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Randstad Research: in Italia 500.000 posti a rischio nella logistica entro il 2027

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Il travolgente impatto della digitalizzazione dei processi (dall’automazione di veicoli e carrelli alla sostituzione di lavoratori di ufficio) metterà a rischio ben 500 mila posti di lavoro nel settore logistico italiano entro il 2027, mentre almeno altri 600 mila lavoratori dovranno radicalmente aggiornare le loro competenze per stare al passo con i cambiamenti.

È il preoccupante risultato che emerge dal rapporto “Le nove sfide per il futuro del lavoro nella logistica” di Randstad Research, centro di ricerca sul lavoro, presentato a Piacenza al convegno “Il futuro dei profili professionali della logistica”.

Il rapporto ricorda come la logistica italiana conti complessivamente 2,5 milioni di occupati nelle diverse funzioni di tutti i comparti economici (commercio, alberghi e ristorazione, costruzioni, industria e altri servizi). Di questi, 1.085.000 sono occupati nella logistica come servizio e altri 800.000 addetti alla supply chain nell’industria. Un lavoratore su cinque ha una funzione trasversale (informatici, management, ecc.), i restanti compiti prettamente logistici (imballatore, carrellista ecc.). Il 51% degli occupati è composto da operai, il 29% da tecnici, il 9% da middle e top manager, l’8% da addetti nei servizi e il 2% dall’ambito digitale e robot. Ma guardando la dinamica occupazionale, a fronte di una crescita media del 4,87% degli occupati nel settore dal 2014 al 2018 – rispetto ad una media italiana del +3,5% nello stesso periodo – si scopre una riduzione del 27,7% di lavoratori nei servizi, quelli maggiormente esposti alla digitalizzazione, e una crescita del 32,5% nel digitale e robot (operai +5,7%, tecnici +13,3%, manager +15%).

Sembra chiaro dunque che l’innovazione che sta investendo il settore mette in pericolo la capacità occupazionale, a meno che non ci si sappia adattare alle nuove professioni. In particolare il numero di nuovi occupati, tra nuovi profili e riconversioni, potrebbe superare da qui al 2027 quello delle professioni a rischio, se la logistica saprà affrontare con successo – dicono alla Randstad Research – nove grandi sfide per il futuro del lavoro sul fronte dell’istruzione, della formazione, dell’occupazione e della crescita.

Queste sfide sono: 1) dare centralità alla percezione della logistica, migliorandone la capacità di attrazione verso famiglie e giovani; 2) cavalcare i megatrend, come la preoccupazione per i fenomeni ambientali che può offrire occasioni di impiego a figure come l’addetto al controllo delle emissioni o il manager nell’innovazione sostenibile; la trasformazione digitale al magazziniere digitale o programmatori; i trend demografici differenziati tra i Paesi agli specialisti di marketing/export; 3) cooperare e competere nelle filiere, con accordi di trasparenza, aggiornamento delle declaratorie professionali e forme di collaborazione; 4) avere un management aperto all’innovazione e alle soluzioni organizzative; 5) capire le trasformazioni delle qualifiche, descrivendo mansioni, conoscenze e diversi tipi di abilità richieste delle professioni della logistica; 6) contrastare l’emergenza di formazione nell’informatica, potenziandone lo studio già a partire dalle elementari e inserendo gradualmente elementi di coding; 7) comunicare la logistica fin dalle scuole elementari; 8) creare gli ambienti adatti, gli incentivi e le capacità per attuare innovazioni che producano valore e lavoro; 9) ispirare l’orientamento dei giovani.

“La logistica è un settore in crescita – ha concluso Daniele Fano, coordinatore del Comitato scientifico del Randstad Research – posto dalla trasformazione digitale al bivio tra decrescita dei posti di lavoro per effetto dell’automazione e sviluppo di nuova occupazione per le funzioni richieste dall’innovazione… Per farlo progredire occorre il coraggio di investire in processi e risorse umane capaci di creare valore, la capacità di cogliere le opportunità dei nuovi trend e superare i lati più oscuri del settore, un impegno forte su formazione, organizzazione e management”.

Tuttavia, secondo il vicepresidente di Confcommercio e Conftrasporto, Paolo Uggè, intervenuto al convegno, “l’adeguamento professionale ai nuovi sistemi non è sufficiente. C’è bisogno di contrastare anche i fenomeni di sfruttamento che si determinano nelle operazioni di intermediazione parassitaria… accorciando la filiera, abbattendo l’improduttività e arrivando così a risparmi significativi”. Uggè porta ad esempio le proteste dei corrieri in atto in due centri del Piemonte.

“Bloccare con iniziative di protesta l’intera attività di un committente primario mette in difficoltà tutto il sistema di logistica e questo rischia di impattare su altri lavoratori – spiega – Si agisca piuttosto nei confronti di coloro che per ottenere appalti non tengono in conto le condizioni delle regole di sicurezza sociale e della circolazione. Stressando gli operatori, utilizzati per i servizi richiesti dal committente primario, gli intermediari mirano solo ad incrementare i loro margini, magari strumentalizzando le proteste per ricontrattare i termini del contratto”.

“Si riparta piuttosto – conclude il vicepresidente – da un disegno di legge, già scritto e mai portato avanti dal 2008, che introduceva la previsione del contratto di logistica e definiva con chiarezza regole e comportamenti, dai quali tutti avrebbero da guadagnare”.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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