Veicoli - logistica - professione

HomeRubricheLa tesi di LauraE se noleggiassimo gli autisti?

E se noleggiassimo gli autisti?

Il noleggio è un’opportunità, per anni negata e adesso da capire, superando dubbi e contraddizioni. Intanto non sarebbe il caso se, oltre alla liberalizzazione di questa forma di disponibilità dei veicoli, si ragionasse su come rendere più flessibile il mercato del lavoro? All’estero di autisti con partita Iva ce ne sono a migliaia. In Italia potrebbe essere utile?

-

È sabato mattina, prestissimo. L’orologio segna le sette e io sono già stata catapultata in un bar lungo l’autostrada a bere un caffè. Doppio, per l’occasione. Quella volta che decisi di sposare un padroncino avrei dovuto immaginare che mi avrebbe fatto fare levatacce anche di sabato per andare a vedere un rimorchio. L’unica consolazione è che potrebbe essere il «mio» nuovo rimorchio.

E davanti al nuovo, anche il rancore (della levataccia) diventa leggero. Al termine della visita in concessionaria, parliamo con il venditore e, per curiosità e per futura programmazione, gli chiediamo se sia possibile avere a noleggio trattori stradali. È una domanda generica, ma basta a far stampare sul volto di mio marito e di mio cognato uno dei principali interrogativi amletici su cui si arrovella un’azienda di autotrasporto: il noleggio conviene o no?

Per provare a rispondere bisognerebbe prima sciogliere alcune delle contraddizioni del settore, che da una parte si pretende sia un manifesto di flessibilità applicata, dall’altra lo si costringe a operare assecondando normative estremamente rigide. Sintetizzato in un ossimoro: l’autotrasporto è flessibilmente rigido. Inoltre, per entrare meglio nella logica del noleggio bisognerebbe sgombrare il campo da quel fardello culturale secondo cui un autotrasportatore diventa imprenditore non quando organizza l’attività e genera utili, ma quando tratta l’acquisto di un camion e ne acquisisce la proprietà.

Evito in questo contesto di parlare di veicoli e dei fardelli burocratici (oltre che economici-finanziari) che l’orgoglio di disporre della proprietà di un mezzo porta con sé. Mi interessa far notare, invece, che all’autotrasporto è richiesta crescente flessibilità, un po’ perché lo pretende il mercato, che procede «rallentando per poi accelerare»; un po’ perché la strada è fatta di imprevisti e quindi reclama la capacità di adattare le situazioni per giungere comunque allo scopo di partenza. Caricare o scaricare che sia.

E allora, se tutto questo è vero, se veramente questo settore è fatto di movimenti elastici, potrebbe essere conveniente per chi lo muove dotarsi di strumenti adeguati, maggiormente liberi da fardelli e meno soggetti a vincoli di varia natura. Insomma, se la proprietà esprime un legame statico, il noleggio mi suggerisce un’opportunità dinamica.

Ma se questo è vero, non sarebbe utile portare l’elasticità alle estreme conseguenze, investendo oltre al veicolo, anche la persona senza la quale il camion è soltanto un contenitore vuoto? Provo a spiegare cosa intendo con un flashback, come si dice nel linguaggio cinematografico, passando cioè dall’inquadratura su marito e cognato in preda ai dubbi, a quella di un altro ragazzo conosciuto durante il test drive dello Scania Cassiopea (vedi UeT n. 390/2023). Si chiama Mikael, è svedese e di professione fa l’autista, ma invece di essere dipendente di una società, è libero professionista. Detto altrimenti, lavora con partita iva: quando un’azienda lo chiama, lui arriva. A quelle latitudini è normale, come lo è anche in molti altri Paesi europei. E tutto questo fa pensare…

Fate mente locale, per esempio, a quanto tempo bisogna attendere per vedersi consegnato un camion: in quel lasso di tempo è opportuno assumere un autista? Se lo si trova, sicuramente. Però, si corre il rischio che, se i tempi si allungano oltremodo, lo si paghi inutilmente. E se invece non lo si trova, il camion resta fermo e l’investimento è improduttivo. Ora, non credo che una società di noleggio sia sempre in condizione di consegnare un veicolo seduta stante, ma immagino che disponga di stock e che quindi sia in grado di contrarre l’attesa. A quel punto non potrebbe essere utile individuare, anche rispetto al conducente, una modalità simile al noleggio e ugualmente flessibile? Non andrebbe a giovamento delle aziende di autotrasporto, ma in fondo anche dei conducenti la possibilità di poter reperire autisti in libera professione?

Mentre scrivo non riesco a inquadrarmi con le parole, ma penso di assumere un’espressione analoga a quella di mio marito e di mio cognato di fronte ai dubbi sul noleggio di un veicolo. Provo a formulare qualche riflessione, perché sono comunque convinta che la questione vada affrontata. Però – lo sottolineo – non ho una opinione ferrea verso un’unica direzione.

Prima riflessione: l’attuale mercato del lavoro rispetto agli autisti mostra lacune. Se fosse saturo, un autista libero professionista non troverebbe mai l’opportunità di lavorare. Nell’attuale condizione, invece, non soltanto avrebbe facilità a offrire i suoi servizi, ma farebbe anche la gioia di tante aziende.

Seconda riflessione: le retribuzioni del personale viaggiante, come viene definito nei contratti collettivi, non sono sempre adeguate rispetto ai sacrifici. Il libero professionista, invece, non tratta una retribuzione, ma una sorta di parcella. E quindi se chi lo chiama ha necessità di far partire un carico, ha tutto l’interesse a pagarlo qualcosa di più, perché ciò che spende è per un verso circoscritto nel tempo, ma soprattutto scongiura una serie di conseguenze fatte di penali, perdita di rapporti, ecc. È una considerazione importante: in condizioni normali, con un’offerta importante di mano d’opera, il libero professionista fatica e si espone a pericoli di sfruttamento. In questa fase di carenza, invece, potrebbe trovare il modo di farsi valere. E una conferma la trovo nel fatto che nel Regno Unito un autista libero professionale guadagna il doppio, se non il triplo di uno dipendente. Certo, per stabilire un parallelismo corretto bisognerebbe conteggiare i contributi e tutto il resto. Ma penso che alla fine l’ago della bilancia vada a vantaggio del libero professionista.

Terza riflessione: il trasporto delle merci diventa sempre più un mercato allargato, fatto di competizione tra aziende anche distanti geograficamente. E trovo ingiusto pensare che le nostre imprese siano private di alcune leve utilizzate a piene mani da quelle estere. All’autotrasporto italiano è stato negato per lunghi decenni l’opportunità di usare il noleggio in modo libero. Adesso che si sta iniziando l’opera di demolizione di questa barriera, forse è il caso di valutare se una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro possa non soltanto correre parallela al noleggio dei veicoli, ma essere anche in grado di dare al nostro settore una marcia in più. In ogni caso è un’opzione e non per forza totalizzante. Anzi, immagino che normalmente una flotta possa aver bisogno di personale fidelizzato per una parte di lavoro e richiedere maggiore flessibilità per un’altra. O immagino un’azienda costituita da poco che abbia voglia di misurarsi, oltre che sul trasporto per cui è nata, su nuove attività senza magari rischiare troppi capitali. Ma gli esempi potrebbero essere a decine.

Quarta riflessione: la carenza di autisti non è soltanto la conseguenza di retribuzione magre, ma spesso dell’impossibilità di questo lavoro a tenere distinto il tempo del lavoro da quello della vita. Lo spiegavo lo scorso mese: la professione di autista troppo spesso cancella dal vissuto i momenti essenziali per nutrire i propri affetti, le proprie relazioni, la propria vita interiore. Un autista libero professionale potrebbe essere in grado di riconquistarli. Non sempre, ma spesso. E chissà se questo possa aiutare i giovani a prendere maggiormente in considerazione la professione.

Riflessione finale: in una società sempre più liquida – come la definiva Zygmunt Bauman – sopravvive chi è più duttile, malleabile e capace di trascinare nella propria corrente ciò che gli serve. Sopravvive quella società in grado di dare a ognuno l’occasione di costruire ciò che più desidera, facendo in modo che lavoratori e imprenditori possano offrire sempre e solo la propria professionalità e non la propria intera esistenza a favore del lavoro.

Questo articolo fa parte del numero di marzo/aprile 2024 di Uomini e Trasporti: uno speciale monografico di 84 pagine interamente dedicato al tema del noleggio.

Leggi l’editoriale: Si stava meglio quando si stava peggio? 

Sfoglia il numero di marzo/aprile 2024

Consulta i numeri monografici del 2023Marzo Maggio Luglio | Novembre

Abbonati alla rivista: https://www.uominietrasporti.it/abbonamento/

close-link