Si dice che il tulipano giallo rappresenti gioia, speranza e solarità. Gloria Benazzi, autista, classe 1996, i tulipani li ha tatuati sull’avanbraccio – insieme ad altre sue passioni, tra cui il motore del suo camion d’epoca – e questa descrizione le calza benissimo addosso. Quando la raggiungiamo al telefono ci risponde da un’area di sosta in Olanda dove sta facendo pausa a bordo del suo camion. È felice, e si sente. Solo pochi mesi fa ha realizzato il suo sogno, tra l’altro piuttosto originale: trasportare fiori dall’Olanda, il paese patria dei tulipani. Sì, perché Gloria non voleva semplicemente fare l’autista, voleva unire la sua passione per i fiori con quella per i camion e la sua tenacia l’ha ripagata, anche se per parecchio tempo dubbi e insicurezze l’hanno tenuta lontana dalla cabina. «Spesso sono solo le nostre paure a farci vedere un limite che in realtà non esiste» ci racconta. Ed è proprio dalle sue paure che le chiediamo di iniziare a raccontarci la sua storia.
«Ho sempre avuto paura di partire con il camion, paura di deludere altre persone, paura di fare errori. Mi rendo conto però che in questo modo mi sono imposta da sola dei limiti che oggi ho deciso di affrontare. Sono figlia d’arte, la mia famiglia aveva una ditta di trasporti tramandata da generazioni e fin da piccola ho sempre avuto a che fare con questo mondo. Quando sono cresciuta ho iniziato ad aiutare in azienda, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più logistici e burocratici, ma io volevo guidare. Papà ha però sempre cercato di tenermi lontana, mi sconsigliava di intraprendere questa strada perché sapeva quanti pregiudizi e difficoltà avrei potuto incontrare e per un po’ gli ho dato ascolto. Sei anni fa ho aperto una mia attività come onicotecnica in attesa del momento giusto per riprendere la strada dell’autotrasporto».
Il momento giusto è arrivato qualche mese fa…
Le patenti le avevo già prese a 21 anni con i soldi che avevo messo da parte lavorando. Fare le unghie mi piaceva, disegnare è un’altra grande mia passione e questo lavoro mi consentiva di esprimere la mia arte. Poi la svolta è arrivata grazie al mio ragazzo, Luca, anche lui autista, che mi ha spronato a non lasciar sbiadire il mio sogno di mettermi alla guida. Mi ha sempre detto «se non provi non potrai mai sapere se ti piace davvero o se è solo una bella idea che ti sei creata». Così ho fatto richiesta per lavorare nella sua stessa azienda e mi hanno assunta. Ho iniziato con il camion frigo ma avevamo un sogno: trasportare i fiori in Olanda.
Da cosa nasce questo desiderio?
Papà viaggiava in Olanda e Inghilterra e ricordo che da piccola ci raccontava dei paesaggi meravigliosi che attraversava. Le sue storie mi hanno fatta sognare. Poi il sogno è diventato realtà quando ho iniziato a visitare quei posti e rendermi conto della loro cultura. Viaggiavo da passeggera, ma era normale vedere donne alla guida dei camion. Ai raduni erano tantissime, tutte con camion personalizzati bellissimi. Io volevo essere come loro. Così ho iniziato a covare il desiderio di mettermi alla guida anche io e di viaggiare in quei paesi in cui sapevo che sarei stata capita.
In Italia quindi non ti senti capita?
Credo che in Italia la figura dell’autista sia ancora molto stereotipata. Ci si aspetta una donna, ma anche un uomo, dai tratti rozzi, trasandati. Ma non è vero, io oggi mi vedo donna allo stesso modo di quando lavoravo in un centro estetico. La visione che si ha dei camionisti deve cambiare perché è falsata. Per quanto riguarda la visione della donna, poi, si pensa sempre che ci spettino dei compiti che non possono essere affidati agli uomini, e viceversa. Sicuramente uomini e donne sono diversi, come donna ho dei limiti, ma non penso siano limiti che mi possano ostacolare a fare questo lavoro. Il mio centro estetico era aperto dalle otto del mattino alle nove di sera e c’ero solo io. Non sono forse più ore di quelle che farebbe una qualsiasi autista con un giornaliero? Allora perché il centro estetico come lavoro va bene e l’autista no?
Oggi qual è la tua settimana tipo?
Per i primi mesi ho cercato di portare avanti entrambe le attività. Di giorno lavoravo in negozio e di notte guidavo, ma alla lunga non era sostenibile. C’era sempre il nostro sogno di trasportare fiori e così ci siamo messi alla ricerca di qualche realtà che potesse offrirci questa possibilità. Per puro caso, tramite un amico del mio ragazzo, ci siamo messi in contatto con un trasportatore che cercava una coppia per trasportare proprio fiori dall’Olanda. Abbiamo avuto un colpo di fortuna! Lo so che sembra incredibile, ma è andata veramente così, un segno del destino, e così la scorsa estate abbiamo deciso di rischiare tutto. Io ho chiuso il negozio e il mio ragazzo si è licenziato dalla ditta per la quale lavorava per iniziare la nostra avventura. Partiamo la domenica sera o il lunedì mattina e facciamo due viaggi a settimana tra Olanda, Belgio e Italia.
Come va la convivenza in cabina?
Ammetto che non è semplice, lo spazio già è poco e in più abbiamo con noi anche il nostro cagnolino, un bulldog francese, a tenerci compagnia. Il problema principale è che io spesso sono ancora insicura e quando lui mi fa notare un errore mi innervosisco e si finisce a discutere. Eppure, questo fa sì che si crei una fiducia reciproca massima, perché quando uno guida l’altro dorme e non si può dubitare l’uno dell’altro. Viaggiando abbiamo incontrato molte coppie che lo fanno da anni, quindi è la dimostrazione che il rapporto può solo che rafforzarsi a così stretto contatto.
Hai detto che le tue insicurezze hanno rappresentato un limite per molto tempo. Oggi come le superi?
Penso che questo lavoro mi metterà sempre alla prova. Qualche settimana fa, per esempio, per la prima volta abbiamo dovuto fare un trasporto di carne appesa, una tipologia di trasporto molto particolare e anche molto difficile. Ero terrorizzata, però non avevo alternative, l’ho fatto e basta. È stata una sorta di terapia d’urto che penso mi faccia bene perché ho sempre preferito aggirare gli ostacoli invece che affrontarli e invece adesso ho deciso di prendere di petto le mie paure e affrontare tutte le sfide che mi verranno proposte.
Come hai affrontato invece il parere contrario della tua famiglia?
Papà cercava di tenermi lontana solo per tutelarmi, ma ora so che quando parla con i colleghi è orgoglioso di me. Mia mamma invece è in pensiero, come è normale che sia, però devo dire che è stata proprio a lei a spronarmi a intraprendere questa avventura perché, in fondo, è sempre stata anche la sua passione e amava viaggiare in coppia con mio papà.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Il profumo intenso che si sente quando arrivo al mercato dei fiori in Olanda e i camion customizzati che si vedono girare all’estero. Io amo disegnare e penso che alcuni mezzi siano delle vere e proprie opere d’arte viaggianti. Sto restaurando un camion d’epoca e presto potrò personalizzare anche il nostro camion. Sto preparando i bozzetti delle grafiche.
E cosa ti piace di meno?
Essermi scontrata con la realtà. Anche all’estero non è tutto così perfetto come sembra. Spesso mancano i servizi per le donne e se non ci fosse Luca con me mi sentirei in difficoltà a entrare nei bagni degli uomini. Ormai i camion sono accessoriati con tutto, quello che manca “fuori”, quindi, sono i servizi e i posti sicuri dove potersi fermare a riposare.
Ti sei resa conto di essere un’eccezione per il settore? Donna e giovanissima.
Avvicinare i giovani alla professione di autista oggi è sicuramente più difficile perché se non si nasce figli d’arte, cioè figli di chi già fa questo mestiere, è difficile comprendere o scoprire quanto sia affascinante. Una volta si poteva viaggiare sul camion con i propri papà, ora naturalmente per diverse ragioni non è più possibile però il risultato è che se non si investe su altri fronti nessuno potrà mai avvicinarsi spontaneamente. Anche le donne che fanno questo lavoro o sono figlie d’arte, come me, o sono mogli che viaggiano con il marito – e ne ho conosciute molte – oppure sono sognatrici con il desiderio di viaggiare. Per assurdo in questi mesi mi sono resa conto che forse ci sono più donne che giovani alla guida. Molte cercano di passare inosservate e quindi alla fine sembriamo sempre poche.
Quindi le autiste si nascondono?
Penso che molte lo facciano per sicurezza. Se io viaggiassi da sola avrei paura a esporre il mio essere donna in determinate circostanze. Se mi dovessi fermare di notte in un’area di servizio ed entrare nel bagno degli uomini perché non ci sono bagni per le donne vorrei mi vedesse meno gente possibile. E poi molte donne secondo me ancora non si sono rese conto della potenza dei social network. Ho parlato con diverse colleghe che mi hanno detto di non aver mai pensato di condividere la loro storia, la loro esperienza. Cosa che oggi i social consentono di fare con molta facilità. Possono davvero fare la differenza. Io nel mio piccolo voglio far qualcosa, ecco perché ho iniziato a raccontare le mie avventure tramite i miei profili. Faccio parte anche del gruppo Lady Truck “Buona strada” perché è proprio questo quello che credo serva al settore: più unione, che è quella che fa la forza.