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HomeRivista 2024399 ott / nov 2024I diversi carichi dietro i freddi numeri

I diversi carichi dietro i freddi numeri

Due auto possono essere uguali. Due camion non lo sono praticamente mai. A maggior ragione se devono essere utilizzati per ospitare uno spazio freddo in cui caricare merci di varia natura e con diversa destinazione. Una premessa che serve a dire che inserire questo mondo variegato nelle rigide caselle statistiche è come cercare un ago in un pagliaio. Ci abbiamo provato…

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Chi muove i primi passi nell’autotrasporto, quasi subito si troverà di fronte qualcuno più esperto che gli rivelerà una verità indiscutibile sulla più significativa differenza con il mondo dell’automobile: non esiste un camion uguale a un altro. Pesi, dimensioni, allestimenti, accessori, dotazioni creano combinazioni praticamente infinite per fornire al trasportatore la risposta più adatta, funzionale, efficace – e a norma di legge – per svolgere la propria attività. È una verità che diventa lampante nel settore del trasporto a temperatura controllata, dove la necessità di consegnare la merce con le caratteristiche originali deve misurarsi con i tempi e le distanze da percorrere, gli sbalzi di temperatura nelle fasi di carico e scarico, il microclima dei magazzini, le vibrazioni del veicolo, la sicurezza degli imballaggi, le consegne finali anche a domicilio: tutte condizioni che, rischiando di alterare la merce trasportata, finiscono per riversarsi sul veicolo, sul conducente, sull’impresa di trasporto e per condizionare tutta la supply chain che accompagna il prodotto dall’uscita dalla fabbrica al consumatore finale. E si tratta di un ventaglio di merci variegato e molteplice – dagli alimentari ai farmaci, dai fiori e piante alle opere d’arte, dai materiali sensibili destinati all’industria aerospaziale alle strumentazioni micrometriche – che richiedono temperature costanti, ma diverse a seconda del tipo di prodotto trasportato: da arance, uva e ciliegie che viaggiano tra 0° e 2° con un’umidità tra il 95% e il 100% a banane, avocado e mango che non amano il freddo e devono essere trasportati a 13-15° e l’85-90% di umidità. Perché si tratta di trasporti esclusivi che possono caricare solo un’unica tipologia di merce per mantenerla alla sua temperatura mirata.

Anche per questa sua complessità il mondo del trasporto a temperatura controllata è difficile da quantificare. Un riferimento è la certificazione ATP, che però è obbligatoria soltanto per i veicoli isotermici adibiti al trasporto di alcuni generi alimentari deperibili (ATP è l’acronimo di Accord Transport Perissable) dal latte e i suoi derivati, come il burro e i formaggi, alle carni fresche e congelate, dai prodotti ittici freschi a tutti gli alimenti congelati e surgelati. Ma non per l’olio e il vino e neppure per i farmaci. Ciononostante, sono molti gli autotrasportatori – anche nel settore del trasporto farmaci per i quali l’ATP non è necessario, ma valgono altri regolamenti – che chiedono per i propri veicoli il certificato ATP che ne attesta i range di temperature interne (anche positive), spesso per garantirsi una certificazione ulteriore che costa poche decine di euro, talvolta per la confusione che l’attuale normativa – complessa e sovrapponibile – genera negli operatori.

Inserire un mondo così variegato, complicato e confuso nell’arida rigidità delle statistiche è come cercare un ago in un pagliaio. Quanti sono i veicoli isotermici circolanti in Italia? Chissà. Il database della Motorizzazione civile, al 17 settembre di quest’anno ne registra 132.158. L’Automobile Club d’Italia, per il 2023, ne conta 156.436, ma non fornisce ulteriori dettagli (Certificati ATP? Trainati? Pesi? Tipo di trasporto?). L’Albo degli autotrasportatori – a fine 2023 – ne indica 153.596 (salendo a 160.793 a fine giugno 2024), ma sono solo veicoli ATP di aziende che effettuano trasporti in conto terzi, mentre l’Osservatorio interdisciplinare trasporto alimenti e farmaci (OITAF), che ha prodotto due anni fa un ampio e accurato studio sul settore elaborando dati della Motorizzazione, di ATP ne conta soltanto 135.847, sommando ai 77.976 veicoli leggeri e ai 40.342 tra medi e pesanti anche 17.529 trainati (15.091 semirimorchi e 2.438 rimorchi) e comprendendo anche il conto proprio. C’è da dire, però, che la cifra è in linea con quella fornita dall’Albo per il 2021, quando registrava 133.051 ATP tra le imprese professionali. C’è sempre questa disomogeneità relativa al conto proprio, ma troppo non si può pretendere in un mondo in cui, come diceva Winston Churchill, «le uniche statistiche in cui possiamo credere sono quelle che abbiamo appena falsificato».

Le imprese e le tipologie di veicoli

Al di là delle battute icastiche del grande statista inglese, l’incertezza del dato generale si riverbera sulle imprese e sulle tipologie dei veicoli, rendendo difficile la comprensione del settore. Anche il numero delle imprese in possesso di veicoli con certificato ATP risente delle stesse rilevazioni parziali o incomplete: il dato generale sembra coincidere. La Motorizzazione – sempre al 19 settembre scorso – ne indica 63.672, OITAF (ma nel 2021) ne riscontra 61.632, l’Albo ne dichiara 62.291 a fine 2022 (63.711 oggi), ma resta il fatto che quest’ultimo dato non comprende il conto proprio. Che è, invece, predominante nel settore, così come i padroncini. 

Il dettaglio della ricerca OITAF relativo alle flotte dotate di ATP, rileva che il 76,5% sono monoveicolari e il 19,6% non supera i cinque veicoli (in totale è il 96,1%), mentre solo lo 0,1% ha più di 50 veicoli, ritraendo un mondo legato evidentemente al trasporto di breve raggio, quasi un navettaggio tra la produzione dei campi e i mercati agricoli (ma lo stesso vale per i prodotti ittici) da smerciare rapidamente, in giornata, che corrisponde al sistema indicato da quelle cifre elevate del numero dei veicoli nel Sud d’Italia. L’Albo non fornisce il dettaglio delle imprese fornite di ATP, ma il confronto delle percentuali di imprese iscritte per numero di veicoli mostra come al di sotto dei 5 mezzi ci sia il 66,5% delle aziende, e che sopra i 50 la percentuale sia del 3%.

Decisamente impossibile, infine, identificare la quantità delle tipologie dei mezzi isotermici in circolazione. È sempre l’ATP a venirci incontro dividendo i veicoli temperatura controllata in isotermico normale (con carrozzeria costituita da pareti isolanti), isotermico refrigerato (con una fonte di freddo), calorifero (con fonte di riscaldamento), coibentato (se l’isolamento è realizzato all’interno). Ma dare una cifra a ciascuna di queste tipologie è aleatorio. L’Aci – all’interno dei suoi 156.436 veicoli isotermici – parla di 17.840 frigoriferi e 17.052 isotermici o coibentati idonei al trasporto alimentare con o senza gruppo refrigerante. L’Unrae stima (a maggio 2024) 47 mila «veicoli frigo». Stop.

Pur con le sue contraddizioni e omissioni, tuttavia, le statistiche mostrano un mondo dinamico, ma tranciato in due mondi separati: quello delle imprese che crescono cercando di migliorare la qualità del servizio e quello di chi resta ancorate al piccolo trasporto locale e giornaliero, quasi di sopravvivenza, ignorando la complessità della catena logistica del freddo e limitandosi al trasporto. Per questo le criticità che questi due mondi si trovano di fronte sono soprattutto due: per il primo tutte quelle fasi che lungo la filiera rischiano di alterare le caratteristiche organolettiche o chimiche del prodotto trasportato; per il secondo la necessità di rinnovare un parco che, secondo stime Unrae, ha mediamente 16,4 anni di vita.

Difficile in tali condizioni far fronte ai «nemici» che le imprese più strutturate tentano di combattere con l’organizzazione logistica e la tecnologia: lo sbalzo di temperatura e le vibrazioni. Dalla fase di caricamento del prodotto (si pensi alla raccolta del vino presso le piccole cantine disseminate nella campagna) a quella di raccolta (con i magazzini che devono avere sezioni isotermiche a diverse temperature), a quella della distribuzione (dove le aperture e le chiusure della cella durante le consegne incidono sulla temperatura interna), fino al nemico più insidioso: l’ultimo miglio. Il momento della consegna – in un negozio o al cliente privato – è certamente quello che richiede il maggiore impegno da parte del trasportatore.

Un fenomeno dilatato dall’esplosione dell’e-commerce di alimenti e medicinali dopo la pandemia. «La fase di consegna delle merci nell’ultimo miglio», ha scritto il presidente del Freight Leaders Council, Massimo Marciani, nello studio dell’OITAF, «rappresenta circa il 70% del costo totale della logistica nel segmento e-commerce e la consegna dei prodotti freschi presso il domicilio dei clienti costituisce pressoché l’unica modalità di consegna, al netto di qualche esperimento pilota di lockers a temperatura controllata».

La risposta a cui guardano con maggiore interesse gli operatori del settore è la digitalizzazione: tenere sotto controllo la temperatura in tutte le fasi del trasporto diventa fondamentale per garantire – e certificare – l’integrità del prodotto. Pianificare le spedizioni, ottimizzare i percorsi, tracciare i viaggi in tempo reale è già possibile. L’intelligenza artificiale potrà prevedere tempestivamente necessità di approvvigionamento e organizzare di conseguenza lo stoccaggio. Nuovi materiali consentiranno di migliorare sempre di più gli imballaggi, in modo da proteggere il prodotto non solo dagli sbalzi di temperatura ma anche da urti, vibrazioni, sobbalzi, dotandoli anche di sensori in grado di garantire un tracciamento costante.

D’altra parte, cosa sono i cassoni isotermici, già esistenti sul mercato in molteplici formati e dimensioni, se non dei mega imballaggi? Validi soprattutto per i trasporti a lunga distanza, la loro modularità li rende facilmente trasportabili da veicoli normali, ma sono anche personalizzabili, ecologici (è più facile agire con energie rinnovabili su un modulo ridotto) e dotati di sensori per il tracciamento. Il futuro è dietro l’angolo, anche per la catena del freddo. Ma quell’angolo bisogna girarlo.

Questo articolo fa parte del numero monografico di ottobre/novembre 2024 di Uomini e Trasporti: uno speciale di 68 pagine interamente dedicato al trasporto a temperatura controllata.

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