Il caso di oggi prende spunto da una recente sentenza del Tribunale di Milano – Sezione lavoro che si è occupata della applicabilità della normativa sugli appalti e delle obbligazioni in solido rispetto a quella relativa al sub-trasporto in relazione a un lavoratore dipendente di un subvettore. La vicenda è stata seguita dallo Studio Margiotta, da cui abbiamo tratto le informazioni e che per questo ringraziamo. Si tratta, come vedremo, di una decisione interessante perché va in controtendenza rispetto a un orientamento giurisprudenziale che ritiene applicabile di default il contratto di appalto a chi lavora nel settore logistico.
IL FATTO
Lo Studio aveva patrocinato un’azienda di trasporto e logistica chiamata davanti al giudice lombardo da un lavoratore dipendente di un suo subvettore. Il ricorrente rivendicava alcuni crediti per differenze retributive e chiedeva inoltre la condanna in solido dell’impresa sulla base dell’articolo 29 D.lgs. 276/2003 (Legge Biagi in materia di appalto).
La tesi della difesa era che la normativa Biagi – rivendicata dal lavoratore – non era applicabile, perché il rapporto contrattuale «non era configurabile come appalto, bensì come una serie di contratti di subtrasporto, come tali non assoggettabili alla disciplina speciale di riferimento».
LA DECISIONE
Passando in rassegna le modalità di esecuzione del lavoro, il Tribunale giungeva alla conclusione che, contrariamente all’interpretazione del ricorrente, la norma in materia di appalto andava disapplicata a favore di quella del trasporto.
A favore di tale tesi l’organo giudicante portava tre argomenti. Innanzitutto, che il lavoratore «fosse adibito unicamente ad operazioni di guida del mezzo, mentre il carico/scarico era affidato ad appositi magazzinieri». Inoltre, la società chiamata in solido aveva «incaricato il proprio subvettore della sola fornitura di servizi di trasporto e delle semplici attività strumentali ed accessorie, affidando invece tutte le attività di magazzino (tra cui quindi anche il carico/scarico) ed i servizi di logistica (imballaggio, raccolta ordinativi, deposito, trasferimento) ad altri operatori specializzati». Infine il corrispettivo fissato contrattualmente a favore del subvettore «non era unitario, ma prevedeva un prezzo per ogni trasporto, quantificato come da tariffario allegato a ciascun contratto».
Di fatto, insomma, in sede negoziale, non erano state previste attività ulteriori rispetto al mero trasferimento di merci da un luogo all’altro.
LE CONSEGUENZE
Sulla base di questi elementi il Tribunale ha escluso l’esistenza di una struttura organizzativa che rappresentasse il tratto distintivo del contratto di appalto, segnando una linea di demarcazione rispetto alla pluralità di prestazioni di trasporto. Di conseguenza ha sancito l’inapplicabilità in capo alla committenza della responsabilità ex art. 29 del D.lgs. 276/2003.
Secondo lo Studio Margiotta, si tratta di una pronuncia molto interessante perché «si pone in netta contrapposizione con l’orientamento recentemente consolidatosi… che vede comunque e quasi a prescindere riconoscere da parte dei tribunali la fattispecie dell’appalto di servizi di trasporto». Oltretutto la sentenza parrebbe essere coerente con la circolare n. 17/11 luglio 2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in tema di indagini ispettive.
Come conclude giustamente lo studio, bisognerà adesso vedere se gli organi giudicanti «continueranno ad applicare in modo pedissequo e spesso acritico la normativa in tema di appalti anche a ipotesi di accordi che invece sono rappresentativi di meri contratti di trasporto di durata» oppure se questa sentenza aprirà un nuovo filone per analizzare sotto un diverso punto di vista una situazione operativa parecchio diffusa nella filiera della logistica e del trasporto.