Veicoli - logistica - professione

HomeRubricheIl salvagenteAction Plan Automotive: «Non c'è una lira!»

Action Plan Automotive: «Non c’è una lira!»

-

Risorse zero per le emissioni zero, verrebbe da dire. In effetti, il gigante dell’Industrial Clean Deal – per mesi pubblicizzato come il primo grande atto della nuova Commissione UE – ha partorito un topolino. Il parto è un Action Planattuativo del nuovo Clean Deal e mirato in particolare al comparto automotive che appare tutt’altro che un vero piano d’azione.

Leggendo il testo della Commissione, appare chiaro come questo documento sia solo una raccolta di possibili best practice e recommandation che gli Stati membri possono promuovere per dare un po’ di ossigeno al processo di elettrificazione, fallimentare fino ad oggi, soprattutto per gli Heavy Duty, integrato da generiche indicazioni per lo sviluppo digitale del comparto e per l’implementazione della guida autonoma.

Una cosa è certa: lo strumento con cui programmare e sostenere il rilancio di un comparto, come l’automotive, trascinato in una profonda crisi, non può essere così blando e confuso. La filiera dell’autotrasporto sperava che questo Action Plan contenesse misure finanziarie sul calibro di un recovery plan settoriale su scala europea, al fine di poter contare su un supporto tangibile e quindi capace di assecondare quel processo di decarbonizzazione delle flotte reso obbligatorio dalla stessa UE.

Ne è scaturito tutt’altro. Zero risorse dedicate, zero riferimenti al mix di tecnologie in grado di decarbonizzare il comparto, scarsa attenzione per il settore specifico degli HDV (relegato in un noioso dossier di complemento), liquidato con le solite oziose raccomandazioni agli Stati membri di attuare il Regolamento AFIR sulle infrastrutture di ricarica e alle società autostradali di attuare l’Eurovignette, ossia di non far pagare i pedaggi esclusivamente a quei camion full electric che il mercato ha già ampiamente dimostrato di non avere alcuna intenzione di volere.

Il tutto reso ancora più confuso da un documento pubblicato sempre dalla Commissione UE, in parallelo all’Action Plan, denominato Decarbonise Corporate Fleet, che prefigura misure draconiane per imporre il camion elettrico alle future flotte corporate, incluse – sembrerebbe – quelle delle imprese di autotrasporto.

L’Action Plan Automotive della Commissione UE
appare tutt’altro che un piano d’azione.
Si sta delineando un quadro confuso e incompiuto
che rende sempre più tangibile la difficoltà a individuare una road map concreta
per la politica di supporto agli investimenti delle imprese di autotrasporto

Al di là della confusione lessicale tra il concetto di decarbonizzazione e quello di elettrificazione – non accettabile a un così elevato livello istituzionale – una simile misura, se confermata, potrebbe apparire come una provocazione per l’intero autotrasporto, specie in un quadro di programmazione privo di risorse significative a sostegno del rinnovo delle flotte.

Ma qual è l’impatto per il comparto nazionale autotrasporto e logistica? 

Un quadro europeo che continua a essere confuso e incompiuto rende sempre più tangibile la difficoltà a individuare una road map concreta per una politica di supporto nazionale agli investimenti delle imprese di autotrasporto.

Come già più volte ribadito in questa rubrica, il MIT continua a rinviare un provvedimento di riforma strutturale del Fondo Investimenti Autotrasporto, nonostante vi siano a bilancio del ministero le risorse non spese (diverse centinaia di milioni di euro) nell’ambito del cosiddetto “Fondo Giovannini” stanziato alcuni anni fa, oltre a quasi 59 milioni di risorse non spese per i ristori delle accise carburanti del periodo post-Covid.

I recenti tavoli interassociativi con il ministero non hanno concretizzato ancora la modalità di recupero del taglio del 5% al Fondo Autotrasporto, ridotto nell’ultima Legge di Bilancio da 240 a 228 milioni di euro, passaggio indispensabile per implementare il Decreto Interministeriale con cui liberare almeno i 25 milioni che dovrebbero essere annualmente destinati al Fondo Investimenti, secondo l’attuale configurazione (quello del click-day da 7 secondi netti …).

Nel contempo, in occasione dell’ultimo Tavolo Automotive con tutti gli stakeholder del comparto, il MIMIT ha prefigurato una destinazione d’uso delle risorse dell’ex-Ecobonus per le annualità 2025-27 rivolto essenzialmente al comparto industriale della componentistica, per risorse pari a circa 2,5 miliardi di euro.

In questo ambito, vi è la prospettiva di riservare dai 20 ai 40 milioni di euro al ripristino dell’Ecobonus per i veicoli commerciali N1 e N2 fino a 7,2 ton, ma limitandone l’accesso alla sola tecnologia Full Electric.

Se così fosse – oltre alla assoluta insufficienza dello stanziamento – si tratterebbe dell’ennesima contraddizione delle politiche per la transizione dei trasporti evidenziata da un governo che, da una parte, si dice contraria all’approccio mono-tecnologico dell’UE, dall’altra, vara misure che negano di fatto il principio della neutralità tecnologica.

Vedremo cosa accadrà o cosa non accadrà, saranno comunque tematiche importanti da tornare a trattare e ad approfondire.

close-link