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Tempi di attesa: Nerli chiede un accordo quadro; Marcucci un blocco del decreto 69

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«Bisogna definire congiuntamente una cornice omogenea, un accordo di programma quadro che consenta in ogni porto, salvaguardando le specificità locali (analogamente a quanto fatto a Genova), di individuare un percorso e impegni reciproci tra autotrasportatori e committenza finalizzato all’attuazione di quella norma». È l’opinione di Francesco Nerli (nella foto a destra), presidente di Assoporti, espressa il 14 giugno scorso intervenendo all’Assemblea dell’Anita. Nerli fa riferimento alle modalità di attuazione della norma riguardante i tempi di carico e scarico. Norma in buona parte applicata dai colossi della Grande Distribuzione tramite il sistema degli slot, ma che trova mille difficoltà nei porti, per i quali vale comunque la regola del decreto dirigenziale 69/2011, collegato alla legge 127/2010 sull’autotrasporto: per ogni ora di attesa oltre le due sul carico e lo scarico delle merci dai camion, il committente deve pagare al trasportatore un risarcimento di 40 euro. Esiste però una sorta di deroga all’applicazione, nel senso che per ciascun scalo dovranno essere sottoscritti specifici Accordi di programma che regolino la questione. Il problema è che, in questo caso, sono coinvolti una miriade di attori (autorità portuali, dogane, committenti, vettori, terminalisti, imprese di logistica ecc.), ciascuno dei quali può in qualche modo portare la sua «dose» di ritardo. Insomma, ci sono molti elementi esterni che interferiscono sui tempi di carico e scarico, come le dogane e gli altri enti preposti alle verifiche.

Per questo molti dei protagonisti ritengono oggi inattuabile il decreto 69, stante appunto la situazione caotica dei porti italiani.

Il porto Genova, come ha ricordato Nerli, ha raggiunto un primo Accordo di programma, che ha coinvolto Autorità portuale, committenza e associazioni degli autotrasportatori: «Un’intesa – ha commentato il sottosegretario alle Infrastrutture, Bartolomeo Giachino – che sarà sicuramente utile per il confronto che stiamo portando avanti al tavolo sui tempi di carico e scarico».

«Ma bisognerebbe anche ricordare – commenta al riguardo Nereo Paolo Marcucci (nella foto a sinistra), presidente di Assologistica – che a Genova ci sono voluti quattro anni perché le parti si mettessero d’accordo. Per trovare una soluzione anche in altri scali serve quindi molto più tempo».

Sulla questione dei tempi di attesa nei terminal portuali Assologistica, l’associazione che raggruppa buona parte dei terminalisti portuali e delle imprese della supply chain, ha da tempo preso posizione rigida, minacciando addirittura di abbandonare il tavolo governativo e impugnare tutti i provvedimenti legislativi in materia.

Ma negli ultimi tempi ci sono state aperture: «Giachino si è impegnato a produrre un documento in cui recepire alcune nostre richieste – spiega Marcucci – Siamo disponibili a sottoscrivere un protocollo che definisca le linee guida per ridurre i tempi di attesa, che ogni porto dovrà, poi, adottare e adattare sulla base delle proprie esigenze. Il clima è decisamente positivo e ci stiamo sforzando di trovare una soluzione. E voglio anche complimentarmi con il Sottosegretario per la tenacia con cui persegue un’intesa».

Ciò detto, Assologistica non fa alcun passo indietro: «Il decreto 69, cogente e immediato, per molti di noi è inapplicabile – sottolinea Marcucci – nel senso che prima bisogna mettere ordine al sistema e poi si potrà parlare di indennizzi e di rivalse, altrimenti diventa un Far West. Una condizione ineludibile è che il protocollo sospenda gli effetti di immediatezza applicativa del decreto. In altri termini, si può ragionare porto per porto con il comune obiettivo di ottimizzare gli impianti e i tempi degli autotrasportatori; ma bisogna essere consapevoli che per mettere in comunicazione vettori, caricatori e committente ci potrebbero volere anni».

L’idea di Marcucci è quella di mettere in piedi un sistema di comunicazione telematica tra caricatore, vettore e committente che garantisca il cadenzamento dei flussi di camion nei porti: «Occorre reciprocità e responsabilità – precisa – Un terminalista portuale non può stare aperto 24 ore su 24 per vedersi i camion piombare tutti insieme la mattina, all’ora di pranzo o a cena. I camion devono organizzarsi per saturare gli impianti nell’arco di 18-24 ore, comunicando costantemente per via informatica, altrimenti si generano costi inutili».

Sulla responsabilità Assologistica è disponibile a rimborsare solo i disservizi a lei stessa attribuibili: «Non possiamo essere solo noi a pagare i colli di bottiglia nei porti». Le condizioni per un assenso dell’Associazione rimangono quindi il cadenzamento e la sospensione degli effetti del decreto dirigenziale, fino a che non si siano trovate soluzioni adeguate porto per porto.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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