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Paola De Micheli ai Trasporti: è la prima volta che il ministero parla al femminile

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Se si scorre l’elenco dei ministri della Repubblica italiana, sia di quelli dei Trasporti fino al 2001, sia di quelli che successivamente hanno coperto anche le Infrastrutture, emerge un’evidenza: sono tutti uomini (Lunardi, Di Pietro, Matteoli, Passera, Lupi, Delrio…). O per meglio dire, erano tutti uomini. Perché da questa sera quella poltrona lasciata libera nelle scorse ore da Danilo Toninelli sarà per la prima volta nella storia repubblicana occupata da una donna. Si chiama Paola De Micheli e ha compiuto 46 anni proprio domenica scorsa (quindi, per chi non sa far di conti, è della classe 1973). È di origini emiliane, piacentine per la precisione, anche se la sua carriera politica è iniziata a Pontenure, dove per la prima volta è stata consigliere comunale. Ha studiato Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano, ha lavorato per anni nel settore agroalimentare, dove ha presieduto e amministrato una cooperativa di trasformazione di pomodori.
In politica entra nel dipartimento Economia del partito democratico come responsabile delle PMI quando alla segreteria c’era Pier Luigi Bersani (un altro ministro dei Trasporti), quindi, dopo aver ricoperto la carica di assessore alle Risorse Umane del comune di Piacenza, sbarca in Parlamento nella XVI legislatura e trova posto in Commissione Bilancio. Nella legislatura successiva compie un altro passo in avanti divenendo sottosegretario all’Economia.
Nel 2016 diventa presidente della Lega Pallavolo Serie A.
Nel 2017, nel governo Gentiloni, prende il posto di Vasco Errani quale commissario straordinaria alla ricostruzione del terremoto del Centro Italia del 2016. 

Nel 2018 viene rieletta in Parlamento e quindi, quando Nicola Zingaretti prende la guida del PD, diventa vicesegretario insieme ad Andrea Orlando. 

È sposata ed è madre di un bimbo.

Al ministero di piazza di Porta Pia trova una serie di dossier caldi da gestire, soprattutto rispetto all’interlocuzione con l’alleato M5S, dalla realizzazione del TAV alla revisione delle concessioni autostradali. Lo scorso 30 luglio, in un’intervista a Radio Radicale, diceva senza mezzi termini che «i soldi per la sicurezza stradale e per la sicurezza dei trasporti ci sono, sono stanziati nei bilanci pluriennali e quindi ci sono». E poi aggiungeva che «quando hai le risorse le devi spendere e devi trovare il modo per spenderle velocemente e bene».

Qualche commento è già giunto dal mondo sindacale e associativo. Paolo Uggè, vicepresidente di Conftrasport-Confcommercio auspica che il «il ministro incaricato riesca a far comprendere il significato e il peso del settore nell’economia e nella crescita del Paese, e l’importanza delle connessioni che si realizzano (anche) con le grandi opere)». Proprio per questo annuncia la disponibilità della sua associazione «ad affiancare il ministro in ogni iniziativa che si ponga l’obiettivo, non facile, di fare emergere questa poco conosciuta evidenza».

Salvatore Pellecchia,  in veste di segretario generale della Fit-Cisl, invece, ricorda alcune questioni delicate e strategiche «che si sono addensate e che necessitano urgentemente di interventi troppo a lungo rimandati». Il riferimento è in particolare «allo sblocco dei cantieri, al varo di norme che pongano rimedio agli effetti dei processi di liberalizzazione avviati senza prevedere le giuste tutele per le lavoratrici e i lavoratori, ma è anche urgente l’interruzione del processo che prevede la collocazione di Rete ferroviaria italiana fuori dal Gruppo FS»-
Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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