La corretta segnalazione degli autovelox e in generale dei rilevatori stradali di velocità è un tema caldissimo, soprattutto dopo una recente ordinanza della Cassazione (la n.19377/2024), che ha stabilito che non vi è più alcun obbligo di indicare ai guidatori la tipologia dello strumento di rilevazione attraverso il quale si troveranno a passare, andando contro l’interpretazione di legge che prevedeva che le autorità dovessero spiegare anche di che genere di sistema si trattasse. Gli Ermellini hanno semplicemente chiarito che invece non vi è alcun obbligo esplicito in tal senso e che è sufficiente informare i conducenti della presenza di un generico sistema di misurazione della velocità, effettuando la segnalazione con il giusto anticipo.
Ecco dunque che una recente sentenza del Tribunale di Latina (18 luglio 2024) appare estremamente interessante, perché rimette nella giusta prospettiva la materia, in questo caso occupandosi degli autovelox mobili, ma con un ragionamento che potrebbe essere applicato anche a quelli fissi.
IL FATTO
Il Tribunale laziale era stato chiamato in appello a giudicare di una decisione del Giudice di pace di Latina riguardante una multa per presunto eccesso di velocità, che l’organo di primo grado aveva ritenuto legittima. Il «fattaccio» era avvenuto sulla via Pontina, nel comune di Sabaudia, dove una pattuglia delle Polizia stradale aveva accertato lo sforamento di velocità tra i 10 e i 40 km/h del limite di 90 km/h, misurato per mezzo di una postazione mobile (Telelaser Trucam).
Il ricorrente, difeso dall’avv. Roberto Iacovacci, chiedeva l’annullamento dell’ordinanza della Prefettura di Latina – conseguente alla multa – e del verbale stesso, adducendo due motivazioni: l’erronea interpretazione degli art. 43 e 142, comma 6 bis, del Codice della Strada che prevedono che la postazione mobile debba essere visibile e presegnalata; la mancanza di conformità dello strumento utilizzato in quanto privo di omologazione, verifica e taratura (nel verbale si richiamava l’approvazione, ma non l’omologazione). Come spesso accade, la Prefettura di Latina non si presentava in aula.
LA DECISIONE
Il Tribunale non ha comunque avuto molti dubbi e ha deciso che l’appello era fondato e doveva essere accolto.
Il giudice Stefano Fava si richiama infatti al verbale di accertamento dell’infrazione che recita: «L’impiego dell’apparecchiatura è stato presegnalato ai sensi di legge, mediante presenza di idoneo segnale stradale con indicazione puntuale del rilevamento della velocità (come previsto dall’art. 142 comma 6 bis del CdS). La postazione è stata resa ben visibile. Punto di rilevamento opportunamente segnalato».
Ma in questa spiegazione il senso dell’art.142 comma 6 bis è stato compreso e rispettato? Secondo il giudice no. L’articolo in questione dispone infatti che «le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi».
Quindi la norma distingue tra la segnalazione preventiva dell’apparecchio – che deve avvenire mediante cartelli o dispositivi luminosi – e la sua visibilità concreta al momento del transito del veicolo nel punto esatto dove l’apparecchio è situato.
Il cartello di presegnalazione può essere posto ad una distanza variabile dallo strumento – a discrezione degli accertatori purché ragionevole – ma è comunque obbligatorio che la postazione di controllo sia visibile per rendere regolare la rilevazione dell’infrazione. Il giudice si richiama per questo a diverse pronunce della Cassazione che affermano in sostanza come «tanto per le postazioni fisse quanto per quelle mobili, il requisito della preventiva segnalazione della postazione ed il requisito della visibilità della stessa sono distinti ed autonomi e devono essere entrambi soddisfatti ai fini della legittimità della rilevazione della velocità…».
Ora, nel caso in esame, nel verbale di accertamento dell’infrazione non è indicato a quale distanza dal punto di controllo è stata posta la presegnalazione né le caratteristiche della stessa, ma semplicemente che il punto di controllo «è stato presegnalato ai sensi di legge», senza quindi consentire di stabilire la congruità e ragionevolezza della distanza dal punto di controllo né le caratteristiche della presegnalazione. Insomma, la cartellonistica che segnala la presenza dell’autovelox deve risultare ben visibile – e dal verbale non è dato sapere se lo fosse – e deve rispettare i criteri di dimensioni e leggibilità previsti dalla normativa – e anche in questo caso nulla sappiamo.
Non bastasse – aggiunge il Tribunale – il verbale risulta viziato anche riguardo la conformità dell’apparecchio sul fronte approvazione/omologazione.
LE CONSEGUENZE
L’accoglimento dell’appello ha comportato in conclusione l‘annullamento dell’ordinanza/ingiunzione emessa dal Prefetto di Latina e del verbale presupposto. Inoltre la Prefettura laziale è stata condannata al pagamento delle spese di lite, secondo il principio della soccombenza, per entrambi i gradi di giudizio.
È chiaro che dopo questa sentenza occorrerà dare prova – magari fotografica – da parte della Polstrada della corretta distinguibilità degli indicatori che segnalano la presenza di una postazione, altrimenti sarà complicato se non impossibile provare il rispetto della procedura di posizionamento dei cartelli o simili e quindi giustificare la sanzione.