L’impostazione manichea basta sul «solo l’elettrico è bello» sta vacillando anche a livello UE, sotto i colpi di una logica stringente, quella secondo cui per decarbonizzare serve promuovere tecnologie in grado di decarbonizzare, quindi, in buona sostanza, i carburanti carbon-neutral, ossia quell’universo di vettori rinnovabili entro cui – di fatto – non rientra l’elettrico di fonte fossile. Eppure, perlomeno per gli N1 (veicoli commerciali leggeri, maggiormente utilizzati nella logistica di breve/medio raggio), la cornice normativa comunitaria in materia di target di emissione di CO2 tutt’oggi impone una transizione esclusiva verso i zero-emission al terminale di scarico, promuovendo sostanzialmente solo le tecnologie BEV (Battery Electric Vehicle) e FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle), per quanto sia prevista la possibilità di una formale revisione nel 2026.
Siamo quindi di fronte a uno scenario di profonda trasformazione della logistica di distribuzione urbana e regionale, che già sta comportando ingenti investimenti da parte degli operatori per la digitalizzazione e la connettività finalizzati al miglioramento della competitività, in un quadro di complessa ristrutturazione dei profili d’impresa. Tale profonda trasformazione inizia a coinvolgere in modo pressante anche l’adeguamento tecnologico dei beni strumentali, a partire dalle flotte dei veicoli. Ci si aspetterebbe, quindi, un’assoluta disponibilità ed efficienza da parte dello Stato nel favorire la transizione ecologica del parco attraverso efficaci ed accessibili incentivi finanziari.
Nel merito, va riconosciuto che per tutto il primo semestre 2021, grazie ad una norma inclusa nella Legge di Bilancio 2021 (L. 178/20 comma 657), l’Ecobonus riservato ai commerciali leggeri N1 ha funzionato egregiamente, facendo registrare un assorbimento in poche settimane da parte del mercato dei 50 milioni di euro messi a disposizione dalla misura. La misura era chiara: incentivi anche senza rottamazione fino a 3.200 euro per i diesel di ultima generazione e fino a 8.000 euro per i BEV e facoltà di accesso per tutte le persone giuridiche anche avvalendosi del noleggio o del leasing. E infatti il budget disponibile è stato assorbito dal mercato nel giro di poche settimane, a partire da quello specifico riservato ai modelli endotermici, pari a 40 milioni di euro.
Tutto è cambiato con la revisione del dispositivo, anche per effetto dell’entrata in campo tra i soggetti decisori dell’allora Ministero della Mobilità Sostenibile (MIMS), guidato da Enrico Giovannini, con la surrettizia introduzione di coordinate e limiti operativi tali da rendere l’incentivo sostanzialmente non fruibile per le imprese e per gli esercenti. Infatti, la misura introdotta dal DPCM 6 aprile 2022, art. 3 comma 2 a.f / b.f, tuttora in vigore, limita l’accesso degli incentivi alle sole PMI che intendono acquistare un van elettrico o fuel cell, rivolgendosi quindi solo a quelle imprese artigiane e ai piccoli esercenti che, per carenza di dotazione finanziaria ed organizzativa, più difficilmente possono rivolgersi alla costosa tecnologia zero-emission per svolgere le loro funzioni operative.
Se si considera, inoltre, che è stata resa obbligatoria la rottamazione di un veicolo di classe uguale o inferiore a euro4/IV e che è stato precluso l’accesso al bonus non solo alle grandi imprese, ma anche a chi vuole ricorrere al noleggio a lungo termine o al leasing, si ha il quadro completo delle motivazioni che sono alla base di questo clamoroso flop. Chiunque acceda al contatore della piattaforma Invitalia può farsi un’idea della portata di tale fallimento: nel 2022, dei 10 milioni di euro disponibili, ne sono stati utilizzati solo 1,1 milioni; nel 2023, dei 15 milioni di euro disponibili, ne sono stati utilizzati appena 530mila (al 10 maggio 2023). Da qualche mese, sembrerebbe che i funzionari del MIMIT si siano messi all’opera per cercare di revisionare la misura in modo da renderlo finalmente fruibile dal mercato. Da nostre informazioni, in questo mese di giugno potrebbe essere formalizzato un nuovo DPCM – ispirato dal MIMIT, di concerto con il MIT – finalizzato al rilancio dell’Ecobonus, sia per i veicoli commerciali N1 e N2 che per le autovetture M1.
Si tratta di un’opportunità che il Ministero non può perdere, se vuole dare attuazione seria e concreta alla transizione ecologica del parco circolante, in linea con i regolamenti e i pacchetti dell’UE. In particolare, riguardo ai veicoli commerciali, l’auspicio del mercato è che il nuovo DPCM preveda il ritorno ai parametri dell’Ecobonus 2021, quindi accesso anche agli endotermici di ultima generazione e ricorso al leasing e al noleggio a lungo termine. Sono in ballo ben 43,4 milioni di euro, derivanti dai 8,9 milioni residui del 2022, dai 14,5 milioni residui del 2023, a cui occorrerà aggiungere i 20 milioni previsti per il 2024 dal dispositivo in vigore.
L’intero comparto dell’autotrasporto sta attendendo da troppo tempo. È maturo il tempo per formalizzare finalmente una misura di accompagnamento alla transizione ecologica dei mezzi che sia efficace e in grado di sostenere con i fatti lo sforzo che stanno facendo le imprese italiane in termini di investimenti sulla competitività e sulla sostenibilità.