Quando si verifica un incidente stradale, i conducenti vengono sottoposti a controlli per verificare il tasso alcolemico e/o l’eventuale stato di alterazione da sostanze stupefacenti. Questi controlli causano spesso dispute interminabili che possono giungere alla Corte di Cassazione per stabilire se sia stata correttamente eseguita la procedura di legge.
Il caso di cui ci occupiamo oggi, affrontato appunto dalla Suprema Corte con la sentenza n.30041/2024, riguarda appunto questa fattispecie.
IL FATTO
Dopo un sinistro stradale in Liguria, il conducente ferito veniva sottoposto a cure mediche sul posto da parte dal personale medico intervenuto ed alla presenza di una pattuglia delle forze di polizia. Il guidatore, terminato il controllo, si allontanava per andare a prendere dei parenti e poi ritornava sul posto, dove una seconda pattuglia sopraggiunta lo invitava a sottoporsi ad accertamenti presso una struttura pubblica. Ma il conducente si rifiutava di farlo e per questo veniva condannato sia in primo grado che in appello ex artt. 186 comma 7 e 187 comma 8 del Codice della Strada.
Il condannato ricorreva allora in Cassazione con una serie di motivazioni, tra cui quella che ci interessa, ovvero che la sua condotta non era tra quelle previste dal legislatore nei due commi sopra citati e che, comunque, non esisteva il presupposto della sottoposizione delle cure mediche, dato che già vi era stato l’intervento del personale medico direttamente sul posto.
LA DECISIONE
Questa argomentazione è stata in sostanza accolta dalla Corte Suprema che ha quindi dato ragione al ricorrente. Più precisamente, in riferimento all’articolo 186 CdS, la Cassazione, riprendendo precedente giurisprudenza, ha ritenuto che non rientri nel reato al comma 7 «il rifiuto del conducente di un veicolo di sottoporsi ad accertamenti del tasso alcolemico mediante prelievo di liquido biologico presso un ospedale, non trattandosi di condotta tipizzata dal combinato disposto dei commi 3, 4, 5 e 7 di detto articolo». L’articolo in questione, infatti, punisce il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti mediante etilometro, a quelli preliminari tramite «screening» e a quelli svolti su richiesta della polizia giudiziaria dalle strutture sanitarie alle cui cure mediche siano sottoposti i conducenti coinvolti in sinistri stradali.
Ma è proprio quest’ultimo caso – conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti a cure mediche – che non si configura nella causa in discussione. Per potersi configurare la fattispecie del rifiuto non basta che il conducente sia ritenuto bisognevole di cure mediche da parte degli organi di Polizia, come in questo caso, ma occorre che l’autista sia stato effettivamente sottoposto a cure mediche presso strutture sanitarie, a cui tra l’altro, secondo la Corte, deve essere rivolta la richiesta degli esami sulla persona richiesta dalla Polizia Stradale.
LE CONSEGUENZE
Per queste considerazioni la Corte di Cassazione annullava la sentenza di secondo grado e quindi la condanna inflitta di giudici di merito, senza rinvio.
Un’ultima annotazione. Questa sentenza è precedente all’introduzione del nuovo Codice della Strada che ha in parte modificato gli artt. 186 e 187 per quanto attiene all’obbligo di dimostrare l’alterazione psico-fisica del conducente, ma solo per quello che riguarda l’assunzione di sostanze stupefacenti. Secondo la nuova normativa non sarebbe infatti più necessario provare il nesso causale tra consumo della sostanza ed effetto di alterazione sull’organismo. Ma nulla si dice invece per quanto riguarda il consumo di alcol per cui, fino a che la giurisprudenza non si pronuncerà in merito – magari per similitudine – la conclusione della Cassazione rimane legittima.