

Il secondo motivo era che la sentenza del tribunale – rispetto a quella del giudice di pace – non considerava che l’autocarro che effettuava il trasporto era un mezzo d’opera con una massa massima di 40.000 kg ed era stato autorizzato a circolare dalla Provincia di Lodi nei limiti di massa previsti dalla carta di circolazione.

La terza giustificazione prendeva spunto dal fatto che la sentenza impugnata non avesse fatto applicazione del principio di specialità e neppure del concorso apparente di norme che, secondo il costante orientamento della Cassazione, si verifica quando lo stesso fatto, inteso come accadimento concreto (nella specie rappresentato dall’eccedenza di peso dovuta ad un carico di sabbia), possa integrare il contenuto descrittivo di diverse norme sanzionatorie.

LA DECISIONE

Ma la Corte Suprema ha ritenuto di confermare i verdetti dei primi due gradi, contestando tutte e tre le motivazioni addotte dall’azienda. Il primo motivo, infatti, non è fondato. L’art. 46 sanziona «chiunque disponga l’esecuzione di trasporto di cose con autoveicoli […] violando le condizioni o i limiti stabiliti nella licenza o nell’autorizzazione». E la licenza del 2007 indica precisamente che il veicolo ha «portata di kg 15.300».

La sanzione è dunque legittima in quanto la «portata» (cioè la capacità di carico del mezzo, che è cosa diversa dalla «massa» del veicolo) consentita dalla licenza era di 15.300 kg, mentre la sabbia trasportata al momento del controllo della polizia stradale era di 25.380 kg. L’art. 46, inoltre, equipara, sul piano sanzionatorio, l’ipotesi in cui il trasporto sia eseguito «violando le condizioni o i limiti stabiliti nella licenza o nella autorizzazione» al mancato rilascio dell’autorizzazione o della licenza, con la precisazione che la parola «limiti» allude ai «limiti di peso massimo di carico».

Il secondo motivo è inammissibile. Innanzitutto perché è una questione che, presupponendo indagini in fatto, non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione. Ma anche per la cosiddetta «doppia conforme», data dal fatto che la sentenza di appello aveva confermato la decisione di primo grado e risultava fondata sulle stesse ragioni, mentre il ricorrente «non indicava sotto quale profilo fossero tra loro diverse le ragioni di fatto su cui si fondavano le due decisioni».

E infine – completa la Cassazione – pure il terzo motivo non è fondato. Infatti in tema di sanzioni amministrative, il concorso apparente di norme sussiste quando più leggi regolano la stessa materia, intesa come stessa situazione di fatto, mentre è escluso nel caso in cui i fatti ipotizzati dalla fattispecie astratta siano diversi nella loro materialità e nella loro oggettività giuridica.

Quanto al principio di specialità – quando uno stesso fatto è punito da una pluralità di sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale – opera «se le norme sanzionanti un medesimo fatto si trovino fra loro in rapporto di specialità, da escludersi quando sia diversa l’obiettività giuridica degli interessi protetti da ciascuna di esse».

La Cassazione concorda insomma con i precedenti giudici quando affermano che «diversi sono gli elementi oggettivi delle due fattispecie e diversi gli interessi tutelati (la prima mira principalmente alla tutela dell’integrità della superficie stradale e la seconda alla tutela della sicurezza della circolazione)». In altre parole, la violazione amministrativa consiste nel trasporto di un carico oltre i limiti previsti dalla licenza e non – come invece prospettato dall’azienda – nella diversa condotta del transito con un mezzo d’opera in eccedenza ai limiti di massa previsti dal Codice della strada. Si tratta difatti di due fattispecie materialmente e sostanzialmente differenti l’una dall’altra – la prima sanzionata dall’art. 46, legge 298/74, la seconda dall’art. 10 CdS – idonee a ledere beni-interessi distinti e come tali concorrenti, il che esclude la fattispecie del concorso apparente di norme e non consente neppure di fare applicazione del principio di specialità.

LE CONSEGUENZE

Il ricorso dell’impresa di costruzioni è stato dunque rigettato. In sostanza, in conclusione, in tema di sanzioni amministrative per trasporti abusivi vale l’art. 46 legge 298/74 (come modificato dal d.lgs. 507/99) che punisce chi nell’effettuazione del trasporto di cose su strada viola i limiti di portata dell’automezzo stabiliti dalla licenza, ossia la sua capacità massima di carico.

L’infrazione della massa del veicolo, cui si riferisce l’art.10 del CdS (e seguente d.lgs. 285/92), è cosa assolutamente diversa e in questo contesto non c’entra nulla.

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