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Trasporto merci su ferro, per l’Uip servono 13 miliardi

Secondo l'Unione internazionale dei detentori di carri merci è necessario che l'Europa investa sul Dac - Accoppiamento automatico digitale, che può aumentare l'efficienza del trasporto ferroviario attraverso processi automatizzati e di immagazzinamento di energia. I volumi di merci trasportate su rotaia aumen-terebbero così del 30%

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Il trasporto merci ferroviario è in difficoltà e servono investimenti per rilanciare il settore. È l’allarme lanciato dalla Uip, l’Unione internazionale dei detentori di carri merci, che in una sua nota stampa sottolinea come la movimentazione su ferro possieda una quota modale ancora troppo bassa rispetto a quella della gomma (12% circa in Italia, 17% in Europa contro rispettivamente l’84% e l’80% del trasporto su strada). Una situazione complicata oltretutto dal fatto che l’Europa ha deciso che entro il 2030 la quota ferroviaria dovrà arrivare al 50%, non solo per aumentarne i volumi ma anche per abbassare le emissioni di CO2, che entro il 2050 dovranno essere pari a zero.
Dello spinoso argomento se ne parlerà il prossimo 30 maggio a Venezia in un evento organizzato da Uip e Assoferr (l’associazione degli operatori ferroviari e intermodali) e patrocinato dal Ministero dei Trasporti. Al convegno parteciperanno Rfi, Mercitalia, Ansfisa, aziende private e rappresentanti di istituzioni locali e internazionali.

Nel frattempo, l’Unione suggerisce di affidarsi ai carri merci ferroviari di nuova generazione come prima soluzione per incrementare l’utilizzo della ferrovia. Una risposta tecnologica – già disponibile ma costosa – si chiama Dac – Accoppiamento automatico digitale. Si tratta di un sistema in grado di aumentare l’efficienza del trasporto ferroviario attraverso processi automatici e di immagazzinamento di energia. In altre parole, il treno si trasforma un unico vettore energetico che preleva energia dalla catenaria – l’insieme delle condutture che distribuiscono l’energia elettrica sulla linea e la trasmettono ai treni per mezzo dei pantografi – e poi, grazie all’accoppiamento automatico digitale, la cede all’intero convoglio. Un’innovazione che, ad esempio, sarebbe di grande beneficio ai vagoni refrigerati che trasportano merci deperibili, che oggi devono fare affidamento su batterie dalla durata limitata. Gli altri vantaggi sarebbero la riduzione dei costi e dei tempi delle procedure, un aumento dei volumi del 30% (grazie alla possibilità di realizzare treni più lunghi e pesanti), una maggiore riduzione del rischio di deragliamento, la raccolta e trasmissione di dati utili che incrementerebbero la sicurezza sull’intero convoglio.

Per il Dac occorrono però circa 13 miliardi a copertura dell’intero sistema: «Come associazione – spiega David Zindo, presidente dell’Uip – chiediamo quindi all’Europa di sostenerci e di inserire gli investimenti nei fondi previsti per il trasporto ferroviario. È necessario creare condizioni di parità per la modernizzazione, con l’obiettivo di dotare dell’accoppiamento automatico digitale tutti i vagoni merci interessati entro il 2030».
Il Recovery and Resilience Facility – aggiunge Zindo – ha giocato un ruolo chiave, ma non comprende gli onerosi investimenti per i mezzi che restano quindi a carico delle aziende. Infatti, il 90% del denaro investito in questo segmento proviene dall’attività dei privati per il noleggio dei vagoni merci. Ad oggi, tutti i costi per questi mezzi sono sostenuti privatamente dai membri dell’Uip, provenienti da 14 Paesi e che trasportano il 50% del totale delle tonnellate-chilometro attraverso il Vecchio Continente. Per cui i finanziamenti europei sono un ‘treno’ che non possiamo perdere».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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