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Scattano in Germania gli aumenti delle autostrade basati sulle emissioni di CO2

Berlino ha deciso aumenti di 200 euro per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa dai veicoli commerciali sopra le 3,5 tonnellate, secondo una tabella che penalizza anche gli Euro 6 meno recenti. Per l’autotrasporto italiano l’ennesima batosta che si aggiunge alle difficoltò di transito con la Francia e alle limitazioni di Vienna (che si accinge a seguire l’esempio tedesco)

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Beati i tempi in cui le autostrade tedesche erano gratis per tutti. A chi chiedeva, incuriosito, la ragione di quello che appariva un privilegio, gli amici meglio informati rispondevano che, in realtà, il pedaggio era all’interno delle accise sui carburanti e, dunque, lo pagavano soprattutto gli automobilisti tedeschi. I quali devono essersi stufati, perché dal 2005 le autostrade della Germania – lunghe, in totale, 52 mila chilometri – hanno cominciato a chiedere il pedaggio ai veicoli commerciali pesanti. All’inizio solo a quelli con oltre 12 tonnellate di portata, poi anche a quelli sopra le 7,5 e ora – dal 1° dicembre – è scattato un programma di aumenti legati, oltre che al peso, ai livelli di emissioni.

In sintesi, oltre al pedaggio normale, bisognerà pagare un supplemento di 200 euro per tonnellata di CO2, ma non sono esclusi costi supplementari. Dal 31 dicembre inoltre terminerà l’esenzione dal pedaggio per i camion a LNG. Per di più (ma per ora sono solo bozze) dal 1° luglio 2024 il pedaggio (quello «normale») sarà esteso ai veicoli commerciali con più di 3,5 tonnellate di portata (con una deroga, forse, per le imprese artigiane, ma si presume tedesche). Infine, ci sarà un’esenzione: per i veicoli merci pesanti niente pedaggio se sono a zero emissioni. Peccato che in Italia ne circolino (a fine 2022) soltanto 36. Ma non c’è da preoccuparsi, se dovessero aumentare, perché dal 2026 anche questi dovranno versare il 25% del pedaggio per ripagare i costi delle infrastrutture: dal pacchetto di misure il governo di Berlino conta di incassare più di 30 miliardi di euro tra il 2024 e il 2027 per finanziare soprattutto ferrovie e vie navigabili.
La decisione, tuttavia, ha già sollevato un’alzata di scudi dei 70 mila autotrasportatori tedeschi che con i loro 800 mila mezzi movimentano l’85% delle merci sulle strade tedesche. Particolarmente infuriata l’industria della gestione dei rifiuti che con una lettera al Bundestag ha chiesto di sospendere le nuove misure per tre anni, minacciando di trasferire i maggiori oneri sulle tariffe rivolte ai clienti. Polemiche anche in Polonia, dove il portavoce delle imprese di trasporto e logistica, Piotr Magdziak, si è detto «sotto choc», aggiungendo che l’aumento dei costi potrebbe superare l’80%, con una tariffa al chilometro monstre di 35,4 centesimi, dal momento che la maggiore spesa prevista sarà di 4 milioni di euro.

Ma chi sta peggio di tutti sono gli autotrasportatori italiani. Anche l’Austria, infatti, a partire dal 1° gennaio 2024, aumenterà i già elevati pedaggi, basandoli sulle emissioni di CO2. Il risultato è quello che il presidente della Commissione intergovernativa italo-francese per la TAV, Paolo Foietta, ha definito «una tempesta perfetta». Mentre sul versante ovest la frana sul Fréjus e i lavori al Monte Bianco, tra aperture a singhiozzo, cantieri aperti e transiti notturni, stanno intasando le tratte stradali ancora percorribili, sulla direttrice del Brennero, alle limitazioni giornaliere, settoriali e notturne imposte dall’Austria, si aggiungono ora ulteriori gravosissimi costi.
In soldoni, l’attuale pedaggio («normale») di 19 centesimi al chilometro schizzerà a circa 34, quindi, un camion Euro 6 per percorrere una media annua 108 mila chilometri, non pagherà più 20.500 euro, ma oltre 36 mila. Anche perché la maggior parte dei veicoli in circolazione rientra nella classe 1, quella più costosa, che comprende tutte le categorie Euro, compresa la Euro 6, se immatricolati prima del luglio 2019. Basta registrarsi al sito di Toll Collect per verificare a quale classe appartengono i propri veicoli e calcolare l’aggravio.
Ma quello di fare cassa con i pedaggi sembra essere una malattia contagiosa. Anche alcuni lander tedeschi si stanno accodando: il Baden-Württemberg e la Baviera – le due regioni meridionali della Germania – stanno ragionando sull’ipotesi di mettere a pedaggio alcune tratte stradali di grande percorrenza.

Come se non bastasse tutto questo si aggiunge a quanto accade in Austria: già dall’inizio del 2023 l’incremento dei pedaggi è stato del 2,8%, ma per gli Euro 6 è salito al 4%, con supplementi per i transiti notturni. Adesso se ne annunciano di ulteriori sul modello tedesco. Per ora la proposta del ministro dell’Ambiente di Vienna, la verde Leonore Gewessler, ha superato la Commissione Trasporti del Parlamento austriaco, indifferente alle pressioni dell’Italia su Bruxelles e di Bruxelles su Vienna per facilitare il transito dei camion italiani. È uno schiaffo alla richiesta italiana di deferimento all’Alta Corte di Giustizia europea per violazione dei principi comunitari della libera circolazione di persone e merci. E un controsenso rispetto alla pretesa austriaca di volere in questo modo tutelare l’ambiente: «La tutela ambientale», ha risposto il presidente di FAI, Paolo Uggè, «è un pretesto: i divieti colpiscono 900mila tir di ultima generazione (gli Euro 6), in assoluto i meno inquinanti».
Ma agli autotrasportatori non resta che pagare. Oppure fare quello che un vettore marchigiano si è sentito dire dal proprio committente, al quale aveva chiesto di aumentare la tariffa per via del maggior costo dei pedaggi in Germania: «Fai un’altra strada». Come dire: «Arrangiati, io non ti do un euro di più».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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