Quante volte abbiamo maledetto quello strumento che è lì di fronte, poco sopra la testa mentre guidiamo e registra, momento per momento, la nostra attività. Eppure, nel caso che vi raccontiamo, è risultato enormemente comodo.
Un uomo, che chiameremo Guido, un giorno mentre torna a casa dopo una settimana trascorsa in giro a consegnare merce per le strade della penisola, controlla nella buchetta e trova una lettera. È di una società Finanziaria, che lo informa che la sua richiesta di finanziamento è stata accettata. «Strano» pensa «quand’è che avrei fatto domanda?». Chiede lumi alla moglie, ma anche lei è completamente all’oscuro della cosa. L’indomani mattina prova a chiamare, senza troppa fortuna: è sabato e nessuno risponde. Lunedì va meglio. Una signorina lo informa che effettivamente nei loro archivi è presente una richiesta di finanziamento, corredata da tutti i documenti richiesti e giustificata dalla volontà di acquistare una moto.
A quel punto Guido disconosce formalmente la cosa, presenta regolare denuncia al commissariato e, tanto per curiosità, si reca al PRA e scopre che effettivamente anche lì risulta proprietario di una moto.
Si aspetta che tempo un paio di giorni la cosa si sistemi, ma niente da fare. La settimana dopo addirittura riceve a casa una sanzione per aver superato i limiti di velocità a bordo di una moto.
Ormai è su tutte le furie. Torna al commissariato, ma non riesce a ottenere nulla. L’unica cosa che capisce è che qualcuno si appropriato della sua identità, è riuscito a ottenere quanto serve per confermarla e quindi si muove, fa acquisti, prende multe a suo nome. Fin tanto che, controllando tutta la documentazione, si accorge che la firma (ovviamente non sua) apposta nel momento della richiesta di finanziamento, reca accanto una data: un mercoledì mattina di un mese qualunque.
«Forse – pensa – dire che la firma non è mia, con la grafia che mi ritrovo, è poco significativo. Però, da tre anni a questa parte io il mercoledì mattina carico sempre a 400 km dal luogo in cui il finanziamento è stato sottoscritto e scarico a meno di 150. Se quindi riuscissi a dimostrare che i miei mercoledì sono questi, avrei anche dimostrato che non potevo essere anche in altri luoghi». Ma come fare per provare tutto ciò?
La risposta era proprio lì davanti, sopra alla sua testa. Dall’insieme di tutti i tabulati e dalle registrazioni del tachigrafo non sarebbe stato difficile dimostrare la sua presenza altrove. E poi, entrato in questa deriva di tracciabilità, Guido pensa che la stessa cosa la possa fare anche con il Telepass: vale a dire, dimostrare che il giorno del contratto il suo camion stava entrando o uscendo da un’autostrada lontana. «E se poi non dovesse essere sufficiente – pensa Guido – chiamo a testimoniare il magazziniere in cui scarico: sarà un grande antipatico, ma sono ormai anni che mi vede sempre negli stessi giorni. Riuscirà pure a raccontarlo?».
Così, mette insieme tutta questa documentazione e la spedisce alla Finanziaria e poi la porta pure al commissariato. Di fronte a quelle evidenze, di fronte soprattutto alle registrazioni del tachigrafo che in modo inequivocabile dimostrano la sua presenza altrove, Guido non ha più avuto scocciature. Certo, chi si fosse appropriato della sua identità non l’ha mai saputo. «Di certo non sarà stato un gran furbone – ha sempre rimuginato tra sé – Chi vuoi che, tra tante persone al mondo, vada a rubare proprio l’identità di un povero autista di camion?».