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EDITORIALE | Il Pannella dell’autotrasporto

Il segretario di Trasportounito, Maurizio Longo, è sicuramente abile nel curare i propri interessi, ma lo fa in un modo che ridicolizza la burocrazia di un intero sistema

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Maurizio Longo è un po’ il Marco Pannella dell’autotrasporto. Perché se il compianto leader radicale è stato maestro nell’evidenziare, a colpi di referendum, battaglie civili, scioperi della fame e provocazioni, le contraddizioni e i ritardi del nostro sistema politico e partitico, il segretario di Trasportounito è quasi geniale nel riuscire a slalomeggiare tra paletti burocratici piantati con normative stentate, finendo così per ridicolizzarne il contenuto. Certo, spesso è animato da interessi di parte, ma il suo saltellare gioioso sortisce comunque contraccolpi di natura collettiva. L’ultima piroetta andata in scena, autentico capolavoro di fantasia e rapidità esecutiva, è stata ideata e realizzata per aggirare quella barriera che Longo si era trovato davanti con l’approvazione del decreto Trasporti, quella cioè che assegna alle Confederazioni il compito di selezionare una sola associazione di categoria con cui avere rappresentanza nel Comitato Centrale dell’Albo. E il buon Maurizio, avendo perso l’ombrello di Confetra, rimasto a copertura di una diversa associazione (Fedit), è andato a bussare alla porta di Confesercenti e, una volta ammesso, è rientrato nell’Albo dalla porta di servizio.

Liquidare questo ondeggiare flessuoso come salvaguardia tenace della poltrona sarebbe riduttivo. Perché il gesto di Longo illumina un’evidenza altrimenti oscura e rende contraddittorie le nuove procedure per accedere all’Albo. Il perché è evidente. La norma in questione, che modifica l’art. 10, comma 1, lettera f) del decreto 284/2005, è mossa dall’intento, peraltro lodevole, di contenere la polverizzata rappresentanza dell’autotrasporto e quindi di ridurre il numero dei componenti del Comitato Centrale. A conti fatti sarebbero dovuti passare da tredici a otto. In realtà, oggi si è già a dieci, visto che, insieme a Trasportounito è apparsa un’altra associazione scelta dalla confederazione delle libere associazioni artigiane, new entry assoluta nelle stanze dell’Albo. Ma domani potrebbero diventare molte di più se soltanto qualche altra associazione, seguendo l’esempio longhiano, andasse a scorrere l’elenco delle Confederazioni presenti nel CNEL e appurasse che è composto da ben 32 sigle. Certo, alcune – come le confederazioni sindacali dei lavoratori – non sembrano adeguate allo scopo, ma c’è da scommettere che tante altre, in cambio di un più o meno cospicuo pacchetto di tessere, potrebbero diventare improvvisamente sensibili ad abbracciare la causa dell’autotrasporto.

Cosa insegna questa vicenda? Innanzi tutto, che la rappresentanza è un terreno scivoloso su cui camminare soltanto alla luce del sole. Il cambio delle procedure, voluto non si sa da chi, è scorso per mesi sottotraccia come un fiume carsico, bloccando le relazioni tra settore e governo in un momento delicato, in cui le risorse pubbliche da stanziare sono più cospicue del solito. Senza considerare che, nella stasi di interlocuzione tra ministero e associazioni, sono affiorate iniziative solitarie, manine sempre più lunghe ed esperte nel trovare il modo di far approvare norme in parte discutibili. Modalità operativa, in parte antitetica alla rappresentanza, in grado di generare varie conflittualità interne al settore.

Infine, rende evidente che, laddove la confederazione ha ragioni preminenti da proteggere, è in grado di mettere in moto un’onda d’urto molto più alta di quella sollevabile dall’autotrasporto. Il fuoco di fila prodotto da Confindustria e dai suoi organi di informazione rispetto alla materia dei trasporti eccezionali lungo l’intero mese di novembre è un esempio lampante in tal senso. Ma d’altra parte che la confederazione, in veste di committente, possa agire con interessi confliggenti rispetto a quelli di un’aderente associazione dell’autotrasporto non lo si scopre certo oggi. Maurizio Longo lo toccò con mano nel celeberrimo fermo precedente al Natale del 2007, da lui stesso proclamato, agitato e poi bruscamente interrotto perché dalla sua confederazione di allora giunse il dictat irremovibile di fare dietrofront. Un vissuto che deve avergli insegnato tanto.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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