La madre di tutti i problemi creati dalla crisi? L’accesso al credito, si sa. Sono almeno 3-4 anni, infatti, che le banche hanno letteralmente chiuso i rubinetti del credito, spesso in modo indiscriminato. E non a caso i governi che si sono succeduti hanno cercato di tendere una mano alle imprese, cercando modalità diverse. Per le piccole e medie imprese, già dal 2009, esiste un fondo specifico di garanzia, articolato anche in una sezione dedicata all’autotrasporto, che serve essenzialmente a uno scopo: consentire alle imprese di ottenere finanziamenti senza dover ricorrere, per la parte coperta dal Fondo pubblico, a garanzie aggiuntive come per esempio le fidejussioni. Certo, ci sono dei «paletti», ma non sono particolarmente gravosi. A maggior ragione se si considera che la garanzia del Fondo può arrivare a coprire fino all’80% del finanziamento.
Tutto questo almeno a parole. Poi all’atto pratico non sembra che le cose funzionino per il verso giusto. Lo dicono in tanti, almeno nelle chiacchiere da bar. Il presidente di Fai-Conftrasporto Paolo Uggè, invece, ha voluto prendere il toro per le corna e, approfittando dello spazio sul Giornale del 5 settembre, ha spiegato chiaramente come stanno le cose: «molti istituti bancari contattati (dalle aziende, ndr) hanno detto di non sapere nulla, invitando gli interessati a rivolgersi ai consorzi Confidi, con la prospettiva di finanziamenti limitati e vincolati alla messa a disposizione di garanzie aggiuntive». Insomma, esattamente il contrario dell’obiettivo che si intendeva raggiungere. Il tutto peraltro – spiega sempre Uggè – fatto in maniera quasi sfacciata, nascondendosi dietro una semplice scusa: «non siamo a conoscenza di quanto deciso dal Parlamento». Come se l’ignoranza della legge in questo caso servisse a scusare la sua mancata applicazione.