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Grande è bello se pulito

Una società anziana, come quella europea, consuma sempre più farmaci. In Italia se ne producono tanti e molti si esportano, accompagnati da poche aziende sempre più grandi. Anche il trasporto di alimenti, fino a ieri tradizionalmente stabile, ha visto i flussi impazzire, salire e sprofondare da un giorno all'altro sulla spinta di trend accelerati dalla pandemia. E un mercato così imprevedibile è affrontabile soltanto da grandi aziende. Lavorava per una grande azienda anche l'autista di 59 anni che per distribuire merci alla GDO faceva turni di 50 ore alla settimana. Un giorno ha fatto notare e gli hanno risposto mollandogli uno schiaffo. Lui poco dopo ha deciso di farla finita...

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Un parco veicolare vetusto fa la gioia delle officine, perché un mezzo che ha alle spalle tanti anni necessita di più frequenti interventi di riparazione. Una società in cui la fascia di popolazione anziana è preminente fa la gioia delle case farmaceutiche, perché il bisogno di medicinali è direttamente proporzionale alle primavere che ci si lascia alle spalle. Ma più aumenta la domanda di farmaci, più serve una logistica che si metta al suo servizio.

A maggior ragione se il nostro paese scopre nel settore una crescente vocazione produttiva sospinta dall’export. Nel 2013 i farmaci realizzati in Italia generavano 26,9 miliardi e di questi 19,6 prendevano la strada dell’export; nel 2023 la produzione è schizzata a 52 miliardi, grazie ai 49,1 che portiamo oltre frontiera. Tutti prodotti, cioè, che dovendo percorrere tanta strada, hanno bisogno di qualcuno che li accompagni. Compito impegnativo, esposto a rischi, perimetrato dalle regole e sopportabile soltanto da aziende dotate di organizzazione e dimensione. Prova ne sia che in Italia, a supportare quello che sulla nostra bilancia commerciale è il settore con il secondo saldo positivo con l’estero (dopo la meccanica), sono una trentina di società di autotrasporto, in genere solide e gratificate da un’immagine decisamente superiore alla media del settore.

Anche nell’alimentare, l’altro grande settore di trasporto gestito con allestimenti a temperatura controllata, si è giunti a un risultato analogo ma per vie diverse. 

Qui ad accelerare i processi di cambiamento è stata la pandemia, incrementando sia la domanda per i cibi bio e per tutto ciò che appare strumentale al benessere, sia il ricorso agli acquisti on line. In questo modo un settore tradizionalmente statico, tranquillizzato dall’adagio secondo cui «bisogna comunque mangiare», ha scoperto sia una leggera contrazione dei consumi, indotti dall’aumento dei prezzi, sia uno stravolgimento dei flussi, con picchi verticali in alto e in basso non da una stagione all’altra, ma da un giorno all’altro. E siccome nessun piccolo trasportatore può riuscire a gestire tanta instabilità, in quel tappeto aziendale del settore, composto per i 2/3 da un pulviscolo di piccole realtà, sono spuntate e cresciute imprese strutturate, protagoniste anche di un’accelerazione del ricambio veicolare

Lo dicono i numeri: negli ultimi tre anni gli Euro 6 con certificazione ATP sono quasi raddoppiati, passando da 26.459 a 48.941.

Nell’autotrasporto c’è sempre un’altra faccia, meno pulita e luccicante. La persona più titolata a rappresentarla è l’autista di 59 anni, dipendente di un’azienda con filiale a Torino ma con quartier generale altrove, costretto a lavorare 50 ore a settimana per distribuire merci alla grande distribuzione. E quando, all’ennesima assegnazione di un numero spropositato di consegne, ha fatto notare che fossero troppe, dall’altra parte come risposta gli hanno mollato uno schiaffo

Tutto questo è trend, la direzione in cui si muove l’avanguardia del trasporto refrigerato. Ma nell’autotrasporto c’è sempre un’altra faccia, meno pulita e luccicante. La persona più titolata a rappresentarla è l’autista di 59 anni, dipendente di un’azienda con filiale a Torino ma con quartier generale altrove, costretto a lavorare 50 ore a settimana per distribuire merci alla grande distribuzione. E quando, all’ennesima assegnazione di un numero spropositato di consegne, ha fatto notare che fossero troppe, dall’altra parte come risposta gli hanno mollato uno schiaffo. Un’umiliazione resa ancora più insopportabile dalla dimensione pubblica, consumata davanti agli occhi di altri colleghi. Nel cinquantanovenne, già presumibilmente provato dai ritmi stressanti, qualcosa si è rotto. E qualche giorno dopo, malgrado fosse ormai prossimo alla pensione, ha deciso di farla finita. I familiari, che tante volte l’avevano sentito manifestare il proprio malessere per quei turni infiniti e quegli orari insopportabili, hanno denunciato tutto alla procura di Torino. Oggi, dopo un anno e mezzo di indagini, l’amministratore delegato della società e la persona delegata a stabilire i turni lavorativi, sono stati iscritti sul registro degli indagati per omicidio colposo determinato dalla violazione delle norme su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Siamo nelle fasi precedenti al processo ed è quindi impossibile prevedere come terminerà. Intanto però una persona non c’è più. E soltanto il sospetto che all’origine del suicidio ci possa essere una situazione di sfruttamento, obbliga a guardare in controluce i megatrend. Perché ci sarà pure qualcosa di buono in giro, ma perché si consolidi bisogna liberare il terreno da tanto marcio. Di aziende divenute grandi macchiando la propria crescita spremendo forza lavoro sono pieni i tribunali.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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