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Costi di sosta dei container al porto: paga il mandante, non lo spedizioniere

Il Giudice di Pace di Livorno ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da un’impresa terminalista contro uno spedizioniere internazionale, perché quest'ultimo non aveva legittimazione passiva per il pagamento dei costi di stoccaggio (port storages)

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Il caso di oggi riguarda il mondo delle spedizioni e, in particolare, i costi di stoccaggio nei terminal portuali. Spieghiamo un attimo meglio di cosa stiamo parlando.

Nelle operazioni di import ed export possono verificarsi imprevisti che rallentano lo sblocco delle spedizioni internazionali e da ciò derivano spese di sosta, che sono chiamate, a seconda della loro natura, storage (giorni a pagamento di sosta del container nei porti), demurrage (giorni a pagamento di sosta del container nel terminal) e detention (giorni a pagamento per svuotare e restituire il container all’uscita dal porto).

Quando un container viene scaricato da una nave, viene, com’è noto, collocato in un terminal all’interno del porto, in attesa che le formalità doganali vengano completate e che il destinatario organizzi il ritiro. I porti consentono a quest’ultimo di lasciare gratuitamente il container all’interno del terminal per un determinato numero di giorni, dopo di che ogni giorno aggiuntivo verrà fatturato come sosta a pagamento. I giorni di franchigia gratuita vengono chiamati port free days, mentre i giorni aggiuntivi sono normalmente definiti port storage. L’addebito è giustificato dal fatto che lo spazio all’interno dei terminal è limitato e la sua occupazione prolungata può creare un congestionamento delle attività del porto stesso.

Vediamo adesso il caso, sottoposto al Giudice di pace di Livorno il 13 novembre scorso e seguito per la difesa dallo Studio Zunarelli (specificamente dall’avv. Stefano Campogrande).

IL FATTO

Un mandante e uno spedizioniere internazionale avevano sottoscritto un contratto per la spedizione di un container in Asia. Il corriere, per eseguire il mandato, aveva prenotato uno spazio a bordo della nave. Entrato in porto, il container veniva però bloccato per un’ispezione doganale. Dopo l’ispezione il carico veniva finalmente imbarcato, ma nel frattempo aveva maturato importi sia come demurrages e detention (da pagare alla compagnia marittima) che di port storage (da corrispondersi al terminal portuale). Quest’ultimo, proprio per i costi di port storage, si era rivolto direttamente allo spedizioniere e non al suo mandante. Fallita la possibilità di trovare un accordo amichevole, l’impresa terminalista era ricorsa in giudizio ed era riuscita a ottenere contro lo spedizioniere un decreto ingiuntivo per il pagamento degli importi a titolo di port storage.

Il corriere, assistito dallo Studio Zunarelli, si opponeva al decreto ingiuntivo con la motivazione della propria carenza di legittimazione passiva. In parole più semplici, il terminal avrebbe agito contro di lui senza che il corriere fosse tenuto a rispondere del diritto rivendicato, in quanto estraneo al rapporto terminal/mandante. E in base a questo ragionamento chiamava in causa il mandante stesso.

LA DECISIONE

Esaminando il ricorso, il Giudice di pace di Livorno accoglieva pienamente la linea di difesa, ovvero il difetto di legittimazione passiva dello spedizioniere. Quando infatti un accordo di trasporto mediante container viene concluso grazie all’intervento di uno spedizioniere, esistono diversi tipi di contratti, tra loro distinti ed autonomi: il contratto di spedizione vero e proprio, il contratto di trasporto marittimo ed anche il contratto di locazione del container.

Per quanto riguarda quest’ultima fattispecie contrattuale, il vettore marittimo, tramite lo spedizioniere, fornisce al mittente del contratto di trasporto il container impiegato per lo stivaggio delle merci, dando vita ad un autonomo contratto di locazione, del tutto distinto dal contratto di trasporto. E poiché la stipulazione del contratto di locazione non rientra tra le operazioni accessorie che lo spedizioniere compie in nome proprio e per conto del mandante, il corriere necessariamente conclude quel contratto in nome e per conto del proprio mandante, ossia in rappresentanza di quest’ultimo. Ne consegue che le richieste di pagamento relative ai costi maturati dal container per eventuali soste al porto non possono essere rivolte allo spedizioniere (che non ha quindi legittimazione passiva in un eventuale giudizio), ma direttamente al mandante di quest’ultimo.

LE CONSEGUENZE

La sentenza ha quindi revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dall’impresa terminalista, ravvisando appunto la carenza di legittimazione passiva dello spedizioniere.

Nel corso della causa è stato poi confermato che, anche sul piano fattuale, lo spedizioniere avesse agito in rappresentanza del proprio mandante, sicché gli effetti del contratto di locazione non potevano che ricadere sul solo rappresentato. E questa conclusione, confermata dal giudice, nonostante il fatto che il terminal portuale non avesse avuto visione della polizza di carico.

L’impresa terminalista è stata infine condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dal ricorrente.

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