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Eccesso di velocità rilevato dal tachigrafo, la querelle continua

Il giudice di pace di Monza emette una decisione in cui lo strumento, a suo dire, non può essere utilizzato per rilevare l'infrazione e cioè quando questa (in caso di trasporto internazionale) non si ha la certezza che sia stata commessa senza alcun dubbio sul territorio italiano. È quindi necessario un riscontro diretto e un intervallo temporale molto vicino

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Scusate l’insistenza, ma ci occupiamo ancora di tachigrafo e del suo utilizzo come strumento di prova nel caso di eccesso di velocità. In uno degli ultimi casi che avevamo esaminato il Tribunale di Monza aveva ammesso tale dispositivo – anche in forma deduttiva per il giudice – per sanzionare il conducente colpevole della violazione, ma avevamo anche precisato come in materia la giurisprudenza sia piuttosto ondivaga e non ci fosse una linea precisa seguita dai giudici, dovendo distinguersi tra tanti casi differenti e distinguo in punta di diritto.
A dimostrazione di questa affermazione, oggi riportiamo una sentenza (n. 970/2023) nella quale il tachigrafo non può essere utilizzato, a parere dell’organo giudicante, come strumento di prova del superamento del limite di velocità. Si tratta di una decisione emessa dal giudice di pace di Monza (quindi nella medesima area di competenza del giudizio da noi riferito) in data di poco antecedente – 11 luglio 2023 – rispetto a quella pro efficacia probatoria (21 novembre 2023). Ringraziamo della segnalazione l’avv. Emilia Kruk che ha patrocinato la causa.

IL FATTO

II giudice di pace, Roberto Ambrosini, era stato chiamato a giudicare il ricorso di un conducente polacco contro alcuni verbali erogati del Comune di Lissone (Monza-Brianza) per violazione dell’ormai famoso art. 142, undicesimo comma, del Codice della Strada (eccesso di velocità oltre il limite di taratura del limitatore di velocità), di cui, tra l’altro, contestava Ia legittimità per l’inidoneità del tachigrafo a elevare sanzioni in questo particolare caso.
Il Comune si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del ricorso.

LA DECISIONE

Il giudice si rifaceva innanzitutto a una circolare ministeriale del 2021 – basata a sua volta su una sentenza della Corte di Giustizia Europea – secondo cui nella fattispecie dell’undicesimo comma l’infrazione può essere accertata attraverso la lettura delle risultanze del cronotachigrafo.
Ma c’è un ma. Il Regolamento europeo 561/2006 sui tempi di guida e di riposo – spiega Ambrosini – autorizza infatti «le autorità competenti a infliggere una sanzione a un’impresa e/o a un conducente per un’infrazione rilevata sul suo territorio e per la quale non sia già stata imposta una sanzione, anche qualora detta infrazione sia stata commessa sul territorio di un altro Stato membro o di un Paese terzo. Tuttavia, tale autorizzazione non si può estendere alle infrazioni che riguardano lo strumento che rileva i tempi di guida e di riposo, ossia il cronotachigrafo».
In altre parole, l’articolo 19, paragrafo 2, del Regolamento «deve essere interpretato nel senso che le autorità competenti di uno Stato membro non possono imporre una sanzione al conducente di un veicolo o a un’impresa di trasporto per un’infrazione… commessa sul territorio di un altro Stato membro o di un Paese terzo, ma accertata sul suo territorio e che non abbia già dato luogo a una sanzione».
Da questo ragionamento il giudice deduce che «la contestazione delle violazioni di cui all’art. 142 c.d.s., rilevate attraverso l’esame dei dati tachigrafici, deve limitarsi a quelle per le quali si abbia la certezza che siano state commesse in territorio italiano». In particolare, il Ministero ha precisato che, dalla lettura dei dati del tachigrafo, possano essere sanzionate anche le violazioni ai limiti di velocità imposti dalle istituzioni locali nelle strade urbane o nella viabilità secondaria, ma «solo in relazione a condotte di guida di cui l’organo accertatore abbia avuto diretto riscontro o che siano riferibili a poco tempo prima del controllo, tali che possano essere riferibili ad uno specifico luogo».
Invece in tutti i verbali impugnati si parlava di «infrazioni commesse in un non ben identificato ‘territorio UE’ e in tempistiche non certo prossime a quello dell’accertamento».

LE CONSEGUENZE

Il giudice Ambrosini ha dunque concluso per l’annullamento dei verbali impugnati e la condanna del Comune alla restituzione degli oltre 7.000 euro di multa versati a titolo di cauzione per il fermo del veicolo. Le spese di lite sono state invece compensate integralmente tra le parti.
È quindi evidente che, come nella sentenza del Tribunale di Monza, si fosse ammessa la possibilità che il giudice potesse dedurre l’eccesso di velocità dal suo apprezzamento soggettivo e indiziario, in questo caso l’utilizzo del tachigrafo è stato considerato ammissibile solo se si fosse riscontrato senza incertezze che l’infrazione era stata commessa su territorio italiano e con un controllo diretto o temporalmente molto vicino (ovviamente se si parla di veicolo e/o conducenti stranieri su tratte internazionali). Contesti e situazioni diversificate, insomma, provocano decisioni differenti.

Prepariamoci dunque a nuovi “duelli” giudiziari su una normativa sulla quale, a nostro parere, si sentirebbe il bisogno di un definitivo chiarimento legislativo o di un pronunciamento netto della Cassazione.

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