Sembrava la parente povera, dimenticata al paese. Eppure, per tutti gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso è stata lei a segnare la qualità degli autoveicoli: prima le cinture di sicurezza e i poggiatesta contro il colpo di frusta, diventati obbligatori sui sedili anteriori rispettivamente nel 1988 e nel 1989, poi l’airbag diffusosi – non senza polemiche – negli anni successivi, fino a essere presenti anche nei pannelli laterali e ipotizzati addirittura all’esterno a tutela dei pedoni, fino al 2006 con l’obbligo delle cinture anche per i sedili posteriori. Il tutto accompagnato da un dibattito ad ampio spettro a sostegno di questo o quel marchingegno da introdurre più o meno obbligatoriamente sugli autoveicoli, finendo per alimentare in nome di una sicurezza sempre più avanzata, il ricambio del parco automobilistico.
Poi, il posto della sicurezza è stato preso dalla transizione green. È cominciato alla fine del secolo con la marmitta catalitica e oggi il numero dei convegni sull’impatto ambientale (anche qui con un passaggio: prima agli inquinanti, poi ai climalteranti) dei veicoli è più o meno quello dedicato trent’anni fa alla sicurezza. Che, però, come un fiume carsico ha continuato a muoversi sottoterra, per riemergere in questi ultimi mesi e riproporsi all’attenzione del pubblico con una serie di scadenze che nei prossimi mesi – al più tardi entro l’autunno – incideranno fortemente sui veicoli che verranno messi in circolazione e sulle regole della loro guida.
A LUGLIO I SISTEMI AVANZATI
Il primo appuntamento è per il 7 luglio. Da quel giorno tutti i veicoli di nuova immatricolazione – automobili, furgoni, camion, autobus, pullman – dovranno montare una serie di sistemi avanzati di supporto al conducente per aumentare la sicurezza della circolazione: gli Advanced Driver Assistence System (ADAS). Ci saranno i tanto discussi sensori per l’angolo cieco, il regolatore della velocità davanti a eventuali ostacoli, l’avviso di disattenzione, l’interfaccia per installare l’alcolock (il misuratore del tasso alcolemico). Altri sistemi elettronici arriveranno in due fasi successive – nel 2026 e nel 2029 – e porteranno a bordo la scatola nera e (solo nei veicoli pesanti) le telecamere per la visione diretta.
Sono passi sempre più veloci verso la guida autonoma a cui i tecnici affidano sempre più la questione della sicurezza dei veicoli, al punto che l’Unione europea ha imposto gli ADAS con l’obiettivo di azzerare le vittime e i feriti gravi per incidente stradale entro il 2050. Traguardo indicato dallo stesso nome del programma europeo: Vision Zero. Ma già sorgono i problemi. Non solo i veicoli costeranno di più (ancora!), ma gli ADAS sono composti da quelle materie prime e da quei semiconduttori il cui approvvigionamento è difficile per le tensioni nel Far East e lungo la rotta di Suez. C’è il rischio, perciò, che i sistemi obbligatori non siano disponibili alla scadenza prevista. Poi c’è il problema dell’applicazione. I Comuni – Milano docet – premono per l’introduzione dei sensori per l’angolo cieco, punto dolente del traffico dei camion in città. Il Regolamento europeo li accontenta per le nuove immatricolazioni. Ma il già immatricolato? Occorrono omologazioni e regole – chiedono le associazioni dell’autotrasporto – per evitare che ogni Comune faccia di testa propria. Quale occasione migliore del nuovo Codice della strada, attualmente all’esame del Parlamento, per introdurre queste regole?
PRESTO ANCHE IL NUOVO CODICE
Perché il secondo capitolo di questa estate della sicurezza passa per il Parlamento. Per il Senato, in particolare, dov’è approdata dopo l’approvazione della Camera, la riforma del Codice della strada, che prevede una stretta sulla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe e tante altre novità che toccano anche l’autotrasporto. Che si è fatto già sentire, tramite le associazioni di rappresentanza, FAI in testa, per ottenere di rendere omogenee le regole per i sensori per gli angoli ciechi.
Ma il settore non è stato ascoltato. Il governo sembra intenzionato a stringere i tempi e a far approvare la legge delega a palazzo Madama senza apportare modifiche al testo arrivato da Montecitorio. Il che, com’era prevedibile, non ha fatto piacere alle associazioni del settore che mugugnano a denti stretti anche per un altro paio di questioni: la sospensione «breve» della patente che, poiché colpisce chi ha già meno di 20 punti sulla patente (una settima di sospensione tra 10 e 19 punti; 15 giorni per chi ne ha meno, rischia di essere applicata in continuazione – e quindi di sospendere l’attività lavorativa – a una categoria che circola molto di più degli automobilisti ed è quindi maggiormente esposta a rischi di infrazione. Oppure, l’introduzione dell’alcolock che diventa obbligatorio per chi è stato già condannato per superamento dei limiti di alcool nel sangue e dunque – obietta la FAI – da una parte non ha senso per una categoria per cui già vige l’obbligo del «tasso zero» e dall’altra obbligherebbe a montare il dispositivo anche sui veicoli già in circolazione, ipotesi della quale bisogna verificare la fattibilità.
INFRASTRUTTURE DA RIGENERARE
Ma la parola «sicurezza» risuona sempre più spesso anche nel settore infrastrutturale. Dopo la tragedia del Ponte Morandi, avvenuta il 14 agosto 2018, la manutenzione è diventata la principale preoccupazione dei gestori – pubblici e privati – della rete viaria: l’ANAS ha speso 4 miliardi di euro nel triennio 2021- 2023 e altri 5 ne ha stanziati nel contratto di programma 2021-2025, appena approvato. E potrà gestire altri 275,5 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per il monitoraggio delle infrastrutture, con tecnologie all’avanguardia e intelligenza artificiale, che proprio entro quest’anno consentirà il controllo di altre 150 opere che si aggiungerà alle 63 già messe a verifica.
Anche sul versante autostrade il lavoro di monitoraggio ferve, con tutto quel che ne consegue. Autostrade per l’Italia, attraverso la controllata Tecne, sta verificando quali viadotti possono essere rigenerati e quali vanno abbattuti e ricostruiti. È quella che il presidente di Tecne, Ennio Cascetta, definisce l’«ingegneria della rigenerazione». Anche in questo caso la tecnologia aiuta: la piattaforma Argo, di un’altra controllata di Aspi – la Movyon – tiene sotto monitoraggio, con sensori e algoritmi, 2 mila ponti e viadotti sulla rete autostradale, ma è impiegata anche sulla viabilità ordinaria. Il contraltare di tutto questo fervore d’opere è una rete disseminata di cantieri: più di 3 mila tra ANAS e ASPI che, spesso, restano aperti anche durante i grandi esodi o perché non possono essere spostati o perché occorre fare in fretta. Proprio per questo nella mission di Tecne c’è anche quella di individuare soluzioni per rendere gli interventi il meno invasivi possibile. Tra non molto tempo vedremo se ci sarà riuscita.
Questo articolo fa parte del numero di giugno/luglio 2024 di Uomini e Trasporti: uno speciale monografico di 68 pagine interamente dedicato al tema della sicurezza.
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