Veicoli - logistica - professione

HomeRubricheAnche io volevo il camionElena Bortolotti, dalla fabbrica al camion: «In cabina ho ritrovato il sorriso»

Elena Bortolotti, dalla fabbrica al camion: «In cabina ho ritrovato il sorriso»

Era il 2018 quando Elena Bortolotti trovava il coraggio di dare una svolta alla sua vita prendendo le patenti del camion, dando fondo ai pochi risparmi messi da parte con sacrificio. Oggi Elena ha raggiunto il suo obiettivo, è un’autista, ma la strada è stata in salita. Dalle aziende che le hanno sbattuto la porta in faccia dicendole «non assumiamo donne», alla gavetta durante il Covid con il fratello autista, senza il cui aiuto quel sogno non si sarebbe realizzato. Elena ci ha raccontato la sua storia e come è cambiata la sua vita

-

«Sono una mamma single di (quasi) 47 anni. Mia figlia ha vent’anni, la mantengo da sola da quando ne aveva sei, ma con tanti sacrifici credo di averla tirata su bene. Per più di 20 anni ho lavorato in fabbrica, ma quando mi sono ritrovata senza lavoro, nel 2014, ho dovuto arrangiarmi facendo un po’ di tutto: ho pulito i bagni, ho raccolto l’uva, ho servito ai tavoli in un ristorante. Facevo anche più lavori per volta per portare a casa i soldi. Nel 2018, con i pochi risparmi rimasti e mia figlia ormai adolescente, ho preso la grande decisione di dare una svolta alla mia e alla sua vita: mi sono iscritta a scuola guida, ho preso le patenti e sono salita in cabina. Oggi sono un’autista e non potrei essere più felice».

Si presenta così Elena Bortolotti, classe 1977 e originaria di Sassuolo, in provincia di Modena. Quando le chiediamo di raccontarci la sua storia Elena ci spiazza: è un fiume in piena, ha voglia di raccontarsi, di raccontare la sua storia di riscatto. Partiamo allora proprio da qui, dal momento in cui ha deciso di dare una svolta alla sua vita.

Come è andata esattamente e perché questa scelta?

La mia è sempre stata una famiglia di autotrasportatori: prima mio nonno Bruno, poi mio padre Erminio e infine mio fratello William hanno scelto questa professione. Da bambina mi è capitato di fare qualche viaggio con mio papà e così è nata anche in me la passione. Avrei voluto farlo anche io, ma quello che all’epoca era mio marito non era d’accordo, così ho fatto tutt’altro. Per vent’anni ho lavorato in una fabbrica di ceramica, ma nel 2014 il datore di lavoro ha dichiarato fallimento e ci ha lasciati tutti senza lavoro e con diversi mesi di stipendio arretrati, così ho dovuto cavarmela. Ho fatto qualunque lavoro mi si proponesse. È stato un periodo decisamente faticoso, sia mentalmente che fisicamente. Nel 2018 ho deciso di investire i pochi soldi che avevo da parte nelle patenti, un po’ per passione, un po’ per necessità.

La ricerca del primo lavoro da autotrasportatrice come è andata?

Non è stato facile trovare lavoro, infatti per un po’ di tempo ho dovuto continuare a lavorare saltuariamente in fabbrica. Mi sono sentita dire chiaramente da alcune aziende «non prendiamo donne».

E come ti sei sentita?

Non era una novità, in molti settori è così. Anche nella fabbrica dove ho lavorato per tanti anni, per esempio, erano titubanti ad assumere donne giovani. In più io non avevo esperienza nell’autotrasporto, ma fortunatamente ho potuto contare su mio fratello. Ho iniziato a fare un po’ di gavetta con lui sul suo bilico. In qualche modo dovevo pur iniziare, no? Facevamo viaggi in multipresenza ed è stata un’esperienza bellissima, anche se il periodo non è era dei migliori perché era quello del Covid. Lui è stato un gran maestro, anche se molto severo. Non potevo neanche riposarmi quando non era il mio turno di guidare perché voleva che rimanessi attenta per imparare il più possibile, però mi ha aiutata tanto. Se ci penso ancora mi emoziono, il supporto di un fratello non ha prezzo.

Elena Bortolotti con i nipoti

Poi alla fine però il lavoro è arrivato…

Sì, ma sempre grazie al suo aiuto. Quando mi sono sentita pronta a partire da sola sono entrata in società con lui, che è socio del Consorzio S. Francesco di Sassuolo. Avrei voluto continuare con il bilico, ma avevano bisogno di una motrice sul locale, così abbiamo optato per una motrice lunga, 7.20 metri di cassone, centinata, 3 assi, sponda idraulica e portata di 160 ql. Un buon compromesso, no?

Cosa trasporti e che tratte fai oggi?

Resto quasi sempre in Emilia-Romagna, la zona di Sassuolo, Modena e Fiorano. Trasporto prevalentemente macchinari, plastica, piastrelle e pellet per i privati.  

Cosa ti piace di più di questo lavoro?

Dopo tanti anni in fabbrica, in mezzo alla gente, oggi non mi dispiace starmene un po’ per i fatti miei in cabina. Però devo dire che questo lavoro mi ha insegnato a comunicare. Per assurdo, quando lavoravo a contatto con altre persone non parlavo mai, non sorridevo. Ho capito che era perché non amavo il mio lavoro. Oggi parlo con tutti, sia con gli altri autisti che con le persone che incontro al carico o allo scarico. Sono cambiata. Sono sempre stata molto chiusa, ma grazie a questo lavoro oggi mi sento una persona diversa, più spigliata.

I disegni che Elena Bortolotti fa durante i tempi di attesa

C’è qualcosa, invece, che cambieresti, che non ti piace?

Un tema critico è sicuramente il tempo che si perde in attesa al carico e allo scarico. Agli inizi mi mandava fuori di testa, mi arrabbiavo per tutta quella perdita di tempo, poi ho imparato ad aver pazienza.

Il segreto?

Passo il tempo a disegnare, mi aiuta a non annoiarmi. È una mia passione, insieme a quella per i tatuaggi, che tra l’altro è nata proprio quando ero bambina durante un viaggio in camion con mio padre. Avevo 5 o forse 6 anni al massimo ed ero con lui all’Isola D’Elba, una zona che serviva spesso. Al porto vidi dei marinai pieni di tatuaggi e mi innamorai di quei disegni così strani. Così gli dissi che ne avrei fatto uno anche io da grande. A 19 anni ho mantenuto la mia promessa.

In definitiva, quindi, meglio la fabbrica o il camion?

Decisamente il camion! Ho aspettato troppo tempo a prendere questa decisione, mi sono fatta influenzare dal giudizio altrui, ma per fortuna non è mai troppo tardi.

Tua figlia come ha preso la tua decisione?

Quando ho preso le patenti lei era già grandicella, per cui è stato tutto più facile. Oggi Giulia, mia figlia, è contenta della mia decisione, perché finalmente mi vede felice, anche se ha già detto che non vuole seguire le mie orme. Il prossimo anno comincerà l’Università e da grande le piacerebbe fare la logopedista. In realtà in famiglia oggi sono tutti felici per me, compresi i miei nipotini, Elide, Emma, Elia e Achille, i figli di mio fratello e di mia sorella. La mia nipotina più grande, che ha 12 anni, mi ha detto che è molto orgogliosa di me.

Ti è rimasto qualche sogno nel cassetto?

Prima o poi riuscirò a dare l’esame per Gestore dell’autotrasporto. Ho già fatto il corso, ma sono stata bocciata. Non è facile per me, ho un problema di dislessia e nella vita ho sempre lavorato, quindi faccio un po’ fatica, ma prima o poi ce la farò, perché mi piacerebbe mettermi in proprio. E poi, beh, se proprio devo dirla tutta, mi piacerebbe trovare qualcuno disposto a fare un viaggio in camper con me. Ad una condizione però: non voglio guidare sempre e solo io, ogni tanto mi deve dare il cambio!

close-link