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Fornire autovelox non omologati come se lo fossero è reato di frode

La Corte di Cassazione ha condannato un imprenditore che aveva noleggiato dispositivi per la rilevazione della velocità approvati, ma spacciandoli falsamente per omologati, e ne ha disposto il sequestro preventivo

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Protagonista della sentenza odierna è di nuovo l’eterna lotta tra approvazione ed omologazione degli autovelox. Ma in questo caso «si va sul penale», come si è usi dire quando la questione ricade all’interno di una fattispecie di reato. La decisione incriminante è la sentenza n.10365/25 della Corte di Cassazione – Sezione penale, che andiamo a sviscerare.

IL FATTO

Il caso riguarda un imprenditore accusato di aver fornito a due Comuni e Province alcuni autovelox approvati, ma non omologati (si trattava di rilevatori elettronici T-Exspeed 2.0). Ormai sapete bene come le due terminologie non siano equivalenti e le procedure siano differenziate. Infatti i dispositivi erano stati dichiarati come omologati dal Ministero, ma in realtà erano solo stati approvati dalla Direzione generale per la sicurezza dei trasporti.

L’uomo si era difeso sostenendo l’incertezza dei termini e della giurisprudenza, ma la Cassazione aveva respinto questa linea difensiva, spiegando che «il dubbio deve indurre a cautela» e che, in ogni caso «ignorantia legis non excusat (la legge non ammette ignoranza)».

LA DECISIONE

Secondo la Cassazione, in sostanza, l’imprenditore che aveva noleggiato dispositivi approvati e non omologati come da contratto avrebbe commesso una frode, più precisamente una «frode in pubbliche forniture e falso per induzione». In pratica aveva consegnato alle Amministrazioni una cosa diversa da quella pattuita, un bene non conforme a quanto prospettato per qualità e funzionalità. Inoltre, dichiarando la conformità degli strumenti, rivelatasi poi falsa, avrebbe indotto in errore i suoi clienti (configurando così il falso per induzione).

La Corte Suprema ha inoltre confermato la possibilità di sequestrare in via preventiva la maggior parte degli autovelox installati in tutta Italia, ribadendo, come lo scorso anno, l’obbligatorietà dell’omologazione e dichiarando contestabili tutte le infrazioni rilevate da apparecchi solo approvati (ovvero in pratica quasi tutti i dispositivi della Penisola).

LE CONSEGUENZE

L’imprenditore è stato dunque condannato e crediamo che questa pronuncia penale farà certamente scuola, almeno finché non mancherà una procedura ad hoc. Gli Ermellini si sono ormai molte volte espressi sulla necessità dell’omologazione per i rilevatori di velocità. I Comuni che utilizzano autovelox non omologati rischiano di vedersi annullate migliaia di multe e di dover rimborsare i conducenti sanzionati da apparecchi non conformi. Di più: le Amministrazioni potrebbero anche essere chiamate a rispondere del danno causato dall’utilizzo di apparecchi non a norma.

Nel frattempo il Ministero non ha ancora definito le procedure di omologazione dei dispositivi, anzi – notizia di questi giorni – il decreto che doveva fare luce sulla questione e dare indicazioni precise al riguardo è stato per il momento bloccato dallo stesso MIT per «ulteriori approfondimenti».

Il testo del decreto prevedeva teoricamente che, a partire dal prossimo luglio, gli autovelox approvati dal 2017 in poi – già conformi alle nuove norme di taratura – avrebbero dovuto essere considerati automaticamente omologati, senza ulteriori passaggi burocratici. Tutti gli altri, più datati, avrebbero invece dovuto essere spenti fino al completamento del processo di omologazione. Ma ora siamo nuovamente in stand by. La saga continua.

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