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«Anche le cooperative devono integrare i trattamenti economici di malattia, maternità e infortunio»

Il Tribunale di Piacenza ha accolto il ricorso di una socia lavoratrice di cooperativa che, assentatasi in diversi periodi per ragioni di malattia, maternità o infortunio, si era vista corrispondere unicamente l’indennità a carico degli Enti previdenziali, senza ricevere il trattamento economico integrativo a carico del datore di lavoro previsto dagli artt. 63 e 64 del contratto collettivo di settore

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La sentenza di oggi si occupa di un tema complesso e delicato: l’integrazione da parte del datore di lavoro delle indennità di malattia, infortunio e maternità a favore dei dipendenti di società cooperative di spedizione, autotrasporto e logistica.
Al riguardo il Tribunale di Piacenza, con la decisione n. 41 del 10 maggio 2022, ha dato ragione a una socia lavoratrice di cooperativa che, assentatasi in diversi periodi per ragioni di malattia, maternità o infortunio, si era vista corrispondere unicamente l’indennità a carico degli Enti previdenziali, senza ricevere il trattamento economico integrativo a carico del datore di lavoro previsto dagli artt. 63 e 64 del contratto collettivo di settore. Il giudice ha considerato nulla la previsione del regolamento della cooperativa che stabiliva, per i soci lavoratori, un trattamento deteriore – quindi peggiorativo – rispetto al CCNL, non potendosi nemmeno interpretare come esclusione dell’integrazione le previsioni della parte speciale del CCNL.

IL FATTO

La socia ricorrente aveva prestato la propria attività lavorativa per la coop dal 14.10.2013 ed era stata assente dal lavoro per malattia e maternità. In entrambi i casi aveva percepito l’indennità dell’Inps ma non quelle a carico del datore di lavoro, come previsto dal CCNL logistica. Inoltre si era assentata per infortunio dal 13 gennaio 2019 al 9 febbraio 2019 e anche in questo caso la datrice di lavoro aveva corrisposto al ricorrente la sola quota di indennità dell’Inail, mancando di versare quella a proprio carico. Di conseguenza la ricorrente aveva rivendicato un credito di circa 5.500 euro ex art.63 e 64 CCNL. Ricordiamo che l’art. 63 prevede che in caso di malattia e infortunio l’azienda corrisponda al dipendente l’intera retribuzione globale mensile per 3 mesi e la metà di essa per altri 5 mesi, se con anzianità di servizio non superiore a 5 anni, e l’intera retribuzione globale mensile per 5 mesi e la metà di essa per altri 7, se con anzianità di servizio superiore a 5 anni. L’art. 64, similmente, prevede la corresponsione alla dipendente in maternità dell’intera retribuzione globale mensile per i primi 5 mesi della sua assenza ed il 50% di essa per il sesto mese.
La replica della cooperativa verteva su due argomenti: la non applicabilità degli articoli menzionati, ritenendo invece applicabile la parte terza del contratto relativa alla sezione cooperative; il contenuto del regolamento interno della cooperativa, che limitava soltanto a carico degli istituti il trattamento di malattia ed infortunio e sosteneva l’assimilazione dell’indennità di maternità alla malattia e all’infortunio, «non introducendo il CCNL condizioni di miglior favore per il lavoratore».

LA DECISIONE

Il Tribunale ha però deciso in favore della socia lavoratrice. Infatti secondo il giudice la questione si riduce a capire se è possibile derogare agli art.63 e 64 del CCNL attraverso il regolamento aziendale, deroga che il Tribunale non ritiene ammissibile.
L’art. 12 del regolamento aziendale invocato dalla convenuta – «trattamento economico dei soci con contratto di lavoro subordinato» – recita che «a tutti i soci lavoratori in caso di malattia e maternità sarà riconosciuta solo ed unicamente l’indennità erogata dall’istituto competente (Inps). In caso d’infortunio il socio lavoratore avrà diritto a percepire, solo ed unicamente, l’indennità che gli sarà liquidata direttamente dall’istituto competente (Inail)». Ma la Cassazione ha più volte chiarito la «nullità del regolamento di cooperativa che contenga una disposizione derogatoria rispetto ai trattamenti retributivi e a condizioni di lavoro previste dal CCNL» (Cass. 18422/206) e inoltre che «in tema di società cooperative, nel regime dettato dalla legge 142/2001, al socio lavoratore subordinato spetta la corresponsione di un trattamento economico complessivo (ossia concernente la retribuzione base e le altre voci retributive) comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine». Il regolamento aziendale è infatti «destinato a disciplinare le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e ad indicare le norme, anche collettive, applicabili, ma non può contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria» (Cass. 5189/2019). Il regolamento interno alla cooperativa all’art 12 presenta invece una deroga in pejus, che non può essere sostenuta, vista la giurisprudenza costante che rigetta questa difformità rispetto al CCNL, sempre prevalente rispetto allo stesso regolamento interno.
Per quanto poi attiene all’altra motivazione della società cooperativa – applicazione di una diversa sezione del CCNL trasporto merci logistico (da sezione cooperativa a sezione merci) – la giurisprudenza di merito, prodotta dal ricorrente, rifiuta tale ipotesi affermando che il datore di lavoro debba corrispondere integralmente al lavoratore la retribuzione spettante in ciascun periodo di retribuzione.

IL COMMENTO

Il caso affrontato dal Tribunale di Piacenza merita qualche riflessione in più, sulla base di alcune argomentazioni dell’avv. Roberto Maurelli (pubblicate sulla Rivista Labor). È indubbio infatti che sul tema dei trattamenti per malattia, infortunio e maternità per i dipendenti di società cooperative del settore spedizione, autotrasporto merci e logistica (e in particolare per quelle che svolgono attività di facchinaggio e movimentazione merci), il CCNL relativo introduca una disciplina migliorativa per le «aziende aderenti alle Organizzazioni firmatarie e per quelle rientranti nel relativo campo di applicazione (imprese di spedizione, di autotrasporto di merce su strada per conto di terzi, di servizi logistici e ausiliari del trasporto)». Questa deroga in meglio si traduce, come abbiamo visto, in un obbligo per il datore di lavoro di corrispondere «l’intera retribuzione globale mensile», erogando la differenza rispetto a quanto già corrisposto dall’INPS (sezione prima, artt. 63 e 64). Dove però la sentenza di Piacenza convince meno è nella non applicabilità della sezione terza del CCNL, che detta regole ulteriori applicabili «a tutti gli organismi economici cooperativi che abbiano ad oggetto la prestazione di attività lavorativa di facchinaggio, di trasporto, di logistica e movimentazione merci». Si tratta, in sostanza, di regole ad hoc per particolari categorie di soggetti, come le cooperative che svolgono attività di facchinaggio o di movimentazione merci, che non sono ricomprese nel campo di applicazione della sezione prima e degli artt. 63 e 64.
La clausola relativa alle ipotesi di infortunio e malattia non ripropone anche per i suddetti “organismi” l’obbligo del trattamento economico integrale – dice Maurelli – poiché rinvia alle varie leggi vigenti in materia, che prevedono solo un’indennità. Nulla, invece, dice il contratto collettivo a proposito del trattamento spettante in maternità, cui sarà quindi applicabile la disciplina migliorativa dettata dall’art. 64.
Pertanto, le società cooperative che svolgono attività di facchinaggio o di movimentazione merci dovranno corrispondere ai dipendenti malati o infortunati le sole indennità di legge, mentre alle dipendenti in gravidanza o di puerperio dovrà essere pagata l’intera retribuzione, integrando per differenza gli importi di competenza dell’ente previdenziale. Sarà interessante capire nelle prossime decisioni giurisprudenziali quale di queste interpretazioni – la più ampia del Tribunale o questa più restrittiva – prevarrà.
Nulla da dire, invece sulla derogabilità peggiorativa, che è vietata dal nostro ordinamento. La fonte di grado inferiore – il regolamento – è legittimata a concedere esclusivamente trattamenti migliorativi (tranne le ipotesi espressamente previste dalla legge, come i contratti di prossimità.) E d’altra parte il contratto collettivo del settore spedizione, autotrasporto merci e logistica, non demanda ai regolamenti aziendali alcuna funzione integrativa circa i trattamenti di malattia, infortunio e/o maternità. Il contratto collettivo, dunque, resta l’unica fonte da cui attingere la disciplina dei trattamenti di malattia, infortunio e maternità.
Infine nel caso di cooperative che non applichino alcun CCNL, dovrebbe valere il principio generale ex art. 3, legge 142/01 per cui il trattamento economico complessivo – in cui dovrebbero rientrare anche quelli di malattia, infortunio e maternità – deve essere «non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale». C’è da dire che l’art. 3 citato fa riferimento al “trattamento economico complessivo”, ma riferendolo al “lavoro prestato”; quindi la norma non dovrebbe essere applicabile nelle ipotesi di sospensione del rapporto, in cui per definizione non viene prestata alcuna attività lavorativa e si interrompe il rapporto contrattuale tra prestazione e controprestazione. Anche in questo caso sarebbe auspicabile un intervento giurisprudenziale che chiarisca la fattispecie.

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