«Semi, piante, piante da frutto, fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, potranno essere prodotti, trasportati, commercializzati. E i negozi per la vendita resteranno aperti. Dovunque. Non solo nella Grande distribuzione». È quanto ha chiarito la ministra Teresa Bellanova subito dopo che nella faq pubblicata sul sito della presidenza del Consiglio le attività florovivaistiche sono entrate tra quelle consentite ai sensi del Dpcm, articolo 1, comma 1, lettera f, del 22 marzo scorso. La stessa ministra ha ricordato che si tratta di un settore da 100mila addetti in 27mila aziende per oltre 2.5miliardi di euro di fatturato oltre l’indotto, nel quale va incluso appunto anche il trasporto. Il problema della mancata inclusione di questo settore tra le attività consentite rischiava di mandare al macero tonnellate e tonnellate di piante e prodotti che giungono a maturazione proprio in questo frangente. Il grosso degli affari del settore, infatti, si concentra tra marzo e maggio.
Dopo l’inserimento della vendita di semi, piante e fiori tra le attività consentite, Coldiretti ha ribadito che «l’art. 1, comma 1, lettera f), del Dpcm del 22 marzo 2020 ammette espressamente l’attività di produzione, trasporto e commercializzazione di ‘prodotti agricoli‘, consentendo quindi la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti etc». Inoltre, nel testo «tale attività rientra fra quelle produttive e commerciali specificamente comprese nell’allegato dello stesso Dpcm ‘coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali’, con codice Ateco 0.1., per le quali è ammessa sia la produzione sia la commercializzazione. Deve conseguentemente considerarsi ammessa l’apertura dei punti di vendita di tali prodotti», seppure rispettando le norme attualmente in vigore per frenare il contagio.
Tutto bene, quindi? Fino a un certo punto. «Il problema di una parte considerevole delle aziende di autotrasporto – ci chiarisce Filomena Mezzomo, titolare della Ideal Trasporti e Logistica di Fondi – è di non rifornire il mercato nazionale, ma quelli esteri, anche perché circa il 50% della produzione del settore va oltre frontiera. E siccome in questo momento molti dei paesi di destinazione pongono limiti all’ingresso o hanno chiuso direttamente le attività legate al settore, direi che la parte relativa all’export è praticamente cancellata».
Senza considerare che, anche in Italia, per molti dei possibili trasporti di piante e fiori il problema è il bilanciamento. «Nel nostro caso partiamo dal Lazio per consegnare in regioni del Nord e nelle scorse settimane soltanto in pochissimi casi siamo riusciti a trovare un viaggio di ritorno, un po’ perché molti settori economici a cui ci si rivolgeva sono stati interrotti per legge, un po’ perché in molti hanno contratto l’attività in conseguenza del difficile momento».
Ecco perché una volta di più il problema, anche in questo segmento di trasporto, diventa quello di riuscire a conservare un minimo di liquidità, posticipando quei pagamenti per i quali il decreto Cura Italia ha concesso una proroga o trovando piccole economie interne. «Il problema – conclude Mezzomo – è che anche rispetto alle proroghe sembra assodato il principio, ma le modalità concrete per poterne beneficiare non sono molto chiare. E anche le stesse società finanziarie che abbiamo interpellato non ci hanno fornito per ora risposte definitive».
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