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L’uomo al centro, il testamento di Emilio Pietrelli

La scorsa notte, a 69 anni, si è spento l’uomo che per oltre trent’anni ha guidato come direttore la Carp di Pesaro e per sei anni, come presidente, il gruppo Federtrasporti. Un’attività condotta avendo sempre un obiettivo: quello di migliorare la condizione delle persone. Che per tutti gli anni spesi al servizio dell’autotrasporto erano gli autotrasportatori artigiani. Poi, una volta in pensione, da presidente della Caritas, sono diventati i deboli e gli esclusi dalla società

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Emilio Pietrelli era un uomo senza clamori. E senza troppo rumore è uscito di scena, congedandosi da questo mondo per recarsi in un altro – della cui esistenza lui, uomo di fede, era del tutto certo – in totale punta di piedi.

Era nato 69 anni fa in provincia di Pesaro e la vita, dopo una parentesi nell’attività agricola di famiglia, a cui cercava di fornire un dignitoso sbocco commerciale, lo portò ad appena 24 anni a entrare alla Carp, una cooperativa di autotrasportatori della zona. Era un mondo difficile, ma era anche un universo popolato da un’umanità dotata dei tratti essenziali per stimolare l’interesse e la dedizione di Pietrelli. Ad attrarlo, infatti, erano essenzialmente le persone, in particolare quando mostrano una debolezza o una difficoltà da superare. E tali ai suoi occhi apparivano i tanti autotrasportatori artigiani per i quali ha sempre ritenuto l’aggregazione come unica forma di sopravvivenza possibile. Prova ne sia che nei trent’anni e oltre in cui Pietrelli è stato direttore della Carp ha sempre fatto l’impossibile per stabilire un dialogo con altre società gemelle e spesso è riuscito a metterle insieme. Le vicende del Cotrap di Pesaro o della CTA di Falconara, due realtà fuse con la Carp tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, sono esemplari in tal senso. Così come lo è l’ingresso della cooperativa pesarese in Federtrasporti all’inizio degli anni Settanta e i ruoli di vertice che lo stesso Pietrelli assume nel corso del tempo, divenendo prima presidente di Federservice, la società dedicata alla fornitura di servizi agli associati, e poi, dal 2008 al 2014, dell’intero gruppo orientato a replicare le logiche aggregative di base su un livello societario più allargato.

Attenzione, però: le persone che Emilio mirava a mettere al centro dell’azione aziendale non erano soltanto un’entità economica, ma un’espressione prima di tutto umana. E come tale andava tutelata. Ecco perché la Carp con Pietrelli si fa promotrice di due aree di sosta (la Parco Tir Pesaro e la Fanotranservice) che dovevano servire a rendere più agevole e meno stressante la vita dell’autotrasportatore, a mettere a sua disposizione non soltanto uno stallo sicuro, ma anche una serie di servizi essenziali in termini di assistenza, manutenzione, ristorazione. Ed ecco pure perché la vittoria più rilevante della presidenza di Pietrelli in Federtrasporti fu quella di sostenere una campagna di sicurezza che, facendo leva su più azioni, ebbe il merito di tagliare in poco più di cinque anni la bellezza di 1.500 incidenti stradali, con un risparmio eloquente in vite umane. Un successo straordinario che Pietrelli giustificava a «suo» modo: «Se la sicurezza è una cultura – ebbe a dire nel corso di un incontro a Roma con cui Federtrasporti presentò in Parlamento i risultati di quel percorso virtuoso – trova espressione e valore soltanto attraverso gli uomini. Ma perché questo avvenga c’è bisogno che ogni azione venga percepita come una crescita e quindi condivisa. Un coinvolgimento possibile in particolare in strutture aggregate, in cui le relazioni interpersonali sono un tutt’uno con quelle lavorative».

Una lezione eloquente: anche in quel caso in cui i numeri dimostravano che ogni euro investito in sicurezza generava ritorni per 1,56 euro, Pietrelli enfatizzava la centralità della persona e il valore che sprigiona dalle modalità con cui si relaziona

E forse non è un caso che proprio questa indole votata al sostegno degli altri lo portasse, soprattutto d’estate, in qualche paese etiope ad aiutare le comunità locali a costruire pozzi e scuole e poi, una volta in pensione, a diventare presidente della Caritas di Pesaro, realtà votata per missione all’ascolto, al sostegno e alla solidarietà.

Emilio Pietrelli era un uomo dagli occhi vispi e arguti, ma difficilmente alzava la voce. In un mondo in cui il conflitto e i contrasti sono il pane quotidiano, lui cercava sempre una mediazione, una formula di compromesso con cui raggiungere le soluzioni. I suoi denigratori sostenevano che in questo modo procrastinasse le decisioni, ma lui andava dritto per la sua strada, convinto che la sostanza delle cose non fosse appesa a una lancetta di un orologio, ma sprigionasse dalle forme in grado di diventare un tutt’uno con il contenuto. 

Ciò detto, Emilio Pietrelli non gradiva i soprusi: quando le società concessionarie chiusero le autostrade per neve in maniera preventiva – vale a dire senza che dal cielo scendesse un fiocco di neve – denunciò l’episodio come un lusso impossibile da sostenere per un’economia basata sul commercio e sulla movimentazione dei beni. Allo stesso modo, quando un vicepresidente di Confindustria sparò a zero sui costi minimi della sicurezza, definendo la loro approvazione normativa «una preoccupante controriforma», Pietrelli replicò: «Io sono preoccupato quando non ci sono regole, perché a quel punto primeggiano la forza, i muscoli, l’arroganza. Ma quando il patto sociale che tiene insieme tutti i cittadini di uno Stato indica che la sicurezza è una regola – sul lavoro, come sulla strada – significa che il Paese, tutto insieme, vuole fare un passo in avanti. E che di morti bianche o di vittime della strada non vuol più saperne». 

Emilio Pietrelli era un uomo che non amava le mode. Il suo look era sempre rigorosamente sobrio, le sue scarpe – soprattutto d’estate – quasi monacali, il suo colorito tendenzialmente cereo. L’unica volta che apparve in Federtrasporti vagamente abbronzato aveva già dato le dimissioni da presidente ed era andato a trovare sua figlia Lucia in Spagna, insieme a sua moglie Nadia, e lì aveva trascorso all’aria aperta più tempo di quanto non avesse mai fatto. Con ogni probabilità per poter star dietro a una nipotina di pochi mesi che non provava alcuna difficoltà a mettere al centro. Di nipoti, poi, ne ebbe altri tre dall’altro figlio Federico, ma a quelli prestava attenzione con un occhio, sotto casa, mentre con l’altro rimetteva a fuoco la campagna, l’orto e le amate piante.

Emilio Pietrelli era un uomo poco incline a feste o a cerimonie. L’unica a cui forniva il suo contributo fattivo era – non per caso – «Candele a Candelara», un mercatino natalizio ultrasostenibile inventato da suo fratello Piergiorgio all’interno di un piccolo borgo marchigiano, che si svolge facendo del tutto a meno della corrente elettrica. Senza luci, appunto, tranne quelle prodotte dalle candele. Anche se ai festeggiamenti per i cinquant’anni della sua Carp non aveva potuto fare a meno di esserci, sorridente e soddisfatto di quel traguardo al cui raggiungimento aveva tanto concorso.

Emilio Pietrelli, come ogni uomo, aveva anche difetti. Di certo soffriva lo stress, l’accelerazione dettata dal susseguirsi di eventi. Il giorno in cui in assoluto lo percepii più sereno e lucido fu quando, di transito da Bologna, fu costretto a uscire dall’autostrada bloccata. Rimase in ufficio per qualche ora senza averlo pianificato. Una condizione imprevista che gli consentiva di trarre il meglio da quel momento.
La sua scomparsa, come quella di chiunque, non può essere del tutto inattesa, in quanto figlia della condizione umana. A maggior ragione se a ricordare che esiste una fine ti costringe pure una malattia che pretende di viverti accanto. Ma ora che il suo orologio ha smesso di girare, ora che non c’è più modo di riprendere l’autostrada, ci piace pensare che stia tirando un lungo respiro di sollievo e che per una volta tanto possa sentirsi lui al centro. Senza bisogno di tutele, né di tempo. L’infinito, forse, è anche questo.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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