Sono stati per l’esattezza 20.753 i visitatori del Transpotec a Verona. E considerato che la manifestazione è durata quattro giorni e che i padiglioni occupati – a prescindere dalle 7 aree esterne – erano sostanzialmente tre, si sono visti tutti. Allora diciamolo chiaramente: c’era il timore che dopo cinque anni di assenza, il rientro del Transpotec nel suo luogo natio e naturale – voluto da Fiera Milano – potesse scontrarsi con il contesto economico poco felice. Invece, gli operatori, i trasportatori e tutti coloro che per una qualche ragione orbitano attorno al mondo dei trasporti, hanno risposto con entusiasmo. Anzi, per molti versi il clima che si respirava era quello di un ritrovo di vecchi amici, di persone che magari non si vedevano più da anni, avendo perso occasioni per incontrarsi, ma che adesso erano contenti di ritrovarsi e magari di ricontarsi.
Certo, la soddisfazione è forse anche dettata dalle aspettative modeste, indotte dalle troppe delusioni incassate in questi anni. Ma così va il mondo: quando per troppo tempo non si ha modo di bere, trovarsi di fronte anche soltanto a un bicchiere non può che infondere profonda soddisfazione. E la soddisfazione è un sentimento positivo. Perché contagia le aspettative dello stesso settore, iniettandogli una dose importante di entusiasmo. Ma anche perché tinge di rosa le prospettive future della stessa manifestazione, che a questo punto si candida di diritto a riproporsi tra due anni, sperando che nel frattempo la burrasca sia ormai terminata.
È l’augurio che si facevano in tanti in fiera, a partire dai coraggiosi costruttori che avevano aderito – sia tra le case di truck sia tra quelle di semirimorchi – fino agli oltre 600 imprenditori del trasporto che hanno affollato i workshop a margine della manifestazione, tutti concordi nella ricetta da seguire per assecondare la ripresa: tagliare a colpi di accetta la burocrazia, sviluppare in maniera mirata le infrastrutture, integrare in modo sistemico il trasporto con gli altri anelli della catena logistica, investire nella crescita dimensionale e di raggio operativo dell’autotrasporto nazionale.
È vero, sono cose che si dicono da anni. Ma ripetute a Verona in questi primi giorni di marzo del 2013, acquistano un sapore nuovo.
Certo, la soddisfazione è forse anche dettata dalle aspettative modeste, indotte dalle troppe delusioni incassate in questi anni. Ma così va il mondo: quando per troppo tempo non si ha modo di bere, trovarsi di fronte anche soltanto a un bicchiere non può che infondere profonda soddisfazione. E la soddisfazione è un sentimento positivo. Perché contagia le aspettative dello stesso settore, iniettandogli una dose importante di entusiasmo. Ma anche perché tinge di rosa le prospettive future della stessa manifestazione, che a questo punto si candida di diritto a riproporsi tra due anni, sperando che nel frattempo la burrasca sia ormai terminata.
È l’augurio che si facevano in tanti in fiera, a partire dai coraggiosi costruttori che avevano aderito – sia tra le case di truck sia tra quelle di semirimorchi – fino agli oltre 600 imprenditori del trasporto che hanno affollato i workshop a margine della manifestazione, tutti concordi nella ricetta da seguire per assecondare la ripresa: tagliare a colpi di accetta la burocrazia, sviluppare in maniera mirata le infrastrutture, integrare in modo sistemico il trasporto con gli altri anelli della catena logistica, investire nella crescita dimensionale e di raggio operativo dell’autotrasporto nazionale.
È vero, sono cose che si dicono da anni. Ma ripetute a Verona in questi primi giorni di marzo del 2013, acquistano un sapore nuovo.