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Le società di food delivery impugnano il ricorso per evitare la regolarizzazione di 60 mila rider

Si profila battaglia legale nel mondo delle consegne a domicilio di cibo. Dopo che la procura di Milano aveva chiesto alle piattaforme di distribuzione di regolarizzare la posizione di 60 mila rider, Glovo, Just Eat, Deliveroo (e quasi sicuramente anche Uber Eat), passano al contrattacco impugnando i verbali dell'ispettorato del lavoro. Intanto la rete Rider X i diritti indice una giornata di mobilitazione per il 26 marzo. E in Spagna i ciclofattorini cantano vittoria

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Alla fine, la risposta di Glovo-Foodinho, Just Eat, Uber Eats e Deliveroo non si è fatta attendere a lungo e, anziché regolarizzare i 60 mila rider, così come richiesto dalla procura di Milano – hanno valutato fosse più conveniente impugnare i verbali amministrativi dell’Ispettorato del Lavoro.

Questa decisione avrà sicuramente ripercussioni per le società di food delivery sia sotto il profilo giuridico che sotto il profilo sociale. Intanto, sotto il profilo sociale, «Rider X i diritti», una rete nazionale a cui aderiscono, insieme ai sindacati confederali, le organizzazioni sindacali di diverse città, stanno organizzando una giornata di mobilitazione per il prossimo 26 marzo e invitano i cittadini a non effettuare ordini nel corso di quella giornata in sostegno della categoria.

La battaglia legale che le società si preparano ad affrontare è chiara: oltre al ricorso contro i provvedimenti amministrativi che chiedono un riconoscimento dei rider come lavoratori «coordinati e continuativi», si preannuncia anche il mancato assolvimento dei pagamenti delle contravvenzioni erogate verso le stesse per violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e sulla salute. Parliamo di una cifra che si aggira intorno ai 733 milioni di euro e, laddove le società non pagassero entro 90 giorni dalla notifica questo comporterà un rinvio a giudizio con tutte le lungaggini dovute all’esame del merito.

«I rilievi sollevati in merito ai processi interni difficilmente possono essere ascrivibili – sostiene Glovo in una nota – così come sottolineato nei verbali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, all’articolo 2 del Jobs Act che applica la disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative ed etero-organizzate. Per tutte le piattaforme – ad eccezione di Just Eat che ha annunciato un proprio piano di assunzioni con contratto di lavoro dipendente – fa fede il contratto nazionale firmato da Assodelivery solo con la sigla sindacale Ugl, che prevede questo tipo di inquadramento».

«Da novembre – spiega ancora – è stato applicato a tutti i rider di Glovo il Ccnl Rider, che rappresenta un primo traguardo per promuovere maggiore certezza, garantendo flessibilità e tutele». «L’obiettivo – si legge nella nota – è di consentire al settore del delivery di crescere in maniera sostenibile, ai rider di collaborare con maggiore facilità e secondo le esigenze di ciascuno, agli esercizi commerciali di poter contare sui servizi di delivery, oggi più che mai essenziali, soprattutto nel contesto delle chiusure dovute all’emergenza pandemica».

Condizioni dei rider nel resto d’Europa

Un esempio di collaborazione tra parti sociali e Governo arriva dall’estero e più precisamente dalla Spagna, dove nel codice del lavoro è stata introdotta a vantaggio dei rider la «presunzione di lavoro salariato». La ministra del Lavoro, Jolanda Diaz, ha annunciato che «queste persone ora sono dipendenti e potranno beneficiare di tutte le tutele» conseguenti. Le società avranno tre mesi per adeguarsi e avranno l’obbligo di fornire informazioni ai rappresentanti aziendali sul funzionamento degli algoritmi e dei sistemi di intelligenza che influenzano l’assegnazione del lavoro.

Ma la Spagna non è un caso isolato. In realtà qualcosa di sta muovendo anche in Europa: il 20 febbraio 2020 la Commissione europea ha avviato la prima fase di consultazione con le parti sociali per discutere delle condizioni di questi lavoratori digitali. «La necessità di regolamentare questo settore – dicono da Bruxelles –, che se da una parte garantisce flessibilità e opportunità di lavoro e di reddito aggiuntivo, nasce dall’esigenza di contenere la precarietà che sta determinando soprattutto in quei settori dove mancano trasparenza e prevedibilità negli accordi contrattuali».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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