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La Germania ripristina controlli alle frontiere: quanto tempo e quanti soldi costerà la misura

Da questa settimana Berlino ha riattivato controlli alle frontiere con cinque paesi, che si aggiungono a quelli su altri quattro confini già in vigore dallo scorso ottobre. Seppure il governo si sia affrettato a puntualizzare che la misura serve a frenare l’immigrazione irregolare e non a rallentare l’economia (già peraltro in difficoltà), lunedì si sono registrate diverse code

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Da questa settimana la Germania ha ripristinato i controlli alle frontiere con cinque paesi confinanti: Lussemburgo, Paesi Bassi, Belgio, Danimarca e Francia. La misura, che peraltro si aggiunge a un’altra già in vigore dall’ottobre 2023 ai confini con Polonia, Repubblica Ceca, Austria e Svizzera, è stata adottata per sei mesi, nel corso dei quali la polizia tedesca effettuerà ispezioni ai veicoli in transito ai confini. La cosa ha destato non poche preoccupazioni nel mondo dell’autotrasporto di mezza Europa, soprattutto perché si teme che in ogni caso la presenza maggiorata di forze di polizia nei posti di confine finisca per allungare i tempi di attraversamento. Anche se fonti del governo di Berlino minimizzano, puntualizzando che il controllo servirà essenzialmente a osservare con maggiore attenzione i valichi di frontiera, ma non contemplerà un fermo di tutti i veicoli.

Alle origini dei timori

Il timore è che si possa ripetere l’esperienza pandemica, quando i rallentamenti furono considerevoli, anche perché era prevista la presentazione di diversi documenti. Cosa che oggi non è contemplata. In ogni caso per una tipologia di lavoro che è spesso legata a slot temporali di carico, anche fare i conti con tempistiche allungate suscita non poche perplessità. Anche perché il tempo perduto finisce inevitabilmente per trasformarsi in maggiori costi.

Un’eccezione allo spazio Schengen

In più, anche a livello politico c’è un fastidioso precedente. Nel senso che i controlli vengono riferiti a una zona di confine, segnata da frontiere che all’interno dello spazio Schengen dovrebbero essere rimosse. A consentire uno strappo rispetto alla regola è una norma, introdotta lo scorso 24 maggio, in cui si prevede la possibilità di reintrodurre i controlli frontalieri interni a Schengen, seppure per un tempo limitato e dietro esplicita richiesta avanzata a Bruxelles. Insomma, parliamo di misure eccezionali, introdotte da un paese – la Germania – in evidente difficoltà economiche e segnata a livello politico anche dal deciso avanzamento dell’estrema destra in alcune Lander e che quindi è alla ricerca di azioni in grado di trasmettere un qualche dinamismo ai cittadini, soprattutto rispetto alle politiche migratorie. Tant’è che anche oggi, per giustificare come i controlli mobili già in vigore, si sottolinea come le verifiche introdotte da circa un anno sul confine austriaco abbiano consentito di individuare 52 mila ingressi non autorizzati e di gestire circa 30.000 espulsioni. Ma si guarda bene dal condizionare negativamente altri fronti: «Il governo – ha spiegato la ministra dell’Interno tedesca Nancy Faeser – «intende ridurre l’immigrazione clandestina, arrestare contrabbandieri e terroristi islamici, ma vuole anche garantire che i lavoratori frontalieri, il commercio e l’economia siano “il meno possibile” colpiti dai controlli».

Com’è andata il primo giorno di controlli

Il primo giorno di controlli le cose non sono andate esattamente come il governo prospettava. Sul ponte sul fiume Oder che collega la città polacca di Slubice a Francoforte, per esempio, si sono create lunghe code di camion soprattutto carichi di container, almeno in direzione Polonia-Germania, mentre il traffico appariva più fluido in senso opposto. Cosa che ha fatto alzare la voce a molte associazioni dell’autotrasporto, che sostengono come la congestione del traffico possa avere un impatto diretto sui rapporti economici tra i due Paesi e ridurre gli scambi commerciali del 10-20 per cento. Scambi che, nel 70 per cento dei casi sono affidati a camion.

Anche in Olanda, l’associazione degli spedizionieri Evofenedex ha fatto presente che i ritardi, seppure lievi, potrebbero sortire conseguenze maggiormente dannose su alcuni beni, come per esempio i fiori (soggetti a più alta deperibilità) di cui i Paesi Bassi sono grandi esportatori. Ma più in generale l’associazione ha sottolineato come, rispetto a un’esportazione complessiva tra Olanda e Germania stimata in 165 miliardi di valore all’anno, si potrebbero produrre danni per decine di milioni soltanto dalla creazione di qualche ritardo. Ciò detto Evofenedex condivide la preoccupazione del governo, visti anche alcuni episodi terroristici che hanno impattato direttamente sul mondo dei trasporti. A luglio, per esempio, un pacco movimentato da DHL ha preso fuoco a Lipsia e l’Ufficio federale tedesco per la protezione hanno allertato le società di trasporto sul pericolo che possano essere spediti pacchi esplosivi allo scopo di minare le attività logistiche.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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