Si chiude un anno da primato per il porto di Trieste. Nonostante la pandemia e il conflitto ucraino che ha amplificato la crisi energetica, rallentando gli scambi globali, il sistema portuale dell’Adriatico Orientale ha raggiunto nel 2022 risultati mai registrati prima, con 57.591.733 tonnellate di merci movimentate nel 2022 (+4% sul 2021). Per quanto riguarda i container, lo scalo triestino ha visto una crescita a doppia cifra (+15,9% sul 2021 e +11% sul 2019) con 877.795 teu movimentati: si tratta del miglior risultato in assoluto.
Un importante segnale di vitalità è arrivato anche nel comparto ro-ro, dove l’anno scorso da Trieste sono transitati 320.327 rotabili, segnando una crescita del 4,7% rispetto all’anno precedente grazie a 862 toccate di traghetti (contro le 763 del 2021).
Incoraggiante anche le performance sul versante del traffico intermodale ferroviario, con 9.536 treni operativi (+2,5%) ed una crescita che è stata trainata in particolare da Molo VII, Piattaforma Logistica e Siderurgica Triestina.
Zeno d’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico Orientale, ha sottolineato come la pandemia e la guerra in Ucraina non hanno affatto fermato la crescita del porto: «Non abbiamo perso traffico, anzi abbiamo realizzato alcuni record, perché abbiamo continuato a investire. Oggi siamo un porto che dipende sempre meno dal petrolio, avendo saputo progressivamente diversificare l’offerta negli ultimi anni. Dal 2015 ad oggi siamo cresciuti soprattutto perché siamo molto più di un sistema portuale tradizionalmente inteso, ma un network che comprende la logistica con gli interporti e la ferrovia, una piattaforma industriale dotata di punti franchi, un hub energetico e per le connessioni digitali»
I risultati del 2022 però non devono far abbassare la guardia. «Dalla Cina – ha sottolineato d’Agostino – arrivano notizie preoccupanti e i porti di tutti il mondo si aspettano un rallentamento del trend attuale. Per questo stiamo elaborando un piano di nuovi investimenti per 1 miliardo di valore, quasi la metà da fondi PNRR e il resto grazie ad investimenti privati. Un programma all’insegna della sostenibilità e della transizione energetica, cardini sui cui andrebbe misurata la performance dei porti di domani».