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Tutte le anomalie dell’ecobonus

Come mai le risorse dell’Ecobonus per i veicoli commerciali leggeri elettrici si sono esauriti così rapidamente, mentre quelli per le alimentazioni termiche sono state utilizzate solo per metà? Francesco C_Bari

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Con la pubblicazione del DPCM 20/05/2024 «Rimodulazione degli incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni inquinanti» e la relativa attivazione della Piattaforma di prenotazione gestita da Invitalia, a partire dal 3 giugno è finalmente in funzione l’Ecobonus 2024, il dispositivo di incentivazione per il rinnovo del parco N1 e N2 fino a 7,2 ton (oltre che per le auto e i motocicli) dedicato alle PMI in conto terzi e in conto proprio, con una disponibilità pari a 53 milioni di euro, di cui circa 13,5 milioni (25%) riservato ai veicoli elettrici BEV. Come anticipato in precedenti articoli della nostra rubrica, il nuovo Ecobonus supera in larga misura le controversie attuative del precedente Ecobonus N1/N2, prevedendo un incentivo (con rottamazione obbligatoria di veicoli =<Euro 4/IV) anche per i veicoli commerciali termici di ultima generazione (benzina/diesel, ibridi, CNG e GPL) e consentendo l’accesso alle agevolazioni anche alle persone giuridiche che svolgono attività di noleggio, seppur limitatamente ai veicoli commerciali elettrici. Avevamo facilmente previsto che con tale nuova configurazione – abbinata a un incremento consistente delle intensità di aiuto – l’appetibilità per investimenti sui veicoli commerciali elettrici BEV sarebbe aumentata considerevolmente. E così è stato…

Ma sarebbe stato troppo bello mettere a disposizione del mercato un dispositivo chiaramente fruibile e non predisposto ad abusi e fenomeni di accaparramento indesiderato. I problemi si sono infatti manifestati già dopo poche ore dall’avvio della Piattaforma Ecobonus 2024, gestito da Invitalia, con un anomalo repentino esaurimento delle risorse riservate ai veicoli BEV, le uniche accessibili dalle società di noleggio. Queste ultime sono state indicate da tutti coloro che conoscono bene il comparto come le «persone giuridiche» che hanno fatto man bassa delle risorse disponibili, approfittando di una sostanziale anomalia del dispositivo, che non prevede di inserire obbligatoriamente il contratto stipulato con la PMI beneficiaria del bonus già in fase di prenotazione, consentendo alle società di noleggio di prenotare le risorse (per un BEV N1 da 3,5 ton l’incentivo unitario è di 14mila euro, senza rottamazione, quasi il doppio del precedente Ecobonus) senza indicarne il beneficiario, ripromettendosi di ultimare in qualche modo il processo entro i 270 giorni previsti per la rendicontazione finale.

Da quanto abbiamo appreso dalle Associazioni Federauto e Anfia, il Ministero del Made-in-Italy – MIMIT – su questa criticità intenderebbe correre ai ripari, rendendosi conto dell’anomalia che viola la ratio stessa che è alla base del provvedimento, finalizzato a sostenere le PMI nel processo di transizione ecologica del parco. Infatti, il MIMIT ha dato disposizioni ad Invitalia di trasmettere una PEC a tutte le persone giuridiche che hanno effettuato la prenotazione per investire sugli N1 (e N2 fino a 7,2 ton) ad alimentazione elettrica, dando tempo alcune settimane per trasmettere i relativi contratti con le PMI beneficiarie. Al momento della redazione dell’articolo questo passaggio non risulta ancora effettuato. Si tratta in ogni caso di un atto dovuto ed essenziale per correggere una grave anomalia del nuovo Ecobonus 2024, che rischia di incentivare – sulla categoria più innovativa, ossia sull’elettrico – chi non ne ha bisogno (le società di rent), anziché i soggetti a cui è destinato (le PMI).

Un’altra anomalia che sta condizionando l’andamento delle prenotazioni è certamente rappresentata dalle residue limitazioni ereditate dall’Ecobonus 2022-23 relativamente alle categorie termiche, il cui fondo dedicato, pari a circa 39 milioni di euro, non è accessibile per le grandi imprese, richiedono inoltre la rottamazione obbligatoria di un veicolo commerciale di classe uguale o inferiore a Euro 4/IV ed esclude le società di noleggio. Si tratta di limitazioni che – messe tutte insieme – stanno rendendo non agevole l’accesso agli incentivi per chi vuole modernizzare il parco acquistando un veicolo commerciale diesel o CNG di ultima generazione (si ricorda, ad esempio, che l’agevolazione è pari a 3500 euro per un N1 diesel Euro 6/E da 3,5 ton). E anche su questa anomalia, il MIMIT ha provato a metterci la caratteristica «pezza», consentendo di utilizzare le risorse residue su indicate anche per l’acquisto di veicoli commerciali BEV (noleggiatori inclusi), nella speranza che sia davvero verificabile e verificata la stipula di contratti con le PMI beneficiarie.

Che fare per il futuro al fine di evitare i soliti pasticci «all’italiana»? Basterebbe clusterizzare le risorse disponibili su più categorie di beneficiari, con plafond separati e distinti: per esempio, prevedendo un riparto adeguato delle risorse per il rinnovo dei veicoli commerciali – con intensità d’aiuto differenziati in base alle tecnologie – tra le grandi imprese, le PMI e le società di noleggio. In questo modo, il supporto per la transizione ecologica dei veicoli N1/N2 sarebbe a più ampio spettro, generando benefici in tutti gli ambiti della nostra economia, senza correre il rischio di promuovere una competizione tra «persone giuridiche» che non serve a nessuno, tanto meno alla sostenibilità del sistema dei trasporti.

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