Un passettino alla volta, il Pacchetto Mobilità varato due anni fa dall’Unione europea per modernizzare il sistema europeo dei trasporti e – per quanto riguarda più direttamente l’autotrasporto – ridurre i danni provocati dal dumping sociale ed economico, sta entrando in vigore in tutto il territorio comunitario. Dopo le nuove norme sui tempi di guida e di riposo e sull’introduzione dei tachigrafi intelligenti – diventate operative il 20 agosto di due anni fa, senza bisogno di legge di recepimento – il nuovo appuntamento è con le nuove regole sui distacchi, uno degli strumenti più abusati per praticare il dumping sociale, sfruttando manodopera dei Paesi dell’Est europeo ai costi (salariali, fiscali e contributivi) degli Stati di provenienza, ma impiegandoli in quelli dove gli obblighi economici sono più cari, a tutto svantaggio degli autisti dell’Ovest e delle imprese che li fanno lavorare.
Le nuove norme sono fissate dalla Direttiva 1057/20 e prevedono, in buona sostanza, l’applicazione – per tutto il periodo del distacco – delle regole economiche e sociali degli Stati in cui il conducente è distaccato, a prescindere dalle regole sia del suo Paese che di quello dell’impresa che lo impiega, estendendo norme e controlli sui distacchi dei conducenti (finora previsti per il cabotaggio) anche ai trasporti internazionali e al combinato. La presenza, in un’Unione europea sempre più larga, di Paesi con sistemi economici profondamente diversi ha infatti generato situazioni anomale su cui è intervenuta più volte la stessa Corte di Giustizia europea per sanzionare aziende con sedi costituite – per citare alcuni casi – in Ungheria o a Cipro (ma non necessariamente da imprenditori di quei Paesi) con autisti (magari ungheresi o ciprioti) impegnati, a costi dei Paesi di provenienza, in Francia o nei Paesi Bassi.
70 mila distacchi in sei mesi
Un fenomeno cresciuto nel tempo e letteralmente esploso negli ultimi anni. L’Osservatorio Distacco del ministero del Lavoro ha registrato in Italia, negli ultimi cinque anni, 300.316 operazioni di distacco per cabotaggio per 69.166 lavoratori ingaggiati soprattutto da aziende con sede in Lituania, Polonia, Slovacchia, Romania e Slovenia. Ma nei primi sei mesi del 2021 è stata già superata la media annua dell’ultimo quinquennio (60 mila operazioni e 11 mila conducenti) con 71.366 distacchi per 33.819 autisti; operazioni partite per quasi la metà (45,6%) da aziende con sede in Lituania (32.449) e il resto spalmato tra Polonia (17.214), Romania (6.383), Slovacchia (4.685), Slovenia (3.135) e gli altri Paesi dell’Est europeo presenti nell’Unione per un totale di 68.425 operazioni, pari al 96% del totale dei distacchi da tutti i Paesi comunitari. È evidente che il sistema è squilibrato.
La risposta attesa dal Pacchetto Mobilità, che doveva scattare il 2 febbraio 2022, però, non fila liscia come ci si augurava. Il primo problema è che l’Italia deve recepire la Direttiva europea e ancora non lo ha fatto. Per la verità, a metà gennaio soltanto Belgio, Francia e Slovacchia avevano perfezionato la norma, mentre il governo italiano ha introdotto il recepimento in un’apposita legge di delegazione europea, strumento previsto dalla nostra normativa proprio per l’adeguamento in blocco, anno per anno, alle nuove direttive europee. La legge di delegazione dovrebbe essere proposta entro il 28 febbraio di ogni anno, ma quella che comprende il recepimento della Direttiva 1057/20 (insieme ad altre nove Direttive e a 16 Regolamenti) è stata varata dal Consiglio dei ministri soltanto il 24 giugno del 2021, ha ricevuto l’approvazione della Camera il 12 dicembre scorso e attende ancora il sì del Senato. Difficile che la ratifica arrivi in tempi brevi da un Parlamento impegnato, a fine gennaio, nell’elezione del Capo dello Stato.
Una direttiva da recepire
Nel frattempo, però, l’Unione ha varato (a dicembre) il Regolamento che indica le procedure da seguire per controllare la regolarità dei distacchi: le imprese di autotrasporto devono trasmettere alle autorità dello Stato in cui il conducente si trova a lavorare un’apposita dichiarazione, corredata da una serie di documenti, utilizzando – previa registrazione di un account personalizzato – un formulario multilingue e gratuito pubblicato da un’interfaccia pubblica connessa alla piattaforma europea IMI (Informazione del mercato interno). In questo modo le autorità competenti dello Stato ospitante riceveranno in tempo reale la dichiarazione di distacco, potranno fornire in tempi altrettanto rapidi la loro risposta, ma soprattutto potranno verificare la regolarità delle operazioni, soprattutto grazie all’introduzione del cronotachigrafo intelligente che potrà segnalare anche i passaggi di frontiera. In realtà una normativa sui distacchi – sia pure con vincoli meno rigorosi – esisteva dal 1996, ma di fatto non era applicata, proprio per la difficoltà di effettuare controlli efficaci che invece l’impiego delle tecnologie rende possibili.
Perché il meccanismo funzioni, tuttavia, c’è bisogno che gli Stati membri recepiscano la Direttiva. È vero che i Regolamenti comunitari entrano in vigore senza bisogno di essere adottati dai singoli Paesi, ma all’appello non manca solo l’Italia: sono in ritardo anche Germania, Belgio, Spagna. E non basta, Marco Digioia, segretario generale di UETR, l’Unione degli autotrasportatori europei, ha ricordato, a K44 La voce del trasporto, il podcast di Uomini e Trasporti e di Trasporti Europa, che «gli Stati membri dovranno mettere in piedi le strutture per interconnettere tutti i vari sistemi a livello europeo» e nell’esprimere la soddisfazione della sua organizzazione ha ammonito: «Non dobbiamo dormire sugli allori. Siamo molto contenti che la norma c’è, ma adesso deve essere attuata e applicata il prima possibile».
Un regolamento da chiarire
Ma i problemi non sono tutti qui. Molte imprese esprimono dubbi e perplessità proprio sui casi a cui applicare le norme sul distacco. Il nodo è nel fatto che la nuova normativa prevede alcune deroghe per le quali l’operazione di trasporto non è considerata un distacco del conducente.
Tali deroghe – indicate all’art. 3 della Direttiva – riguardano l’autista che effettua operazioni bilaterali (anche come parte di un trasporto combinato) o che transita in uno Stato membro senza effettuare operazioni di carico o scarico delle merci. In pratica, non c’è distacco se si va dal Paese di stabilimento (per esempio l’Italia) in altro Paese non necessariamente comunitario, effettuando una sola operazione di trasporto. Ma qui la norma diventa confusa: il terzo comma dello stesso articolo, infatti, prevede un’esenzione «laddove, in aggiunta a un’operazione di trasporto bilaterale, il conducente effettui una sola attività di carico e/o scarico negli Stati membri o paesi terzi che attraversa, a condizione che il conducente non effettui operazioni di carico e scarico di merci nello stesso Stato membro». Per di più (quarto comma), se nello Stato di stabilimento non è stata effettuata questa attività aggiuntiva e l’operazione è seguita da un altro trasporto bilaterale verso lo Stato di partenza «l’esenzione per le attività aggiuntive si applica fino a un massimo di due attività aggiuntive di carico e/o scarico». Allora, una o due operazioni?
Le linee guida
L’interpretazione più semplice va nel senso di rendere possibile un’operazione di carico/scarico in andata e una al ritorno, mentre se non si fa quella in andata, se ne possono fare due al ritorno, ma oggettivamente il testo della direttiva non è chiaro. Lo stesso Digioia ammette che c’è «tutta una serie di situazioni da chiarire». Ma, aggiunge, «la Commissione europea sta già lavorando – ci sono già delle bozze in circolazione – a delle linee guida, per chiarire una serie di punti ancora in zona grigia. Io ritengo che queste linee guida della Commissione europea aiuteranno molto gli operatori a implementare questa nuova direttiva in maniera efficace».