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Verbale di pubblico ufficiale: fa fede fino a querela di falso

Il Tribunale di Bergamo ha ribadito il principio per cui le dichiarazioni ricevute alla presenza del pubblico ufficiale – tra cui i verbali di multa di agenti di polizia locale – sono assistite da “fede privilegiata”, ovvero non si possono contestare se non querelando il PU per falso

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L’argomento di cui ci occupiamo in questo articolo è la fede privilegiata. Ce ne dà occasione una sentenza del Tribunale di Bergamo (la n. 317/2024, pubblicata il 9 febbraio scorso), segnalataci dallo studio legale Di Santo & Cagliani del Foro di Lecco, che ringraziamo per il suggerimento.
Ricordiamo innazitutto che la fede privilegiata è quella caratteristica per cui, in presenza di un documento redatto da un pubblico ufficiale, il giudice non può fare altro che credere alla sua veridicità, a meno che contro di esso non venga attivata una particolare procedura che prende il nome di “querela di falso”, volta appunto a sconfessare il documento stesso.

IL FATTO

Partiamo dalla sentenza n. 698/2022 del Giudice di pace di Bergamo che, adito da un’azienda di trasporti locale, aveva annullato ben 23 verbali di accertamento per superamento dei limiti di velocità (art. 142, comma 11 CdS) e mancato corretto utilizzo del selettore di attività del cronotachigrafo (art.174 CdS e Regolamenti UE vari). I verbali erano stati comminati dalla Polizia locale di Treviolo (BG), all’interno delle operazioni di fermo a campione operato in controlli esterni per la sicurezza della circolazione stradale.
In seguito, il Comune – assente in primo grado – aveva fatto ricorso contro la sentenza al Tribunale di Bergamo, sezione IV Civile, eccependone l’inammissibilità ai sensi dell’art. 204 bis CdS. Secondo l’Ente, infatti, gli autisti dei camion coinvolti avevano provveduto immediatamente a pagare le sanzioni in misura ridotta, confermando così l’acquiescenza alle multe stesse, fattispecie invece esclusa dalla sentenza di primo grado. Per questo motivo il Comune chiedeva la convalida dei verbali di accertamento.
Di contro l’azienda, costituitasi in giudizio, aveva fatto rilevare che i camionisti, parlando male la lingua italiana, avevano pagato la somma solo per riottenere la disponibilità del proprio mezzo che era stato posto in stato di fermo amministrativo. Gli agenti avrebbero quindi interpretato unilateralmente il versamento della somma come pagamento in misura ridotta anziché come cauzione e questo si evincerebbe dal fatto che il verbale era stato in un primo tempo compilato e sottoscritto in colore blu, mentre la dicitura “pagamento in misura ridotta” era stata scritta in seguito con un tratto di colore nero. L’azienda chiedeva dunque la conferma della sentenza di primo grado.

LA DECISIONE

La giudice del Tribunale, Laura Brambilla, dava però ragione al Comune, argomentando come segue.
In primo luogo – dice il Tribunale – ha ragione il Comune quando ritiene inammissibile il ricorso per intervenuto pagamento delle sanzioni in misura ridotta. I trasgressori hanno infatti messo una croce sulla casella “pagamento in misura ridotta” in luogo di “versamento a titolo di cauzione” e pagato agli agenti quasi 4.000 euro, beneficiando della riduzione della sanzione del 30%. Quindi non possono proporre opposizione avanti all’autorità giudiziaria ordinaria contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di pace. Del resto, il verbale di accertamento contiene l’espressa indicazione che il versamento è stato effettuato in misura ridotta.
Ma veniamo al nocciolo della sentenza e cioè, come premesso, alla fede privilegiata.
Si potrebbe pensare che gli agenti di polizia abbiano “ritoccato” in un secondo tempo il verbale, anche solo per dimenticanza e in buona fede. L’azienda di trasporto contesta, infatti, richiamandosi alla scarsa conoscenza della lingua italiana dei conducenti, il riempimento contestuale da parte degli agenti accertatori della casella relativa al “pagamento in misura ridotta”, affermando che sarebbe avvenuto in un momento successivo rispetto alla redazione del verbale, contrariamente alla dichiarata volontà degli autisti di proporre ricorso giurisdizionale.
Ma qui la giudice fa riferimento alla giurisprudenza consolidata (Cassazione 23800/2014). Per questa il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati dal pubblico ufficiale, avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti. Inoltre, hanno anche valore legale la provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e le dichiarazioni delle parti attestate, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante né a fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone ovvero a fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche. Sottolineiamo che si tratta di un principio contenuto già nel Codice Civile, art. 2700.
In altri termini, le dichiarazioni ricevute alla presenza del pubblico ufficiale sono assistite da fede privilegiata. Per contestarle è necessario che la parte appellata – l’azienda – quereli gli agenti per falso; ma in assenza della querela il Tribunale non può decidere sul contenuto “fidefaciente” (cioè che fa fede) del verbale di accertamento relativo alle dichiarazioni delle parti, così come raccolte dal pubblico ufficiale.

LE CONSEGUENZE

La magistrata provvedeva, pertanto, a convalidare integralmente i verbali di accertamento emessi dagli agenti della Polizia locale di Treviolo, revocando la sentenza del Giudice di pace di Bergamo e restituendo al Comune le somme ridate all’azienda, senza peraltro risarcire le spese di primo grado al Comune (in quanto in quel giudizio contumace). Le spese di lite in appello dovranno invece essere rimborsate al Comune dalla parte soccombente.

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